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venerdì 20 gennaio 2017

DOPO 43 ORE DALLA SLAVINA CHE HA TRAVOLTO L' HOTEL RIGOPIANO SONO STATI ESTRATTI ANCORA VIVI DALLE MACERIE UNA DONNA E DUE BAMBINI

NONOSTANTE I RITARDI, LE POLEMICHE E LE INEFFICIENZE DI UNO STATO DANNATAMENTE AVARO E SPAVENTOSAMENTE BUROCRATIZZATO HA VINTO, ANCHE QUESTA VOLTA, LA FORZA D' ANIMO DEI SOCCORRITORI CHE NON SI SONO FERMATI DAVANTI A NULLA PUR DI PORTARE A TERMINE UNA MISSIONE APPARENTEMENTE IMPOSSIBILE. 
LE IMMAGINI CHE SEGUONO NON POSSONO ESSERE COMMENTATE CON SUPERFICIALITA' PERCHE' TESTIMONIANO, SENZA OMBRA DI DUBBIO, LA VOLONTA', LA PREPARAZIONE, IL CORAGGIO E LA FORZA D' ANIMO DI UOMINI PRONTI AD AFFRONTARE QUALSIASI CALAMITA' PUR DI SALVARE VITE UMANE. QUESTA E' L' ITALIA CHE AMIAMO, CHE MERITA RISPETTO E CHE CI FA SENTIRE ORGOGLIOSI DI ABITARE UN TERRITORIO  FISICAMENTE E GEOLOGICAMENTE TURBOLENTO MA ALLO STESSO TEMPO STRAORDINARIAMENTE PIENO DI MAGNIFICHE RISORSE UMANE.
 di Antonio Tortora
                     Tratto da  http://tv.liberoquotidiano.it

Ritrovare ancora superstiti a distanza di circa 43 ore dal gigantesco tsunami di neve e detriti che ha travolto, spostato di circa venti metri e seppellito l'Hotel Rigopiano di Farindola  in provincia di Pescara appare come un vero e proprio miracolo visto che l'ipotermia, ovvero il crollo della temperatura corporea al di sotto dei 35°C, non perdona. Tutti sappiamo come sono andate le cose: le violente scosse di terremoto, la bufera di neve, le temperature quasi polari, la mancanza di corrente elettrica e tutta un'infinità di circostanze avverse che hanno caratterizzato questa metà gennaio che ben difficilmente dimenticheremo. Ma una cosa è sicura, non dimenticheremo mai quel drappello di veri eroi composto da Vigili del Fuoco e da soccorritori alpini della Guardia di Finanza che, non potendo più procedere con mezzi a motore a causa della mancanza di gasolio in uno spazzaneve che faceva da apripista, in piena notte hanno indossato gli sci e le ciaspole ed hanno affrontato lunghissime ore di difficile e accidentato percorso pe raggiungere il luogo del disastro. Mai una volta hanno dubitato di non farcela, mai una volta hanno perso le speranze di trovare qualcuno vivo, mai una volta si sono arresi sia pur fiaccati dal freddo e dalla fatica. Questi uomini, cui va tutta la nostra riconoscenza, ci hanno regalato un'emozione indicibile mostrando di essere partecipi della vita del Paese, di essere consapevoli della loro forza interiore e della loro incredibile preparazione, di essere all'altezza di un senso civico che, nella maggior parte dei casi, risulta essere solo un pallido ricordo. Tutti i volontari e tutti i soccorritori meritano il rispetto dell'intero Paese a qualunque titolo abbiano prestato la loro opera, sia volontaria che professionale e istituzionale, e sarebbe difficile enumerarli tutti per cui non lo faremo. Ma questo sparuto gruppetto di individui che hanno determinato una sorta di vittoria su un destino che appariva scontato e irreversibile hanno impartito una lezione di vita e di civiltà anche ai soggetti più insensibili e cinici che caratterizzano il panorama antropologico di un'Italia che non riesce più a compattarsi tranne che quando si tratta di dare slancio alla vera solidarietà fraterna necessaria all'indomani di disastri e tragedie. L'Italia del paradosso, cinica e polemica da un lato, generosa e spontanea dall'altro; con i vertici di una classe politica che pensa solo a salvare banche decotte e truffaldine dal fallimento mentre innumerevoli Sindaci non ci pensano nemmeno ad abbandonare i propri concittadini e si lanciano in battaglie disperate per salvare anche la più piccola frazione appenninica dal rischio di essere cancellata dalle cartine geografiche. Un'Italia che non consente il volo di otto elicotteri del Corpo Forestale dello Stato, nonostante l'emergenza, a causa della mancanza di una maledetta firma di un burocrate su un pezzo di carta ma che non si arrende quando si tratta di salvare persone contro ogni razionale aspettativa. Un'Italia che fa vergognosamente mancare il gasolio a un mezzo spazzaneve nonostante la tempestività con cui è necessario raggiungere l'area di crisi ma che, contemporaneamente, è capace di offrire calore umano e generi di conforto di rpima qualità a innumerevoli persone che hanno perso tutto. Desideriamo fermarci anche se, come al solito, ci piacerebbe dilungarci visto e considerato che abbiamo sempre molto da dire. In effetti non vogliamo che la gioia e l'emozione di queste vite salvate svanisca velocemente dalla nostra mente e dal nostro cuore, anzi ci piacerebbe descrivere altri numerosi eventi in cui la speranza prenda il posto della disperazione, l'agire prenda il posto del teorizzare, il desiderio di ricostruire prenda il posto del distruggere. Abbiamo conosciuto gente interessante nell'arco della nostra vita umana e professionale, e in questo siamo stati fortunati, tuttavia ci piacerebbe conoscerli tutti, uno per uno, questi soccorritori che ci insegnano cos'è la vita, quanto sia preziosa e come viverla.

