Recensione del nostro sitoblog antoniotortora.it apparsa sulle pagine de Il Mattino online in data 24 gennaio 2015 a firma del collega Marco Perillo che ringraziamo molto per la sensibilità con cui ha trattato l'argomento mostrando di aver compreso fino in fondo lo spirito con cui abbiamo duramente lavorato in team con i tecnici informatici nonchè amici Marco Manna ed Enrico Aiello.
Un altro riconoscimento importante al nostro lavoro svolto nell'interesse della città.
L'Homo Parthenopeus é qualcosa di più, é valore aggiunto alla vita stessa di Neapolis ed è bene che si comprenda che la cultura é l'elemento più importante e imprescindibile per comprendere il nostro passato, per vivere il nostro presente, per sperare nel nostro futuro.
Le calate, discese, gradini, gradoni, rampe, scale di Napoli sono degli antichi percorsi pedonali che congiungono le colline con il centro e la costa. I più antichi percorsi gradinati della città, il più delle volte, sono nati grazie all'interramento di torrenti o sorgenti, che un tempo scorrevano appena fuori la città.
Queste strade furono innalzate anche per collegare facilmente le varie emergenze monumentali, soprattutto religiose: monasteri, ritiri, chiese, ecc. o soprattutto, per esigenze urbanistiche. Risultano tutt'oggi oggetto di studio e sono considerati dei veri e propri capolavori urbanistici.
Non è mera questione di meditazione, buddismo, zen, esicasmo o quant'altro; bensì è questione di interrogativi supremi che cercano risposte. Noi crediamo che nella poesia "Gradini" dello scrittore tedesco Hermann Hesse, Premio Nobel per la letteratura nel 1946, ci siano risposte precise a quesiti cui non ci si può esimere dal ricercare risposte. Il punto interrogativo del dubbio, dell'incertezza e della titubanza caratterizza la nostra vita inesorabilmente e ad un certo momento dobbiamo fermarci, tirare un respiro, impedire che l'ansia soverchi noi e tutto il nostro essere, dobbiamo aggiustarci gli occhiali sul naso e dobbiamo guardarci indietro per esaminare la nostra esperienza, dobbiamo guardare i nostri piedi per capire fin dove siamo arrivati, dobbiamo guardarci intorno per scoprire in quali territori ci siamo addentrati ed infine, cosa difficile dopo una lunga e meditata pausa, dobbiamo guardare avanti dimenticando per un secondo tutto quanto ci circonda, e riprendere finalmente il cammino. Si tratta di una scala antropologica che parte dalla materia corporea e dal corpo vivente, attraversa l'affettività, l'intelligenza e la libertà, sosta per qualche tempo nell'autocoscienza; infine raggiunge la supercoscienza. Una vera e propria piramide ascensionale che conduce l'uomo a sviluppi imprevedibili e unici per ogni essere vivente.
Da San Giovanni Maggiore a Gradini Santa Barbara
Escursione antropologica di #antoniotortora
il video:
album fotografico:
l'intera Playlist:
la poesia:
Gradini (Hermann Hesse)
Come ogni fior languisce e
giovinezza cede a vecchiaia,
anche la vita in tutti i gradi suoi fiorisce,
insieme ad ogni senno e virtù, né può durare eterna.
Quando la vita chiama, il cuore
sia pronto a partire ed a ricominciare,
per offrirsi sereno e valoroso ad altri, nuovi vincoli e legami.
(da Wikipedia) La teoria del complotto sulle scie chimiche (in inglesechemtrails conspiracy theory) sostiene che alcune scie di condensazione visibili nell'atmosfera terrestre rilasciate dagli aerei non siano scie di vapore acqueo, ma siano composte anche da agenti chimici o biologici, spruzzati in volo per mezzo di ipotetiche apparecchiature montate sui velivoli. Secondo la teoria, l'operazione farebbe parte di un complotto globale portato avanti da autori ignoti e per motivi sconosciuti; a tal riguardo sono state avanzate ipotesi diverse, la più comune delle quali è quella secondo cui si tratterebbe di una delle tecniche usate per l'alterazione e il controllo del climaterrestre.
