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lunedì 8 giugno 2015

I GIORNALISTI ANTONIO TORTORA E DANILO CAPONE IN ESCURSIONE ARCHEOANTROPOLOGICA AL LAGO D'AVERNO E AL TEMPIO DI APOLLO


E' vero che già abbiamo dedicato una intera sezione del nostro sito al Lago d'Averno ma è altrettanto vero che ogni escursione ci consente di scoprire cose nuove e di provare emozioni forti.

Per questa ragione ci siamo recati, con il collega Danilo Capone, presso le sponde di un Lago che idealmente da un punto di vista culturale e geograficamente dal punto di vista della colonizzazione greca, delimita i confini nord di quella importantissima area che da tempo immemore è stata definita Magna Grecia; qui i coloni calcidesi-euboici, più o meno fra l'VIII° e il VII° secolo a. C., colonizzarono l'area flegrea e principalmente Kyme (Cuma) subito dopo aver fondato Pithecusa (Ischia). Ci troviamo, stando a Publio Ovidio Nasone che ne riferisce nei Fasti una delle sue opere più difficili, in quello che è il nucleo vero e originario dell'Italia, affermando"Itala nam tellus Graecia maior erat" ovvero "Ciò che chiamiamo Italia era Magna Grecia". Ma torniamo al Lago d'Averno, resistendo alla tentazione di dilungarci troppo, e ci piace narrare di una tradizione medievale, risalente a colui che amava definirsi Petrus ultimus monachorum servus ovvero a San Pier Damiani che raccontò, a proposito del Lago flegreo, la seguente storia. Ogni sabato sera un nutrito stormo di uccelli neri compariva, come d'incanto, sullo specchio d'acqua e cominciava a svolazzare di continuo e senza mai fermarsi neanche per mangiare e bere; nessuno poteva catturarli neanche con le reti perchè apparivano come figure spettrali, diremo oggi ectoplasmatiche ovvero visibili ma non consistenti dal punto di vista materiale. Poi all'inizio della settimana, con estrema puntualità compariva un corvo nero dalle proporzioni colossali che con un forte gracchiare li chiamava a raccolta obbligandoli a gettarsi nelle acque nere e impenetrabili allo sguardo. Si trattava secondo, il ravennate Dottore della Chiesa, delle anime dei defunti che nel dies dominicus avevano il privilegio, per dono divino, di rimanere distanti dagli ordinari e terribili supplizi infernali.

 

Slide Fotografica di Antonio Tortora

Bene noi ci siamo recati nel celebre luogo virgiliano, dove popolazioni Cimmerie abitano in città sotterranee a guardia dell'ingresso dell'Ade, per verificare quanto riportato dalla leggenda medievale, violando la "spelonca" e l'"ampia vorago", la "scheggiosa roccia" e "le selve annose e folte" (libro VI° dell'Eneide); ma, in verità, di anime dei defunti non ne abbiamo incontrate, per fortuna; e ciò nonostante la suggestione derivante dal visitare il Tempio di Apollo sia stata davvero forte e irripetibile. Stiamo parlando di un'opera gigantesca che è stata considerata dallo stesso Amedeo Maiuri: "fra le più imponenti costruzioni circolari con volta a cupola dell'architettura romana, con un diametro di circa 38 metri e un'altezza di soli cinque metri inferiore a quella del Pantheon".
Così come l'ecista, ovvero colui che oltre a consultare l'Oracolo di Apollo nel Santuario di Delfi era anche destinato a conservare e trasportare il fuoco sacro dalla città d'origine al sito dove sarebbe sorta la colonia, anche noi al cospetto delle possenti mura del tempio abbiamo rivolto qualche domanda all'Oracolo impersonando ora Archia o Evarco, ora Falanto o Lamis (fra i più noti ecisti dell'antichità); ma di risposte non ne abbiamo avute, almeno per il momento. Il mistero dell'Averno, dei ruderi e delle grotte abitate da Sibille che lo circondano rimane inviolato. Ma torneremo per altre escursioni per saperne di più.
E' un'esperienza straordinaria che consigliamo a tutti gli appassionati dei Campi Flegrei.