mercoledì 16 novembre 2016

PERCHE' NON SI PARLA PIU' DEI TERREMOTI CHE HANNO DEVASTATO L' ITALIA CENTRALE NELL' ANNO DI GRAZIA 2016?

APPARE STRANO CHE, A SEGUITO DELLE DEVASTAZIONI E DELLE CIRCA TRECENTO VITTIME DEGLI ULTIMI TERREMOTI CHE HANNO COLPITO L' APPENNINO CENTRALE, UN VELO DI SILENZIO SIA SCESO SU UN EVENTO COSI' CATASTROFICO DA TRASFORMARE RADICALMENTE E PER SEMPRE IL VOLTO DELL' ITALIA.
 di Antonio Tortora
Immagine tratta da www.inmeteo.net

Il quesito posto nel titolo dell'articolo è di fondamentale importanza per far comprendere ai lettori che ci troviamo di fronte a una strategia tipicamente italica per nascondere le inefficienze e le ruberie che caratterizzano tutti i momenti successivi alle catastrofi naturali. Cosicchè mentre da un lato l'emergenza è stata gestita certamente meglio dei terremoti precedenti, la ricostruzione subirà le stesse sorti di tutte le precedenti ricostruzioni salvo di quella unica e miracolosa del Friuli del maggio del 1976; qui tutto fu ricostruito velocemente diventando un esempio virtuoso per il mondo intero; i morti furono un migliaio, gli sfollati oltre 100mila e i comuni rasi al suolo 45.  
«Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi» questo è quanto affermò il Presidente della Repubblica Sandro Pertini non appena ebbe modo di osservare ciò che accadeva all'indomani del terremoto dell' 80 laddove furono colpite la Campania e la Basilicata centro settentrionale; oggi il Presidente Pertini non avrebbe avuto ragione di lamentare l'inefficienza della macchina dei soccorsi perchè questa, in prima emergenza, ha funzionato molto bene grazie anche all'iniziativa e a gesti eroici di persone che si sono prodigate correndo grossi rischi. Dall'esclamazione di Pertini, però, ci piace ricordare ciò che il maestro di giornalismo Indro Montanelli scrisse nella sua opera "Le stanze. Dialoghi con gli italiani": «L'uso di 50-60mila miliardi stanziati per l'Irpinia rimase un porto nelle nebbie [...] quel terremoto non aveva trasformato solo una regione d'Italia, ma addirittura una classe politica». Infatti pensiamo, sulla scorta di quanto accaduto per tutte le altre ricostruzioni precedenti e seguenti al sisma friuliano, che la classe politica "trasformata" secondo quanto indicato da Montanelli sia rimasta completamente insensibile agli accadimenti catastrofici che, periodicamente, cambiano e sono ancora destinati a cambiare il territorio italiano in senso fisico e antropologico. Ma andiamo con calma e vediamo cosa è stato fatto in seguito ai vari e importanti sismi che hanno colpito l'Italia; diremo con assoluta certezza quasi nulla o molto poco. Per esempio la ricostruzione del Belice, dopo il sisma del 1968 e quindi 48 anni dopo, deve ancora essere completata e c'è molta gente, disseminata fra le province di Trapani, Agrigento e Palermo, che vive ancora in containers e baracche che fino a poco meno di dieci anni fa avevano ancora le coperture in Eternit ovvero amianto. Dunque