Tale teoria del complotto non ha mai trovato alcun credito nell'ambito della comunità scientifica, in quanto priva di riscontri empirici, di coerenza esplicativa o di prove scientifiche. Le scie che i sostenitori della teoria identificano come scie chimiche non hanno alcuna caratteristica che le renda incompatibili con le normali scie di condensazione (inglese: contrails) dei gas di scarico degli aeromobili che, in base alle condizioni atmosferiche e all'intensità del traffico aereo, possono assumere aspetti eterogenei ed inconsueti.[1]
Il presunto rilascio di "scie chimiche" non deve essere confuso con la tecnica detta cloud seeding (inseminazione delle nubi), che consiste nello spargere nuclei di condensazionenelle nubi per stimolare le precipitazioni piovose, tecnica che però ha sempre fornito scarsi effetti e che oggi nel mondo viene quindi poco utilizzata.
Resta sicuramente un'ottima occasione per ammirare splendidi giochi di luce nella volta celeste
Il bosco fu voluto da Carlo di Borbone nel 1734. Fu concepito inizialmente come riserva da caccia ma con il Re Ferdinando II delle Due Sicilie fu trasformato in giardino all'inglese, assumendo l'aspetto che conserva attualmente.
La micologiaè una branca dellescienze naturaliche si occupa dello studio deifunghi. Il termine deriva dalle parolegrecheper fungo (múkes,μύκης) e studio (lógos,λόγος). Il campo di studio della micologia è l'intero regno deifunghi: daimacromiceti, che possono raggiungere ragguardevoli dimensioni, aimicromiceti, molto più numerosi dei primi ed infinitamente più piccoli.
Presso la sala riunioni della sezione napoletana del Tiro a Segno Nazionale in via Campegna, il 21 dicembre 2014, si é tenuta la classica cerimonia augurale e la ancora più classica premiazione della gara natalizia sezionale che ha visto impegnati gran parte dei tiratori storici ovvero dei più vecchi iscritti della sezione. Si trattava di centrare il foro di un tipico dolce napoletano, il roccocò, che per l'occasione oltre che essere prodotto con mandorle, farina, zucchero, canditi e varie spezie, é stato anche opportunamente condito con ottimo piombo. A parte lo scherzo la sua forma tondeggiante e simmetrica, quando riesce bene, istiga al tiro di precisione. Brindare al Natale e ai risultati della garetta, piuttosto divertente, cementa il senso di appartenenza a un sodalizio di gente per bene accomunata dalla passione per le armi da fuoco intese come strumento di sport, agonismo, socializzazione, sano e pacifico divertimento e sopratutto come scarico delle eccessive tensioni accumulate attraverso il "logorio della vita moderna" per parafrasare la vecchia pubblicità dell'amaro a base di carciofo e di altre tredici erbe e piante, il famoso Cynar. Un augurio é stato rivolto ai presenti dal Presidente della sezione Francesco Caiafa e gli attestati-premio sono stati distribuiti dai consiglieri Massimo Correra e Ciro Spatarella. Dopo l'ufficialità brindisi a base di spumante italiano e di dolci partenopei.
Dagli antichi Alessandrini clac di Nerone a Paola ed Enrico Gargiulo bravi artigiani passando per Giambattista Basile grande novelliere barocco
Qualunque stile di musica popolare preferiate: giuglianese dai ritmi semplici e con molteplici "vutate" e giravolte; vesuviano sarnese-sommese con paranze dotate anche di fisarmonica che intensificano il ritmo sincronicamente alla botta di tamburo; pimontese e costiera amalfitana con il tamburo in vibrazione continua e ossessiva; nocerino dai movimenti pantomimici molto intensi e complessi; siete nel territorio della Tammorra. E se volete saperne di più non potete non recarvi in visita all'Officina della Tammorra di Vico San Severino 39, in piena Spaccanapoli, dove gli strumenti tradizionali della musica campana vengono prodotti e venduti da Paola ed Enrico Gargiulo.
