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lunedì 16 marzo 2015

CHIESA DELL’ARCICONFRATERNITA DELLA AUGUSTISSIMA COMPAGNIA DELLA DISCIPLINA DELLA SANTA CROCE UN GRANDE PATRIMONIO DA RISCOPRIRE

Anche in ambito cristiano è possibile osservare, con attenta analisi, simboli e significati esoterici.

Partecipammo, a suo tempo, a una visita guidata organizzata dall' Istituto Italiano del Castelli presieduto dall'arch.Luigi Maglio e ci parve di scoprire un patrimonio storico, culturale, religioso e architettonico davvero unico e straordinario. Pertanto realizzammo, con le foto di Mario Zifarelli, un reportage che ci consentì di effettuare una rarissima full immersion nella Napoli sacra del XIII° secolo proprio al limitare esterno di quel Miglio Sacro costituito dal Decumano Maggiore.
Infatti, non é facile accedere a siffatta struttura chiusa al pubblico da oltre trent'anni e, in quella circostanza, grazie all'ospitalità di Bianca Como Superiora della Confraternita, l'unica donna a quanto ne sappiamo a presiedere una Arcoconfraternita, e grazie a Michelangelo Pisani di Massamormile uno dei Governatori della Augustissima Compagnia della Disciplina della Santa Croce nonchè lucido conservatore della memoria storica del Sodalizio religioso, potemmo accedere al prezioso scrigno di storia entrando da un ingresso laterale in prossimità della Chiesa di Santa Maria Egiziaca a Forcella.
Ci rendemmo subito conto di quanto la popolazione cittadina e in particolare i poveri e gli indigenti che affollavano la città già dalla fine del 1200, avessero bisogno di questa struttura caritatevole e diremo oggi filantropica. Proprio in quel periodo fu fondata la congregazione che attualmente è laica e dotata di cariche elettive su basi democratiche anticipando i tempi e mostrando tendenze di grande apertura alla modernità.



L'obiettivo primario dell'attuale Governo dell'Arciconfraternita consiste nel restauro della chiesa danneggiata dal terremoto dell'80 e delle opere d'arte, raccolte sin dal 1300, e consegnate alla Soprintendenza visti i frequenti furti degli anni ottanta; per questa ragione l'edificio fu murato e interdetto alle visite per circa trent'anni. L'obiettivo secondario, ma non meno importante, é quello di ridiventare un punto di riferimento per gli abitanti di Forcella da troppo tempo ghettizzati. L'edificio é adiacente al complesso di Sant'Agostino alla Zecca con il suo splendido campanile gotico in piperno, marmo e mattoni con relativo stemma aragonese, e l'Arciconfraternita nasce proprio dall'acquisto che i confratelli fecero dai padri agostiniani dei locali precedentemente abitati da monache basiliane. Oggetto della visita l'oratorio, il giardino agrumeto con gli affreschi rappresentati un ciclo di Storie della vita di Gesù parzialmente restaurato, la fontana del '500 e la chiesa che mostra ancora testimonianze trecentesche con la tomba marmorea del Confratello Bartolomeo del Sasso di Scala ritratto con l'inquietante sacco penitenziale. 
Ma qualcosa ha attirato la nostra attenzione sempre a caccia di tracce esoteriche. Sul portale di ingresso alla Confraternita abbiamo notato un ritratto della Madonna con il Bambino scolpita a rilievo inscritta in un triangolo; ciò non è del tutto usuale trattandosi di immagini sacre. Tale figura potrebbe essere ricollegata all'occhio che tutto vede, di derivazione massonica, inscritto all'interno di un triangolo provvisto di numerosissimi raggi, chiaramente osservabile nella decorazione superiore di un imponente mobile ligneo forse dedicato alla conservazione di teche e ostensori. Si tratta di ambientazioni geometriche sacre e massoniche che già avemmo modo di osservare nella Cappella Pappacoda e nella chiesa di San Gennaro all'Olmo e che fanno riferimento, di sicuro e da un punto vista numerologico, al triangolo ovvero alla figura della perfezione pitagorica del numero Tre; quel triangolo che, pur essendo una delle forme più semplici delle figure piane, sarebbe la prima forma della manifestazione divina in cui il principio ternario costituisce il cardine della creazione. Ma non finisce qui e anche la scala a chiocciola all'interno della sagrestia della chiesa della Compagnia ci ha colpito per la sua spirale logaritmica e la proporzione aurea (1,618) che Frà Luca Pacioli, precettore di Leonardo da Vinci, teorizza agli inizi del 1500 nel De Divina Proportione. Anche in questo caso c'è un precedente nelle nostre peregrinazioni e ricordiamo di aver visto una straordinaria scala a chiocciola all'interno della Torre del Beverello in Castel Nuovo. Infine, concludendo la visita, basta alzare lo sguardo verso l'alto e osservare la colomba al centro della cupola della chiesa che testimonia, oltre alla presenza dello Spirito Santo, la presenza di un simbolo che risale a divinità siriache come Atargatis la Dea Sirena da cui potrebbe derivare la Sirena Partenope oppure a divinità greche come Derceto stando alle fonti che riconducono a Strabone e Plinio.