Antonio Tortora e Danilo Capone in escursione archeoantropologica al Lago d'Averno e al Tempio di Apollo
Foto di Antonio Tortora



Antonio Tortora sulle sponde del Lago d'Averno (Foto di D.Capone)


Danilo Capone nei ruderi del Tempio di Apolllo (Foto di A.Tortora)  

mercoledì 28 gennaio 2015

LA NOSTRA RECENSIONE AL ROMANZO PHLEGRAIOS E' PIACIUTA E NE SIAMO ORGOGLIOSI. I CAMPI FLEGREI MERITANO ATTENZIONE E RISPETTO

Per un'antropologia recensionale (neologismo); il caso Phlegraios.

Un bellissimo dialogo d'amore da una pagina del romanzo Phlegraios.
La passione c'entra eccome! In tutte le cose.

Isolimpia ha condiviso un link tramite Francesco Perillo.
18 ottobre 2014 · 
Siamo lieti che Phlegraios di Marco Perillo, che abbiamo ospitato a Isolimpia il 25 settembre, stia conoscendo un crescente e meritato successo. TUTTO DA LEGGERE!
Una delle più belle 'recensio' mai ricevute... Grazie ad Antonio Tortora di Napoli.com!
Marco Perillo esordisce con Phlegraios - l’ultimo segreto di San Paolo
il primo quotidiano online della città di Napoli - the first news magazine of Naples, Italy

Ne siamo contenti e oltremodo grati a Isolimpia per le lusinghiere parole. Il mistero fa parte della nostra vita e ci appartiene di diritto. Non c'è luogo descritto o citato nel romanzo Phlegraios di Marco Perillo, Lago di Averno, Cuma, Baia, Rione Terra, Centum Cellae, che non conosciamo e che non ci abbia comunicato forti emozioni. Sapere che qualcun altro vi ha intrecciato una trama complessa dal punto di vista storico e intrigante dal punto di vista religioso e antropologico ci procura gioia e ci conferma di aver visto giusto. I Campi Flegrei offrono, a distanza di secoli anzi di millenni, una ricca opportunità per il ricercatore, lo studioso, lo storico, il poeta, il meditabondo e per l'antropologo amateur (lover of mystery).
Antonio Tortora esamina tracce da scorrimento sulla parete rocciosa nel sancta sanctorum dell'Antro della Sibilla Foto di Mario Zifarelli

martedì 27 gennaio 2015

UN MISTERO DELLA CRISTIANITA' AFFRONTATO DA MARCO PERILLO NELL'OPERA NARRATIVA " PHLEGRAIOS L'ULTIMO SEGRETO DI SAN PAOLO" LA SUA RECENTE FATICA LETTERARIA CHE LO IMPONE DI DIRITTO AI VERTICI DEGLI AUTORI PARTENOPEI



Marco Perillo esordisce con Phlegraios
l’ultimo segreto di San Paolo

di Antonio Tortora 
 

Lo scrittore Marco Perillo

Chi scrive è un appassionato conoscitore di quella “terra del fuoco” che rappresentava e continua a rappresentare “una delle meraviglie dell’Esperia misteriosa” come è scritto in “Baia Pozzuoli e Miseno - L’Impero Sommerso” dello storico bacolese Gianni Race, facendo riferimento alla Campania del IV° sec. A.C..

Inoltre è doveroso notare che l’aggettivo “phlegra” fu precedentemente attribuito alla piana peninsulare di Palléne in Tessaglia laddove Dei e Giganti si scontrarono in una mitica lotta che, non a caso, fece tremare la terra così come accadde e ancora oggi accade in tutto il territorio circostante la “Roma di zolfo” come Mario Sirpettino ha poeticamente e geologicamente definito Puteoli.

Oltretutto, fra le città presenti nella penisola di Palléne figurava, oltre Mende, Terambo e Afiti anche una greca Neapolis. Intrigante davvero! Ma questa è un’altra storia.

Quello che oggi ci preme raccontare è l’iter umano e spirituale che percorre il giornalista e ormai romanziere Marco Perillo nella sua fatica letteraria “Plhegraios – L’ultimo segreto di San Paolo” pubblicato da Rogiosi un editore che ancora una volta ha visto giusto dando forma e veste editoriale a un contenuto narrativo che per 254 pagine tiene incollato il lettore in un quadrante temporale dove passato e presente sono la stessa cosa, e lo rende ebbro di quell’odore sulfureo sprigionante da una terra sempre tesa al rinnovamento.