"Tammurri" in pelle di capra o pecora con cimbali o cicere di metallo, "triccaballacche" con caratteristici martelletti lignei che vengono percossi l'uno contro l'altro, "castagnette" simmetriche a forma di conchiglia fondamentali per la tammorriata e infine "putipù" detti anche "caccavelle" che con lo sfregamento di una mano umida lungo una canna inserita in una scatola di latta tonda produce un suono a dir poco irriverente.
Officina della Tammorra
Ascoltando i ritmi della Tammorra vengono in mente i suoni che dovevano essere prodotti dalla clac di giovani Alessandrini che l'imperatore Nerone portava al seguito in occasione delle sue memorabili performance canore e teatrali all'interno dell'Odeon, a poca distanza dalla odierna P.zza San Gaetano. Questi partecipavano alle regali manifestazioni con irrefrenabile entusiasmo suonando, come se fossero scrosci di applausi, "bombi", "imbrices" e "testae"; un mix di ronzio di grosse api, di suoni rochi di corni, di pioggia che batte sulle tegole ed infine un crepitio di carboni accesi; il tutto amplificato all'ennesima potenza, visto il cospicuo numero di giovinetti di discendenza egizia e di robusti individui scelti fra la plebe neapolitana che Nerone coinvolgeva nelle rappresentazioni. Grandi casinisti erano questi Alessandrini e forse proprio da essi e dagli antichi neapolitani derivano i cori da stadio oggi così comuni ma anche così simili alle "modulatae laudationes" descritte dall'attento Svetonio.
Non solo ma per chi, come noi, ha avuto modo di apprezzare la Festa di Piedigrotta, sia pur nelle sue versioni più corrotte e più lontane dallo spirito originario, non possono non venire alla mente le mirabili descrizioni raffigurate con plasticità esemplare nella IX Egloga da Giambattista Basile quando descrive, non senza rimpianto e già alla fine del '500, la festosa sarabanda e gli strumenti della festa per eccellenza, la più antica di tutte.
……….lo cunzierto
De lo tiempo passato,
Lo pettano e la carta,
L’ossa nmiezo a le ddeta,
Lo crocrò che parlava,
Lo bello zucozuco,
La cocchiara sbattuta
Co lo tagliero e co lo pignatiello,
Lo votta fuoco co lo fiscariello”.
Insomma "lu scetavaiasse", "lu rebbecchino", "lu triccaballacche", il "putipù", i "mattoni" e le "craste" sono tutti antichi strumenti da cui derivano quelli impiegati per suonare la musica tradizionale napoletana e campana. Di recente l'Officina della Tammorra ha ricevuto una visita, con attestato di benemerenza, da parte del Principe Carlo di Borbone delle Due Sicilie Duca di Castro.
In giro per la città con l'amico pazzoide Gino Masecchia, neapolitan artist of the caps, E' difficile starci dietro, difatti appena tornato da Barcellona ci siamo incontrati fugacemente per discutere di futuri progetti; in verità non é facile stare dietro neanche a me per cui siamo "fasati" direbbe l'amico riflessivo Stefano che era presente all'incontro. Gino era insieme alla sua splendida e inseparabile compagna Roberta che forse lo ispirerà per qualche opera (sarebbe una bella gratificazione) o comunque collaborerà per lo sviluppo della sua attività in Spagna. Ci siamo chiesti se si può fare arte con dei volgari tappi e abbiamo scoperto che questi sono tutt'altro che volgari ma che, volendo, possono assurgere alla dignità di pigmenti artificiali per opere partorite dalla mente naturale di un uomo che raccoglie, conta, seleziona, valorizza ed espone tappi di tutti i colori e dimensioni. Genialità e arte, stress e concentrazione, colore e comunicazione questa la ricetta del successo di Gino artista di strada, di laboratorio e di museo. Riciclare significa anche sviluppare delle idee, fare arte, comunicare e soprattutto dare colore a realtà urbane che altrimenti sarebbero irrimediabilmente compromesse. Gino Masecchia ha compreso tutto ciò e ha deciso di accettare la sfida portando in giro per l'Italia e in giro per l'Europa un messaggio colorato, positivo, intelligente e straordinariamente creativo.