Syrian Atargatis Mermaid (immagine tratta dal web)

Appare chiaro che ancora molto lavoro c'è da fare ma la volontà di procedere é forte; ne è esempio la coppia di angeli di altare che sono stati ritrovati dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri e che oggi sono osservabili ai lati dell'altare maggiore della chiesa. Dunque fra restauri, ritrovamenti di reperti trafugati da parte dei Carabinieri, restituzione da parte della Soprintendenza di oggetti conservati in luoghi più sicuri, riordinamento della Confraternita e un rinnovato interesse verso questo sito così importante per la storia cittadina non è da escludere che, di qui a qualche anno, tutti gli ambienti potranno essere restituiti alla pubblica fruizione.

giovedì 26 febbraio 2015

TEMPLARI E TEMPLARISMO ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO. DOPO UN MILLENNIO DI STORIA L'AVVENTURA PER NOI E' APPENA COMINCIATA



Per un'antropologia templare. Filo di Arianna della storia, tra mito e realtà, tra spirito immanente e materia transeunte.
                                  





Antonio Tortora mentre consulta un testo sui Templari
Sin da quando, nel lontano 1118, il borgognone Hugues de Payens (da alcuni ricercatori e storici italianizzato in Ugone de' Pagani) e otto suoi compagni offrirono a Baldovino II di Gerusalemme il servizio di Milites Christi al fine di tentare di liberare le vie della Palestina dalle scorrerie islamiche é trascorso poco meno di un millennio. In quell'occasione il Re concesse loro un'intera ala del suo palazzo sito nelle immediate vicinanze di ciò che furono le rovine del Tempio di Salomone ovvero la Moschea della Roccia al-Aqsa. Ed é proprio dal Tempio che i cavalieri presero il nome e lo assunsero a simbolo della loro epopea storica e metastorica. Dopo soli 196 anni la tragedia.


Bolla papale Ad Provvidam (Foto di Antonio Tortora)


Il 18 marzo del 1314 L'ultimo Gran Maestro dell'Ordine Jaques B. de Molay, il ventiduesimo per la precisione, unitamente a Geoffroy de Charnay Gran Precettore di Normandia venivano bruciati vivi a Parigi. Tutto ciò accadeva mentre i due esponenti Templari proclamavano l'innocenza dell'Ordine e la loro innocenza personale, denunciavano con forza le sopraffazioni e le feroci torture subite, reclamavano increduli la personale dipendenza giurisdizionale del Gran Maestro dal Papa. 




