Land art Forma d’arte contemporanea, nota anche come earth art, earth works(«arte della terra», «lavori di terra»), sorta intorno al 1967 negli Stati Uniti e caratterizzata dall'abbandono dei mezzi artistici tradizionali per un intervento diretto dell’operatore nella natura e sulla natura.
In tale scelta era insito un rifiuto del museo, come luogo dell’opera d’arte, e del mercato artistico: le opere hanno per lo più carattere effimero e restano affidate specialmente alla documentazione fotografica e video, a progetti, schizzi ecc. Gli artisti che hanno individuato nella natura la loro area operativa, infatti, non puntano tanto al risultato quanto al processo e alla realizzazione di un’esperienza esemplare; donde l’affinità che lega questo tipo di ricerca all'arte concettuale e, più in generale, all'arte di comportamento. (da l'enclopedia Treccani).
Il rapporto che lega l'individuo all'ambiente è di primaria importanza, dal momento che la natura fa da sfondo al quadro della nostra esistenza; infatti, siamo destinati a sbocciare e a decomporci nella sua vasta matrice; ma la nostra ambizione ed i nostri talenti, combinandosi, ci inducono a desiderare qualcosa di più della mera sopravvivenza: aspiriamo a lasciare un segno a inscrivere le nostre osservazioni e i nostri gesti nel paesaggio, nel tentativo di interpretare e superare lo spazio in cui viviamo. (da wikipedia).
« L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura » |
(Wendell Berry) |
Dubbio antropologico |
Chi scrive é un assiduo frequentatore del Bosco o Selva dei Camaldoli pertanto ne ha seguito la gestazione nella fase precedente alla sua inaugurazione e parimenti ne ha seguito tutte le vicissitudini sin da quando è stato aperto al pubblico nel 1996. Il Parco è davvero unico, con i suoi oltre 130 ettari, e non può non far piacere che un gruppo di artisti abbia scelto l'unica cornice davvero selvaggia esistente nella nostra città; cosicchè essi hanno potuto esprimersi con un senso di libertà che solo una fitta macchia di castagni può offrire; il tutto nella più completa suggestione di una natura che, per certi versi, si mantiene incontaminata. Quando ne percorro i sentieri mi rendo conto di quanto sono fortunato a vivere non lontano da un luogo così ricco di natura, storia, religiosità e tradizione. Perchè fino alla seconda metà del novecento qui si saliva in escursione e mi piace ricordare che lo stesso Benedetto Croce, a soli 24 anni e nel lontano 1890, vi salì in gita con altri illustri soci della sezione napoletana del Club Alpino Italiano fra cui Vincenzo Volpicelli, Giuseppe de Montemajor, il Conte Ludovico de La Ville sur Yillon e Giuseppe Ceci. Ciò è testimoniato nell'Archivio della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce e precisamente in una delle tre buste che contengono le foto ricordo di quella gita. Francamente ingenera in me commozione il sapere che, forse, ho calcato lo stesso suolo dove é passato l'autore di "Storie e Leggende napoletane". Ironia della sorte anch'io ho fatto parte della stessa sezione del Cai e per un paio d'anni ne ho ricoperto l'incarico di Addetto Stampa.
percorso nel bosco dei Camaldoli |
Il parco, dicevamo, è anche ricco di storia con i suoi reperti risalenti al neolitico e i suoi colombari e resti di villae di epoca romana; ricco di spiritualità con il suo splendido e panoramico Eremo, oggi gestito dalle Suore Brigidine, posizionato a 485 metri d'altezza; ricco di tradizione antropica per le attività che da sempre caratterizzano il castagneto ceduo. E c'è anche un pizzico di mistero grazie alla presenza dell'antico edificio della Decina ricca di simboli templari o comunque massonici. Anche se è passato un pò di tempo, ma io già mi premurai di dedicare in precedenza una slide fotografica all'evento Land art Campi Flegrei 2014, mi fa piacere tornarne a parlare; sono sicuro che la mia amica e collega Francesca Panico, organizzatrice e portavoce dell'evento ne sarà anch'essa contenta con tutto lo staff organizzativo.
(Antonio Tortora)
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