(Antonio Tortora)
Antonio Tortora con Gino Masecchia il Re dei Tappi a Montesanto
Info: Inizio progetto luglio 2013 Raccolti oltre 1.240.000 di tappi (circa) al 25 dicenbre 2014 Media mensile 65.000/110.000 tappi Utilizzati oltre 120.000 tappiMedia percentuale d'utilizzo: 10 per cento dei tappi raccolti
Recensione del Blog Guru Meditation andata in onda sulla RAI il 22 dicembre 2014 nel corso del programma "Buongiorno Regione" delle ore 7.30 e nel corso del TGR Campania delle ore 14.00
Si tratta di una gratificazione morale dedicata all'autore materiale delle foto che ha dedicato un tempo infinito alla peregrinazione urbana, non solo nel centro storico bensì anche in altri quartieri più periferici ma non per questo meno importanti, come il Vomero e Posillipo, al fine di rintracciare scorci particolari, rare prospettive, incantevoli panoramiche; non solo ma anche inedite e sconosciute tracce antropologiche in siti impregnati di cultura e storia. Tuttavia ciò non sarebbe mai stato possibile senza la collaborazione e l'amicizia del consulente informatico Marco Manna, titolare del laboratorio informatico Evolution Lab e di Enrico Aiello silenzioso ma efficiente "computer programmer analyst". Si tratta di un team che opera seguendo una traccia emozionale profonda che parte dalla passione per Partenope per convergere sull'approfondimento di una conoscenza che difficilmente potrà esaurirsi in tempi brevi data la vastità di un patrimonio monumentale, archeologico e artistico che non ha eguali in nessuna parte del mondo. L'obiettivo dichiarato é quello di "sibi indulgere" di nepotiana memoria perché conoscere Neapolis, sia quella alla luce che la sotterranea, sia quella lungo la costa che la collinare, sia il centro storico con i suoi cardini e decumani che le zone più periferiche, conferisce un senso alle vestigia di una storia plurimillenaria e parimenti ci consente di trattarci bene anzi benissimo. E' una questione di sensibilità d'animo e di appartenenza al territorio. Tutto questo ci rincuora soprattutto in un momento storico come quello attuale dove tutto appare in crisi e la stessa nostra amata città, capitale incontrastata di tutto il Mezzogiorno d'Italia pre e post-unitaria, ci appare sempre più Palepoli, invecchiata e stanca. Ma è solo apparenza e le sorprese che essa ci riserva a ogni nostra escursione fotografica sono innumerevoli e stupefacenti come la genuinità e l'accoglienza, impensabile ad altre latitudini e longitudini del nostro Paese, con cui molte persone del tutto sconosciute, ci hanno consentito di entrare nelle loro case e nelle loro proprietà per fare scatti fotografici; esse evidentemente si sono accorte dell'amore che nutriamo per un suolo che non rappresenta soltanto un mero luogo di nascita per tutti noi ma anche, e soprattutto, il cuore palpitante dell'intera Campania Felix. (Antonio Tortora)
Reperti litici e ricostruzioni di manufatti neolitici realizzati a scopo didattico, ceduti dalla collezione privata di Antonio Tortora, catalogati ed esposti presso il Museo di Antropologia di Napoli in via Mezzocannone 8.
Si tratta prevalentemente di noduli e schegge di selce grigia provenienti da selcifere del Gargano (Fg), ovvero da un esteso territorio fra Vieste e Peschici ma anche più a sud, laddove tali miniere erano già rinomate in epoca neolitica. La Defensola era la più famosa d'Europa ma anche i siti minerari di San Marco e Arciprete presso Vieste, di Cruci vicino Peschici e di località Principe nelle vicinanze di Mattinata erano molto sfruttati dagli esperti escavatori neolitici.
Anni fa la ricerca faticosa, sotto il bollente sole garganico, ma appassionante per l'intuito con cui é stata condotta, ha dato i suoi frutti e pezzi naturali davvero belli e oggetti costruiti da abili mani ancestrali sono conservati per essere studiati dagli esperti, per essere ammirati dai visitatori occasionali.