Alcuni testi consultati presso la libreria L'Apostrofo
(Foto di Antonio Tortora)



 La massima autorità spirituale del tempo, Clemente V, e la massima autorità temporale di Francia Filippo il Bello si resero colpevoli di un orrendo massacro sulle cui motivazioni non é stata fatta ancora piena luce e sulla cui ferocia inaudita e ingiustificabile molto si é scritto ma molto poco si è compreso.









Sator Simbolo magico graffito nel chiostro dell'Abbazia di Valvisciolo
(Foto di Antonio Tortora)

Nasce dunque un mito, che affascina le menti eroiche, che avvince gli idealisti, che condiziona la storia non solo dell'occidente, che genera poesia, che alimenta la fede, che carsicamente riemerge a ricordare con insistenza che le colpe, anche quelle storiche, non possono e non devono rimanere impunite.
Stiamo cercando di capirci qualcosa, con l'aiuto di due amici, Ciro e Christian Andolfi della libreria L'Apostrofo di Port'Alba, che, con slancio e passione, selezionano testi e raccolgono documenti; mostrando peraltro un grande rispetto per lo studio e la ricerca e riproponendo nella contemporaneità lo stile del libraio antiquario, oggi quasi del tutto scomparso. Se qualcosa sappiamo e se qualcosa sapremo di più su una materia così affascinante e ricca di stimoli lo dobbiamo anche alla loro leale pazienza e alla loro competenza.
Un momento della consultazione
(Foto di Christian Andolfi)

domenica 18 gennaio 2015

PER UN' ANTROPOLOGIA DEL SANFEDISMO STORICO CONSAPEVOLE E NON NOSTALGICO.

PER UN MOMENTO ABBANDONIAMO IL TERRENO DELLA POLEMICA E PERCORRIAMO LA STRADA DELLA RIVALUTAZIONE STORICA PARTENDO DAL CONTROVERSO TERMINE "SANFEDISTA"

Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero. (Proverbio Arabo) 

Rifiutiamo categoricamente i sinonimi correntemente utilizzati in ambito storico, politico e sociologico di "clericale" e "reazionario" per definire "sanfedista" ma, sia pur con qualche distinguo, ne accettiamo la definizione offerta dall'Enciclopedia Italiana Treccani. E cIò  senza lasciarci coinvolgere in disquisizioni polemiche e dissertazioni capziose bensì auspicando serene e assennate valutazioni storiche e antropologiche. L'amore e il rispetto per la nostra città e per la sua storia plurimillenaria è fuori discussione.



                                                 Tratto da Youtube "medicodellasaub"
                                                