“…Manco fosse una pietra della Solfatara, che si ergeva con le sue esalazioni sulfuree proprio dietro al suo palazzo. Un cratere ribollente di ricche alchitrachiti, allumi di solfato, potassio, magnesio, mofete mefitiche, vapori giallo-rossicci che arrivavano fino a centocinquanta gradi. E quell’odore di sale, uovo marcio e piscio, dritto dalle viscere della terra; profumo profondo di caldera, di fanghiglia pizzicante, lunare, a inebriare tutta la città celando ricordi di un’atavica dimora di Efesto o di un’altra – grigia e arancio – di Lucifero. Eppure, già dall’epoca angioina, la gente andava lì per curarsi le ferite e i malanni. Gli effluvi caldi erano capaci di rendere feconde le donne, di guarire febbri inguaribili…” recita un passo del romanzo e le narici si riempiono di fumi e odori della terra flegrea creando stupore e meraviglia nel lettore che partecipa della scena e ne diventa involontario coprotagonista.

Il frammento di una lettera, probabile Epistola di San Paolo ai Laodicesi dell’antica Frigia, sconvolge Procolo Costagliola, giovanissimo archeologo senza alcuna esperienza sul campo, che si ritrova suo malgrado catapultato in una straordinaria avventura, da qualcuno osteggiata in ogni modo, fatta di ricerca di indizi storici, di investigazione su eventuali altri frammenti della Lettera nonché di pericolose escursioni notturne in siti archeologici e di lunghe chiacchierate con il pescatore Samuele Guardascione che con la sua parlata caratteristica mista di lingua napoletana in piccola parte, di remoto vernacolo flegreo e maccheronico latino, ovvero uno slang composito che suscita nel lettore un moto di simpatia irrefrenabile, rende la storia interessante e avvincente.


Copertina del libro edito da Rogiosi

Qui è obbligatorio un riferimento simbolico per chi conosce la cultura flegrea e un’allusione dichiarata dall’autore del romanzo, Marco Perillo, al poeta e antropologo culturale Michele Sovente, nato a Cappella minuscola frazione di Monte di Procida dove Procolo, l’archeologo tormentato ma coraggioso, intraprende la sua avventura.
Dal libro PHLEGRAIOS

Il Sovente stesso spiega: «scaturito da un impulso interno, dal bisogno di portare alla luce schegge sonore, barlumi di una età lontana dai contorni fiabeschi e primitivi, manifestazioni di energia vitale, di fisicità, figure e gesti elementari, nuclei di pensiero e di visionarietà che configurano un universo dove fascino e paura, sortilegio e smarrimento, solitudine e fusione con la natura procedono sempre all’unisono. Da qui discende il mio convincimento che tra latino, italiano e dialetto non ci sono divergenze o contrapposizioni» 

Ebbene, Samuele il pescatore cantastorie impersona Michele Sovente nella sua continuità temporale e nell’esternazione meticolosa, mai eccessiva e sempre ben calibrata, di pensieri e contenuti arcaici ma ancora vivi e radicati; mentre Marco Perillo ripropone e si compiace di farlo uno stile narrativo originale e improntato a quel “bisogno di portare alla luce schegge sonore e barlumi di un’età lontana” di soventiana memoria.

Dieci anni ci sono voluti a Marco per vedere attraverso il suo sguardo pulito i dettagli ardenti dei Campi Flegrei; per scoprire e riportare alla luce frammenti di una Epistola che non è una lettera qualsiasi ma che fu scritta, insieme a molte altre, da un gigante del cristianesimo; per recuperare la doverosa memoria storica di luoghi erroneamente ritenuti minori come la piccola frazione di Cappella e personaggi ritenuti secondari dalla storia come l’antropologo-poeta Michele Sovente.

Ha lungamente elaborato una trama che si snoda agile e veloce tra la frigia Laodicea e il Lago d’Averno porta dell’Ade, fra Cuma con l’Antro della Sibilla e il Castello di Baia incomparabile ma semichiuso museo, tra Rione Terra sede di una splendida cattedrale-tempio e Centum Cellae invasa dalle sterpaglie e ancora la Piscina Mirabile gigantesca cisterna e sontuosa cattedrale sotterranea.

L’elenco potrebbe continuare ma preferiamo fermarci; la sorpresa non deve anticipare la curiosità di chi leggerà il giallo storico un pò noir o di chi ricercherà le radici della propria fede; di chi consapevolmente conosce la zona e di chi sfortunatamente solo da questo momento in poi proverà interesse per le antiche pietre flegree.