Chi si interessa di tutte le manifestazioni dell'evoluzione umana, compreso il gusto per la lettura, la ricerca e l'esotico, può essere definito un antropologo amateur; pertanto pur da semplice autodidatta, ovvero senza preparazione accademica e formale ma seguendo semplicemente l'istinto, si può dare un modesto contributo a quella passione collettiva che ha consentito all'uomo di spiegare l'evoluzione umana.
La nostra affermazione viene corroborata, ad esempio, dall'esploratore J.P.Mills, che era un profondo conoscitore della popolazione Nagas del nord-est dell'India, in "Anthropology as a hobby" pubblicato nel lontano 1952 ma attualissimo tenuto conto del nostro particolare punto di vista. Viene inoltre avvalorata da E.B.Tylor che insegnò da una cattedra di Antropologia pur essendo un semplice operaio fonditore nell'azienda paterna; da H.Schlieman che era un semplice commerciante, senza alcuna formazione accademica, cui però si deve tutto quanto si sa di storia anatolica; da Pitt Rivers il cui ritratto dovrebbe campeggiare in ogni museo che si rispetti visto che diventò il padre della scienza museale pur essendo un semplice militare di carriera; di E.Dubois che scoprì l'Homo Erectus ed era un semplice medico. Insomma vogliamo dire che la curiosità é alla base di tutte le forme di conoscenza e il curioso é, per definizione, un "antropologo honoris causa".
Quando qualche nostro concittadino cerca qualcosa e i tanti perchè non sempre ben chiari, indipendentemente dal risultato della ricerca, scopre di avere la vocazione dell'Homo Partenopeus che costantemente pensa: "humani nihil a me alienum puto"e non dimentichiamo mai che proprio a Napoli, fra il cinquecento e l'ottocento, prosperarono circa 220 Accademie sorte spontaneamente e ad opera di grandi ingegni, e fra queste, nella prima metà del seicento, l'Accademia dei Curiosi. Essa è annoverata solo al cinquantaseiesimo posto in un elenco proposto da Paolo Izzo nel volume "Le uova dell'Angelo", per Stamperia del Valentino, dove si parla guarda caso proprio delle Accademie e degli Accademici a Napoli dalle origini al secolo dei Lumi.
Maria Balzano Barbò, che si autodefinisce "La Giullare", che costruisce "Artefatti da portare", che ha inventato la "Narrative Jewelry". I suoi Amuleti Narrativi possono essere ammirati, in microesposizioni domenicali e itineranti all'aperto, in Piazza San Domenico Maggiore. Vedere per capire; acquistare per regalare a sè stessi o ad altri. Ne vale la pena".
Antonio Tortora antropologo amateur con Maria Balzano Barbò artista e "filosofa" partenopea
Land art Forma d’arte contemporanea, nota anche come earth art, earth works(«arte della terra», «lavori di terra»), sorta intorno al 1967 negli Stati Uniti e caratterizzata dall'abbandono dei mezzi artistici tradizionali per un intervento diretto dell’operatore nella natura e sulla natura.
In tale scelta era insito un rifiuto del museo, come luogo dell’opera d’arte, e del mercato artistico: le opere hanno per lo più carattere effimero e restano affidate specialmente alla documentazione fotografica e video, a progetti, schizzi ecc. Gli artisti che hanno individuato nella natura la loro area operativa, infatti, non puntano tanto al risultato quanto al processo e alla realizzazione di un’esperienza esemplare; donde l’affinità che lega questo tipo di ricerca all'arte concettuale e, più in generale, all'arte di comportamento. (da l'enclopedia Treccani). Il rapporto che lega l'individuo all'ambiente è di primaria importanza, dal momento che la natura fa da sfondo al quadro della nostra esistenza; infatti, siamo destinati a sbocciare e a decomporci nella sua vasta matrice; ma la nostra ambizione ed i nostri talenti, combinandosi, ci inducono a desiderare qualcosa di più della mera sopravvivenza: aspiriamo a lasciare un segno a inscrivere le nostre osservazioni e i nostri gesti nel paesaggio, nel tentativo di interpretare e superare lo spazio in cui viviamo. (da wikipedia).