chi non è morto a causa del terremoto, e di morti secondo stime attendibili ce ne furono fortunosamente poco meno di 400, oppure a causa della paura provocata dalle complessive 16 potenti scosse, è morto con ogni probabilità di asbestosi e di mesotelioma pleurico. In compenso Gibellina non venne mai ricostruita ma i suoi ruderi diventarono un'improbabile opera di "land art"; la viabilità ordinaria non fu mai ripristinata come l'importante ferrovia che collegava Salaparuta e Castelvetrano; fu costruita un'autostrada perfettamete inutile, quella che collega Palermo a Mazara del Vallo, così tanto per contribuire all'economia che alimenta il malaffare politico-mafioso. Ad oggi, per una ricostruzione parziale e fallimentare, sono stati spesi oltre sei miliardi di Euro.

Significativo titolo apparso su IL MATTINO in occasione del terremoto dell'Irpinia
Veniamo ora al terremoto dell'Irpinia dell'80 con i suoi circa tremila morti e gli oltre 280mila sfollati. Qui si è raggiunta l'apoteosi dei più biechi intenti speculativi concretizzati dopo una tragedia che ha colpito 687 Comuni tra Campania, Basilicata e Puglia. I quasi 70 miliardi di Euro stanziati sono stati fatti scorrere in mille rivoli che portano inesorabilmente alle inchieste giudiziarie di Irpiniagate e Terremotopoli, a Mani sul terremoto un filone della celebre inchiesta Mani Pulite ed ancora alla Commissione parlamentare d'inchiesta istituita nel 1989 e allo scandalo che coinvolse la Banca Popolare dell'Irpinia di proprietà della famiglia De Mita. Fra gli 87 personaggi inquisiti dall'inchiesta  "Mani sul terremoto" spiccano i nomi dei più importanti politici dell'epoca: De Mita, Pomicino, De Vito, Fantini, De Lorenzo, Zamberletti, Scotti, Gava. In quell'occasione ci furono parecchi arresti anche eccellenti. In quest'ottica fu sperimentata in concreto la tesi, sostenuta da alcuni politici cinici e furbi e giornalisti venduti al sistema politico, che il "terremoto fa Pil e favorisce la ripresa economica", cosicchè 26 banche cooperative locali e nazionali si precipitarono ad aprire numerosissimi sportelli nelle zone terremotare con l'intento di elargire prestiti ad imprese del nord Italia che, a loro volta ricevuti i prestiti e intascato i contributi statali, puntualmente fallivano e scappavano portando via, magari nei paradisi fiscali, un bel gruzzolo di denari e lasciando un bel pò di cattedrali nel deserto ancora oggi visibili. Il senatore Luigi Sturzo nel lontano 1958 coniò il termine "cattedrali nel deserto" senza neppure immaginare la fortuna che tale locuzione avrebbe potuto raggiungere a distanza di oltre mezzo secolo. Un mare di denaro che fece trasformare rustici fienili in ville principesche e piscine olimpioniche mai terminate, fece risollevare le sorti economiche di imprenditori collusi con la classe politica e già più volte dichiarati falliti e che trasformò oscuri collaudatori dello Stato in eleganti portatori di orologi tempestati di brillanti. 