Paolo di Tarso davvero approdò sulla costa dell’antica Dicearchia nel 61 d.C. e fu un formidabile evangelizzatore nel corso di parecchi viaggi intrapresi, non senza pericolo, verso i paesi affacciati nel bacino del Mediterraneo e a Pozzuoli incontrò membri della comunità cristiana già stanziati in quel luogo dal I° sec. d.C.; cosicchè anche queste sponde ebbero i loro martiri fra cui Sossio, Procolo, Acuzio, Artema, Eutiche, Festo, Desiderio e naturalmente San Gennaro.

Sacro e profano stretti in una morsa creatrice e non soffocante: Ulisse, Enea e la Sibilla Cumana a testimonianza di miti eterni e San Paolo, San Gennaro e i misconosciuti martiri puteolani a testimonianza di fede cristiana, tutti elementi collegati da personaggi non storici benché davvero plausibili e verosimili fra cui Procolo, Samuele e la veggente ‘Onna Carmela.

L’area flegrea purtroppo versa in uno stato di abbandono e le cronache ce lo ricordano ogni giorno cosicchè nel romanzo Marco Perillo che, non dimentichiamolo è anche un valente giornalista, non si esime dal denunciare tale stato di trascuratezza con il garbo che lo contraddistingue e senza mai perdere di vista l’intento narrativo.

L’intera area concettualmente rispecchia il pensiero di Nietzsche il filosofo preferito da Procolo e forse anche da Marco e che dai suoi aforismi ha tratto la forza di resistere agli urti della vita. Infatti il castello di sabbia costruito da ogni uomo su una spiaggia è destinato a rovinare in seguito a una violenta mareggiata e sta all’uomo decidere se ricostruire o abbandonare l’impresa suggerisce il grande filosofo tedesco.

Alla stessa maniera mentre i sismi, le eruzioni vulcaniche e i bradisismi sconvolgono l’Archiflegreo e quella manciata di chilometri teatro delle vicende narrate nel romanzo rimangono seppelliti e dimenticati, Marco Perillo utilizza la “sciaveca” che in dialetto bacolese e nel linguaggio dei pescatori sta a significare la rete a strascico qui metaforicamente letteraria, per riportare in superficie e alla chiara luce del sole tutti i tesori che giacciono nelle profondità tufacee giallo-sulfuree.

La sua ovviamente non è una rete fatta di canapa come in antico, di nylon o piombata come quelle moderne bensì una rete fatta di saperi metabolizzati, concetti profondi e parole pregnanti.

Dunque così come San Paolo fu pescatore di uomini Perillo al suo esordio di scrittore, dopo aver sistemato in barca, ovvero in innumerevoli file, tutti i materiali raccolti navigando col cuore oltre che con la vista in una delle più belle zone vulcaniche del mondo, si accinge a pescare uomini di buona volontà che, ne siamo sicuri, parteciperanno in un modo o nell’altro a questa grande avventura di riscoperta della lettera paolina e del proprio vissuto personale.

Ci rimane solo la curiosità di vedere quale sarà la prossima avventura cui noi, di certo, parteciperemo.


Scheda del libro
Autore:  Marco Perillo
Titolo:  Phlegraios – L’ultimo segreto di San Paolo
Editore:  Rogiosi
Anno:  2014-10-17
Pagine:  254
Prezzo:  Euro 14.00

Tratto da http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=40986 del 17 ottobre 2014


Antonio Tortora sul tetto dell'Eremo di San Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo (Pozzuoli) da cui si domina a 360 gradi sullo scenario flegreo laddove si svolgono le vicende narrate da Marco Perillo nel romanzo Phegraios

lunedì 12 gennaio 2015

Scie in zona flegrea Osservazioni antropologiche di Antonio Tortora da M...



(da Wikipedia) La teoria del complotto sulle scie chimiche (in inglese chemtrails conspiracy theory) sostiene che alcune scie di condensazione visibili nell'atmosfera terrestre rilasciate dagli aerei non siano scie di vapore acqueo, ma siano composte anche da agenti chimici o biologici, spruzzati in volo per mezzo di ipotetiche apparecchiature montate sui velivoli. Secondo la teoria, l'operazione farebbe parte di un complotto globale portato avanti da autori ignoti e per motivi sconosciuti; a tal riguardo sono state avanzate ipotesi diverse, la più comune delle quali è quella secondo cui si tratterebbe di una delle tecniche usate per l'alterazione e il controllo del climaterrestre.  
Tale teoria del complotto non ha mai trovato alcun credito nell'ambito della comunità scientifica, in quanto priva di riscontri empirici, di coerenza esplicativa o di prove scientifiche. Le scie che i sostenitori della teoria identificano come scie chimiche non hanno alcuna caratteristica che le renda incompatibili con le normali scie di condensazione (inglese: contrails) dei gas di scarico degli aeromobili che, in base alle condizioni atmosferiche e all'intensità del traffico aereo, possono assumere aspetti eterogenei ed inconsueti.[1]
Il presunto rilascio di "scie chimiche" non deve essere confuso con la tecnica detta cloud seeding (inseminazione delle nubi), che consiste nello spargere nuclei di condensazionenelle nubi per stimolare le precipitazioni piovose, tecnica che però ha sempre fornito scarsi effetti e che oggi nel mondo viene quindi poco utilizzata.