« L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura »
Il rilancio in chiave culturale dei Campi Flegrei è il principio ispiratore alla base del progetto “Land Art Campi Flegrei” ideato dall’Associazione Leaf, l’ente nato nel 2006 a tutela del territorio a nord-ovest di Napoli. La LAND ART è Arte ecologica per eccellenza e mira ad ampliare le attrattive turistiche dei Campi Flegrei; si tratta della realizzazione di sentieri culturali lungo le aree del parco che si esplicano attraverso l’installazione di opere concettuali tridimensionali, realizzate prevalentemente con materiali naturali locali.
Dubbio antropologico
Le opere realizzate in situ educano, offrono l’opportunità di scoprire nuove relazioni tra: ambiente e comunità, oasi e città, tempo libero e cittadinanza attiva,storia e cultura. Land Artè una forma di arte che esplica la sua forza simbolica con la creazione di istallazioni in situ ed a cielo aperto, rappresentando una delle maggiori correnti creative dal carattere ecologico e sostenibile.
Chi scrive é un assiduo frequentatore del Bosco o Selva dei Camaldoli pertanto ne ha seguito la gestazione nella fase precedente alla sua inaugurazione e parimenti ne ha seguito tutte le vicissitudini sin da quando è stato aperto al pubblico nel 1996. Il Parco è davvero unico, con i suoi oltre 130 ettari, e non può non far piacere che un gruppo di artisti abbia scelto l'unica cornice davvero selvaggia esistente nella nostra città; cosicchè essi hanno potuto esprimersi con un senso di libertà che solo una fitta macchia di castagni può offrire; il tutto nella più completa suggestione di una natura che, per certi versi, si mantiene incontaminata. Quando ne percorro i sentieri mi rendo conto di quanto sono fortunato a vivere non lontano da un luogo così ricco di natura, storia, religiosità e tradizione. Perchè fino alla seconda metà del novecento qui si saliva in escursione e mi piace ricordare che lo stesso Benedetto Croce, a soli 24 anni e nel lontano 1890, vi salì in gita con altri illustri soci della sezione napoletana del Club Alpino Italiano fra cui Vincenzo Volpicelli, Giuseppe de Montemajor, il Conte Ludovico de La Ville sur Yillon e Giuseppe Ceci. Ciò è testimoniato nell'Archivio della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce e precisamente in una delle tre buste che contengono le foto ricordo di quella gita. Francamente ingenera in me commozione il sapere che, forse, ho calcato lo stesso suolo dove é passato l'autore di "Storie e Leggende napoletane". Ironia della sorte anch'io ho fatto parte della stessa sezione del Cai e per un paio d'anni ne ho ricoperto l'incarico di Addetto Stampa.
Il parco, dicevamo, è anche ricco di storia con i suoi reperti risalenti al neolitico e i suoi colombari e resti di villae di epoca romana; ricco di spiritualità con il suo splendido e panoramico Eremo, oggi gestito dalle Suore Brigidine, posizionato a 485 metri d'altezza; ricco di tradizione antropica per le attività che da sempre caratterizzano il castagneto ceduo. E c'è anche un pizzico di mistero grazie alla presenza dell'antico edificio della Decina ricca di simboli templari o comunque massonici. Anche se è passato un pò di tempo, ma io già mi premurai di dedicare in precedenza una slide fotografica all'evento Land art Campi Flegrei 2014, mi fa piacere tornarne a parlare; sono sicuro che la mia amica e collega Francesca Panico, organizzatrice e portavoce dell'evento ne sarà anch'essa contenta con tutto lo staff organizzativo.
Antonio Tortora nel pensatoio-cappella di Palazzo Venezia sede del culto di Mitra in antico e in epoca più recente del culto della Vergine Maria. Stesso mantello -volta del cielo azzurro e stesse 12 stelle
Osservazione da parte di Antonio Tortora di dettaglio Croce Templare nel giardino pensile di Palazzo Venezia a Spaccanapoli
Particolare della cupola-caverna-volta del cielo stellato.