SANFEDISTI: Masse di Santa Fede, e quindi di Sanfedisti, si chiamarono per la prima volta quelle bande armate delle plebi rurali e cittadine, che, in nome della vecchia fede degli avi e degli antichi costumi, si sollevarono contro i Francesi e i patrioti nel regno di Napoli, provocando la sanguinosa reazione del 1799. Il movimento fu così pronto, spontaneo e vivace, che un cardinale di grande energia, F. Ruffo di Bagnara, sbarcato con alcuni uomini in Calabria, e pochi avventurieri còrsi, capitati nelle Puglie, poterono dominarlo e indirizzarlo, senza difficoltà, verso la restaurazione monarchica e la distruzione della Repubblica Napoletana, privata dalla guerra della seconda coalizione dell'ausilio dell'esercito francese di E. A. Macdonald. Ma se la monarchia borbonica seppe sfruttare questo moto popolare, non seppe padroneggiarlo a pieno, come avrebbe voluto il Ruffo, e si lasciò trascinare a quella violenta reazione, che segnò, si può dire, la fine morale della monarchia borbonica di Napoli. Il sanfedismo rivelò, inoltre, la profonda crisi morale e sociale che travagliava il Mezzogiorno: si trovarono di fronte la classe colta e le plebi e v'era tra loro tale abisso, che, come ben vide V. Cuoco, sembravano due popoli diversi per due secoli di tempo e per due gradi di clima. Da storici recenti la classe colta napoletana è stata accusata di non avere capito il popolo che si trovava di fronte, ma il rimprovero è ingiusto, perché quella classe colta capì la profondità del moto, l'ammirò anche per l'energia morale, sia pure male applicata, che aveva rivelato, e continuò a lottare per il trionfo di quelle istituzioni, che sole avrebbero potuto portare il popolo sulle soglie della grande politica. Così pure è da attenuare in certo senso il patriottismo del sanfedismo, perché, sebbene moti analoghi scoppiassero in tutti i territorî dei vecchi stati regionali italiani, non vi fu tra loro alcuna sutura ideale e politica e il patriottismo locale non si trasformò in patriottismo nazionale. L'Italia non ebbe, né poteva avere la bella guerra nazionale contro i Francesi, come la Spagna e la Germania, e il sanfedismo non fu, in fondo, che una Vandea italiana, su uno sfondo sociale più grandioso.
Nella Restaurazione dopo il 1815, sanfedisti si chiamarono anche nello stato pontificio quelle sette reazionarie che si contrapposero alle liberali, ma su esse mancano lavori esaurienti, che permettano di tracciarne con sicurezza i caratteri. Nella Restaurazione poi il termine sanfedista acquistò in Italia un'accezione più lata, e fu dato dai liberali ai partigiani del trono e dell'altare, con un senso d'infamia e di sprezzo in ricordo delle stragi del 1799, onde la qualifica non fu mai accolta in buona pace da coloro che ne erano gratificati. Dopo il 1850 circa, nella polemica liberale il vocabolo sanfedista cedette il posto a quello di clericale, che veniva dalle lotte politico-religiose francesi e che in Italia era stato adoperato solo in senso stretto per designare il governo politico dei preti nello Stato Pontificio.
Un'eccellente bibliografia del movimento sanfedista nel Mezzogiorno è quella di N. Cortese in appendice alla sua edizione del Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 di V. Cuoco (Firenze 1926, pp. 430-37). Sulla genesi sociale del movimento, cfr. G. Prato, L'evoluzione agricola nel sec. XVIII e le cause economiche dei moti del 1792-98 in Piemonte, in Atti della R. Acc. di scienze di Torino, 1908-09; N. Rodolico, Il popolo agli inizi del Risorgimento nell'Italia meridionale, 1798-1801, Firenze 1925. Sui caratteri, cfr. B. Croce, Storia del regno di Napoli, Bari 1925, pp. 222-228; il cit. Rodolico; G. Lumbroso, I moti popolari contro i Francesi alla fine del sec. XVIII, Firenze 1932. Per le sette sanfediste nello Stato Pontificio, cfr. L. Farini, Lo Stato Romano dall'anno 1815 all'anno 1850, I, Torino 1850: G. Cassi, Il card. Consalvi e i primi anni della restaurazione pontificia, 1815-19, Milano 1931. Sulla parola "clericale", cfr. I Maurain, La politique ecclésiastique du second empire de 1852 à 1869, Parigi 1930, p. 960.

Scritto curato da Walter Maturi, liberale, allievo di Michelangelo Schipa, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini e Gioacchino Volpe, ma serio e attento studioso della storia italiana meridionale e risorgimentale.

Tratto da: http://www.treccani.it/enciclopedia/sanfedisti_%28Enciclopedia-Italiana%29/

Testo originale del CANTO DEI SANFEDISTI in lingua napoletana cantato e interpretato dal grande Peppe Barra:

A lu suono de grancascia
viva lu populo bascio.
A lu suono de tamburrielli
so' risurte li puverielli.
A lu suono de campane
viva viva li pupulane.
A lu suono de viuline
morte alli giacubbine.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
A sant'Eremo tanto forte
l'hanno fatto comme 'a ricotta
a 'stu curnuto sbrevognato
l'hanno miso 'a mitria 'ncapa.
Maistà chi t'ha traruto
chistu stommaco chi ha avuto,
'e signure 'e cavaliere
te vulevano priggiuniere.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
Alli tridece de giugno
sant'Antonio gluriuso
'e signure 'sti birbante
'e facettero 'o mazzo tanto.
So' venute li Francise
aute tasse 'nce hanno mise
liberté... egalité...
tu arrubbe a me
i'arrobbo a ttè...
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
Li Francise so' arrivate
'nce hanno bbuono carusate
e vualà e vualà
cavece 'nculo alla libertà.
A lu ponte 'a Maddalena
'onna Luisa è asciuta prena,
e tre miedece che banno
nun la ponno fa sgrava'.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
A lu muolo senza guerra
se tiraje l'albero 'nterra
afferrajeno 'e giacubbine
'e facettero 'na mappina.
E' fernuta l'uguaglianza
è fernuta la libertà,
pe' vuje sò dulure 'e panza
signo' jateve a cucca'.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunziglie
viva 'o rre cu la famiglia.
Passaje lu mese chiuvuso
lu ventuso e l'addiruso
a lu mese ca se mete
hanno avuto l'aglio arrete.
Viva tata maccarone
ca rispetta la religione,
giacubbine jate a mmare
ca v'abbrucia lu panare.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.

Altri testi su: http://www.angolotesti.it/N/testi_canzoni_nccp_nuova_compagnia_di_canto_popolare_7965/testo_canzone_canto_dei_sanfedisti_290283.html
Tutto su Nccp Nuova Compagnia di Canto Popolare: http://www.musictory.it/musica/Nccp+Nuova+Compagnia+Di+Canto+Popolare


Testo del CANTO DEI SANFEDISTI tradotto, per chi non è partenopeo, in italiano corrente:

Al suono della Grancassa
Evviva, evviva il Popolo Basso,
Al suono del Tamburello
Sono insorti i poverelli,
Al suono della campana
viva, viva i Popolani;
al suono del violino
morte a tutti i giacobini!
Suona, suona – Suona Carmagnola
Suona l’adunata – viva il Re e la famiglia! 
Sant’Elmo, che era un grande forte 
l’hanno ridotto come una ricotta,
a questo cornuto e svergognato
gli hanno messo la mitria in testa.
Maestà, chi vi ha tradito?
Chi ha avuto questo coraggio?
I Signori, i Cavalieri
Ti volevano imprigionare!
Suona, suona – Suona Carmagnola
Tuona il cannone, 
viva sempre il Re Borbone! 
Il tredici giugno, Sant’Antonio glorioso,
ai Signori, questi birbanti,
gli fecero un culo così! 
Sono arrivati i Francesi
ci hanno messo ancora altre tasse.
“Libertà, Uguaglianza”:
Tu rubi a me, 
io rubo a te!
Suona……viva sempre al Re Borbone!
I Francesi sono arrivati,
ci hanno ripulito completamente
“ecco qua, ecco qua”,
un calcio in culo alla Libertà!
Dove è andata donn’Eleonora 
che ballava nel teatro?
ora balla per il mercato:
con mastro Donato!
Suona………… viva il Re e la famiglia!
Al ponte della Maddalena
Donna Luisa è rimasta incinta
Son venuti tre medici ma 
non riescono a farla partorire!
Dove è andata donn’Eleonora 
Che ballava nel teatro,
ora balla con i soldati,
e non ha più potuto ballare!
Suona……..viva il Re e la famiglia!
Le navi sono già pronte,
correte tutti per farle avviare,
preparatevi esultanti
perché dovete farle partire;
Nel mare c’è l’inferno ed
i suoi cancelli sono ardenti:
traditori, andate a fondo, 
non potete più rubare!
Suona……. viva sempre il Re Borbone
Al molo, finita la guerra,
hanno abbattuto l’albero
hanno preso i Giacobini
e li hanno ridotti come stracci sporchi!
E’ finita l’uguaglianza,
è finita la libertà, 
per voi son dolor di pancia:
signori, andatevene a letto!
Suona………… viva il Re e la famiglia!

Fonte: http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=4692