Foto: La “Casa dello studente” divenuta simbolo della tragedia del sisma aquilano. Autore Andrea Pioltini.
E venendo cronologicamente più vicino a noi non possiamo non parlare del terremoto dell'Aquila del maggio 2009 che ha prodotto oltre 300 morti, 1.600 feriti e circa 80mila sfollati. In tal caso le tendopoli sono state tutte chiuse dopo pochi mesi e sono sorte numerose New Town nella periferia del capoluogo abruzzese ma il centro storico della città dopo ben sette anni "presenta ancora oggi un tasso di pericolosità che giudico eccessivo"; a parlare è il prefetto de l'Aquila Francesco Alecci che insiste opportunamente sulla sicurezza e sull'evitare rischi inutili per la popolazione che cerca di rientrare nelle proprie case e per le maestranze coinvolte nella ricostruzione. Tutti ricordano la "protesta delle carriole" che gli abitanti inscenarono per sensibilizzare le autorità politiche nei confronti dello smaltimento di quel milione di tonnellate di macerie che nessuno sapeva come smaltire e dove stoccare. Ma qui le cose, nonostante gli scandali derivanti da intercettazioni telefoniche, con risate, che comprovano la collusione fra costruttori, politici, camorristi del clan dei Casalesi e mafiosi, nonostante il processo alla Commisione Grandi Rischi concluso con assoluzioni per tutti, nonostante le polemiche sulla supposta prevedibilità dei terremoti e gli arresti di numerosi imprenditori coinvolti nelle speculazioni edilizie, le cose andavano un pò diversamente. In qull'occasione infatti fu organizzato il G8 che, tra l'altro si sarebbe dovuto occupare proprio di catastrofi naturali, permise di raccogliere ingenti fondi per la ricostruzione e la promessa, da parte dei partecipanti, di adottare numerose opere d'arte andate distrutte o danneggiate per un ammontare di poco meno di venti milioni di Euro cui vanno aggiunti quasi 68 milioni racimolati attraverso donazioni private. Giova dire che molte casette furono tirate su in un territorio fortemente soggetto a rischio idrogeologico e pertanto solo parzialmente utilizzate.
Esaminando dunque solo alcuni degli eventi sismici più importanti accaduti nel nostro Paese emerge, senza ombra di dubbio, che i tempi per la ricostruzione in seguito ai recentissimi sismi del 2016 potrebbero essere molto lunghi. Il 24 agosto l'epicentro fu ad Accumoli, il 26 ottobre gli epicentri furono a Castelsantangelo sul Nera e Ussita, il 30 ottobre l'epicentro fu tra Norcia, Preci e Castelsantangelo sul Nera; l'Italia si è dunque spaccata in due fisicamente e simbolicamente. Ma tornando al quesito posto nel titolo dell'articolo: perchè, a parte qualche sporadica inchiesta, non si parla più degli sfollati? Dei paesi rasi al suolo? Della ricostruzione? Di un'economia quasi del tutto dissolta? Di intere frazioni cancellate dalla carta geografica?
Beh! Noi pensiamo che forse ci siano altri argomenti più importanti di cui discutere e su cui condurre la solita costante ed estenuante campagna politico-elettorale: l'inutile e pericoloso referendum del 4 dicembre prossimo su cui si è detto tutto e il contrario di tutto; l'elezione del personaggio televisivo Donald Trump alla carica di Presidente degli Stati Uniti che ha appassionato un popolo che, stranamente, mai si appassiona alla politica nazionale e sempre e solo si appassiona a qualche partita di calcio. Insomma l'abitudine di trattare intensivamente un argomento caldo anzi caldissimo solo per il tempo necessario a scaricarne le massicce dosi di emozionalità per poi passare ad