Colori simbolici mitraici e Verginali
Probabile testimonianza templare a Napoli- Giardino pensile di Palazzo Venezia - Spaccanapoli
Per saperne di più sulla probabile presenza templare a Napoli visionare il video realizzato da Napoli Underground "Segni dal passato" riguardante i sotterranei della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta. Qui a poco meno di quaranta metri sotto il livello stradale e nell'area precisa dove sorgeva prima il Tempio di Iside Dea greca dalla pelle nera, come le Madonne nere venerate dai Templari, poi il Tempio della Dea romana Diana, si possono ammirare numerose croci potenziate incise sui muri dell'intero percorso sotterraneo. Si tratta di croci tecnicamente definite "ricrociate" perchè raffiguranti quelle che Papa Innocenzo III°, nel "De sacro altaris mysterio", definisce croce quintuplice in memoria simbolica e storica delle cinque piaghe del Cristo. D'altra parte ci troviamo di fronte ad un simbolo di cui si fregiò Goffredo da Buglione sin dal lontano 1099, data in cui si concluse vittoriosamente la prima Crociata con la liberazione della Città Santa di Gerusalemme; ancora in epoca contemporanea la più antica e nobile insegna cavalleresca costituisce segno distintivo dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Anche l'araldica muta con il tempo seguendo le vicissitudini della storia, dei cavalieri, delle armi e della Fede tuttavia le croci templari continuano a far scrivere fiumi d'inchiostro anche a Napoli dove tutto ciò che accade anche in altre e finanche remote aree del pianeta su di essa e sotto di essa si riflette. Coloro che hanno visitato il sito sotterraneo hanno avuto la sensazione di seguire una sorta di preciso itinerario o addirittura di essere penetrati in un'area delimitata proprio dalle croci potenziate con al centro l'altare della Basilica della Pietrasanta. Essa poi prende il nome da una particolare pietra oggi dispersa che, opportunamente adornata da una croce profondamente incisa, avrebbe avuto il potere di procurare l'indulgenza per tutti i peccatori che, in pellegrinaggio, l'avessero baciata. Siccome anche sul campanile della Basilica é ben visibile alla luce del giorno una croce templare, se ne deduce che la presenza dei Templari in quel luogo, e quindi a Napoli, sia molto plausibile.
Articolo pubblicato su "L'Espresso Napoletano" del dicembre 2014 a firma del giornalista Danilo Capone e contenente stralci di intervista al giornalista, con interessi antropologici, Antonio Tortora.
Il tema trattato riguarda Monte Echia inteso come sito scelto per la fondazione di Partenope. Non si tratta solo di suggestione emotiva o di gradimento estetico per lo scenario che ivi si ammira bensì si cerca di esaminare qualcosa di più profondo e ancestrale che riguarda l'origine stessa della città e una dei suoi principali portali energetici.
Qui infatti, proprio sul promontorio di Pizzofalcone, potrebbe esserci la tomba della Sirena Partenope visto che, secondo il geografo Strabone, il mitico sacello poteva essere visto dal mare. Ma d'altra parte sono varie le ipotesi che di volta in volta sono state prese in considerazione; per cui anche la punta posillipina della Gaiola e la zona portuale,fra le aree che attualmente comprendono il Maschio Angioino e il Palazzo Reale, potrebbero candidarsi, e ciò a pieno titolo, a sito sacro di così grande importanza che le corse lampadiche,feste antichissime dedicate proprio alla Sirena, furono organizzate annualmente per parecchi secoli. Francamente, al di là delle ipotesi storiche e delle questioni interpretative legate al sito, ci piace trasmettere al lettore un'emozione. Qui sembra di stare sulla punta tronca di una immensa piramide di tufo, che in certi orari della giornata e con il sole splendente, brilla con i frammenti di ossidiana e i microcristalli di feldspato e di quarzo; sembra una corona regale riposta sulla mitica testa della Sirena. (Antonio Tortora) Per leggere la cultura a Napoli, anche online: http://www.espressonapoletano.it/