altro argomento caratterizza ancora i media italiani e la mente di quella minoranza che ancora si interessa di qualcosa. Passerà molto tempo per ottenere un'improbabile ricostruzione e intanto la gente, soprattutto i più giovani, va via, si allontana, emigra perchè percepisce che in quelle zone, come in tutte quelle colpite dai sismi, non c'è futuro. Certo il carattere forte dell'individuo appenninico si manifesta anche nella dignità della sofferenza, nella capacità di mantenere alto il morale, nella forza d'animo con cui si aggrappa ai suoi animali se allevatore, ai suoi terreni se coltivatore, alla sua bottega se artigiano; e ne siamo tutti testimoni attraverso le immagini crude e toccanti, i video in real time, le interviste realizzate mentre la terra trema e mentre i muri vengono giù mostrando l'ossatura di paesi e frazioni dalla storia antica e nobile. La solidarietà ancora una volta è stata grande, grandissima; ma cosa andiamo a raccontare a quel proprietario di un fondo, da sempre residente in una frazione di Amatrice, che avendo ricevuto in donazione una casetta prefabbricata per arrangiarsi durante l'inverno in attesa della ricostruzione della sua casa, si ritrova un funzionario amministrativo dello Stato che gli impedisce di scaricare il prefabbricato ammonendolo perchè il manufatto confliggerebbe con il piano regolatore di un paese che non esiste più? Per la cronaca sono molte le casette messe a disposizione dall'Anas ma inutilizzabili perchè ritenute abusive da funzionari miopi e cinici e anche i bagni chimici non possono essere utilizzati per problemi connessi allo spurgo. Che razza di Paese è questo dove per un cavillo burocratico si impedisce a una famiglia di anziani di abitare momentaneamente in un edificio più accogliente di una tenda? Abbiamo già avuto modo di scrivere sulla empia burocrazia che in Italia rende asfittica la vita sociale, individuale, politica ed economica di tutti i cittadini trattati come sudditi che non hanno diritto di parola. E ci viene in mente qualche frase pronunciata dal sociologo nonviolento Danilo Dolci non a caso soprannominato come il Gandhi siciliano e d'Italia: "La burocrazia uccide più del terremoto",  "Qui la gente è stata uccisa nelle fragili case e da chi le ha impedito di riappropriarsi della vita col lavoro" ed ancora "Governanti burocrati: si è assassini anche facendo marcire i progetti per sensibilizzare l'opinione pubblica nazionale". Mentre la burocrazia divora il Paese e i controlli su tutto e tutti diventano sempre più ossessivi, capillari e totalitari gli sfollati ormai divenuti senzatetto a tutti gli effetti, evidentemente, possono continuare a disperdersi sulle coste marchigiane tagliando le loro radici con il territorio su cui sono nati. Tutto ciò per qualche firma mancante, per qualche norma iniqua e obsoleta, per i cuori duri di funzionari che forse, per l'occasione, dovrebbero diventare obiettori di coscienza piuttosto che boia e carnefici di gente già duramente colpita che, come è plausibile, non potrà non vedere lo Stato e le istituzioni come un acerrimo nemico.
Intanto, in attesa del referendum, il silenzio si fa pesante e assorda le menti degli sfollati abbandonati a sè stessi, salvo che per il buon cuore di coloro che sono realmente solidali e per la professionalità di una Protezione Civile che comunque si è distinta sul campo per notevoli meriti; il silenzio si fa pesante e nessuno più racconta cosa sta accadendo in quella fitta nebbia burocratica in cui tutto affoga e scompare.

giovedì 25 agosto 2016

IL RECENTISSIMO TERREMOTO CHE HA DIVISO L' ITALIA IN DUE TRONCONI HA SPINTO LO SCRITTORE PARTENOPEO HERRY DE LUCA A COMMENTARE CON LA CONSUETA PROFONDITA'.

E non poteva essere altrimenti. Gli eventi catastrofici di queste ultime ore e gli interrogativi che i terremoti e le altre calamita' naturali suscitano hanno un preciso intento pedagogico e obbligano a fermarsi per più di qualche attimo per cercare di capire ciò che accade intorno all'uomo che, pur ritenendosi superiore a tutte le specie viventi, non ha ancora ben compreso la sua drammatica precarietà.

di Antonio Tortora

Tratto da: http://www.ilpost.it/

“Il terremoto è un naufragio in terra. Le case diventano imbarcazioni scosse tra le onde e sbattute sugli scogli. Si perde tutto, si conserva la vita, lacera, attonita che conta gli scomparsi sul fondo delle macerie.
Si abita un suolo chiamato per errore terraferma. È terra scossa da singhiozzi abissali. Questi di stanotte sono partiti da oltre quattromila metri di profondità. Qualche giorno fa stavo agli antipodi, oltre quattromila metri sopra il mare. Quel monte delle Alpi non è un meteorite piovuto dal cielo, ma
il risultato di spinte e sollevamenti scatenati dal fondo del Mediterraneo. Forze gigantesche hanno modellato il nostro suolo con sconvolgimenti.
Si abita una terra precaria, ogni generazione cresce ascoltando storie di terremoti. Così, con le narrazioni, i vivi smaltiscono le perdite. Le macerie si spostano, si abita di nuovo lentamente, ma al loro posto restano le voci, le parole degli scaraventati all’aperto, a tetti scoperchiati. Ricordano, ammoniscono a non insuperbirsi di nessun possesso.
Arriva cieco di notte il terremoto e sconvolge i piccoli paesi. Ma i mezzi di soccorso sono di stanza nei grandi centri. Fosse un’invasione, quale generale accentrerebbe le sue forze lontano dai confini? Per il protettor civile questo ragionamento non vale. Ogni volta deve spostare le sue truppe con lento riflesso di reazione. Ai naufraghi nelle prime ore serve il conforto al cuore di un qualunque segnale di pubblica prontezza. Invece arriva prima un parente, un volontario, un giornalista. Il terremoto è anche un’invasione, contro la quale avere riserve piccole e pronte sparpagliate ovunque.
“Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie”. La frase di guerra di cent’anni fa del soldato Ungaretti Giuseppe racconta il sentimento di stare attaccati all’ albero della vita con un solo piccolo punto di congiunzione”.
Erri De Luca

Tratto da: http://www.ilpost.it

 "Il terremoto è un naufragio in terra........", "Si abita un suolo per errore chiamato terraferma.......", "Si abita una terra precaria......", Arriva cieco di notte il terremoto e sconvolge i piccoli paesi......."; così declama e  argomenta ERRI DE LUCA pacatamente con il cuore e con la ragione. Poche parole che ci inchiodano alle immagini, alle voci, alle lacrime, ed infine a un senso profondo di inquietudine e di sconforto. Un borgo, per quanto incantevole e ricco di storia, una città per quanto popolata e ricca di attività, una massa di uomini per quanto raziocinanti e capaci di sopravvivere a lungo, scompaiono del tutto in pochi interminabili secondi. Una potenza inaudita, schizzata improvvisamente dal centro di una terra irrequieta, dissolve e polverizza vite e case, uomini e cose, arte e storia, civiltà e progresso. Avendo da poco cominciato a leggere uno scritto pubblicato negli anni '80 dal filosofo ebreo ABRAHM JOSHUA HESCHEL non possiamo fare altro, sovrapponendoci agli eventi calamitosi di questi giorni d'agosto e alle osservazioni di DE LUCA, che porci una fatidica domanda: "Chi è l'uomo?". E' un animale capace di acquisire conoscenza come afferma in sintesi Aristotele? E' la misura di tutte le cose come lascia intuire con disarmante sicurezza Protagora? E' una macchina biologica come sostengono le più recenti teorie scientifiche? E' un capolavoro del cielo come dichiarano i mistici delle religioni monoteiste? Oppure, paradossalmente, è l'unico errore della natura per come si comporta da superuomo e per come agisce in maniera sconsiderata? E' difficile dare una risposta. Concetti, idee, curiosità e ipotesi comunque conducono tutte all'uomo che crede di essere definitivo ma si rivela provvisorio rispetto alle catastrofi, all'uomo che crede di essere docile ma si comporta in maniera rivoltosa nei confronti dell'ambiente in cui vive, all'uomo che presume di poter osare ogni cosa, anche l'inosabile, ma che è in realtà prigioniero delle sue stesse fragilità; infine all'uomo che crede di essere diverso perchè l'evoluzione dovrebbe portare al progresso mentre non fa altro che essere uguale a sè stesso con la sua innata arroganza e la sua presunzione di riuscire a dominare gli eventi imprevedibili della natura.

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