Resta sicuramente un'ottima occasione per ammirare splendidi giochi di luce nella volta celeste


giovedì 18 dicembre 2014

Land art Campi Flegrei 2014 - Parco Urbano dei Camaldoli Note a margine

Land art Forma d’arte contemporanea, nota anche come earth artearth works(«arte della terra», «lavori di terra»), sorta intorno al 1967 negli Stati Uniti e caratterizzata dall'abbandono dei mezzi artistici tradizionali per un intervento diretto dell’operatore nella natura e sulla natura.

In tale scelta era insito un rifiuto del museo, come luogo dell’opera d’arte, e del mercato artistico: le opere hanno per lo più carattere effimero e restano affidate specialmente alla documentazione fotografica e video, a progetti, schizzi ecc. Gli artisti che hanno individuato nella natura la loro area operativa, infatti, non puntano tanto al risultato quanto al processo e alla realizzazione di un’esperienza esemplare; donde l’affinità che lega questo tipo di ricerca all'arte concettuale e, più in generale, all'arte di comportamento. (da l'enclopedia Treccani). 

Il rapporto che lega l'individuo all'ambiente  è di primaria importanza, dal momento che la natura fa da sfondo al quadro della nostra esistenza; infatti, siamo destinati a sbocciare e a decomporci nella sua vasta matrice; ma la nostra ambizione ed i nostri talenti, combinandosi, ci inducono a desiderare qualcosa di più della mera sopravvivenza: aspiriamo a lasciare un segno a inscrivere le nostre osservazioni e i nostri gesti nel paesaggio, nel tentativo di interpretare e superare lo spazio in cui viviamo. (da wikipedia).

« L’unico mezzo con cui possiamo preservare la natura è la cultura »
(Wendell Berry)




Il rilancio in chiave culturale dei Campi Flegrei è il principio ispiratore alla base del progetto “Land Art Campi Flegrei” ideato dall’Associazione Leaf, l’ente nato nel 2006 a tutela del territorio a nord-ovest di Napoli. La LAND ART è Arte ecologica per eccellenza e mira ad ampliare le attrattive turistiche dei Campi Flegrei; si tratta della realizzazione di sentieri culturali lungo le aree del parco che si esplicano attraverso l’installazione di opere concettuali tridimensionali, realizzate prevalentemente con materiali naturali locali.
Dubbio antropologico
Le opere realizzate in situ educano, offrono l’opportunità di scoprire nuove relazioni tra: ambiente e comunità, oasi e città, tempo libero e cittadinanza attiva,storia e cultura. Land Art è una forma di arte che esplica la sua forza simbolica con la creazione di istallazioni in situ ed a cielo aperto, rappresentando una delle maggiori correnti creative dal carattere ecologico e sostenibile.



Chi scrive é un assiduo frequentatore del Bosco o Selva dei Camaldoli pertanto ne ha seguito la gestazione nella fase precedente alla sua inaugurazione e parimenti ne ha seguito tutte le vicissitudini sin da quando è stato aperto al pubblico nel 1996. Il Parco è davvero unico, con i suoi oltre 130 ettari, e non può non far piacere che un gruppo di artisti abbia scelto l'unica cornice davvero selvaggia esistente nella nostra città; cosicchè essi hanno potuto esprimersi con un senso di libertà che solo una fitta macchia di castagni può offrire; il tutto nella più completa suggestione di una natura che, per certi versi, si mantiene incontaminata. Quando ne percorro i sentieri mi rendo conto di quanto sono fortunato a vivere non lontano da un luogo così ricco di natura, storia, religiosità e  tradizione. Perchè fino alla seconda metà del novecento  qui si saliva in escursione e mi piace ricordare che lo stesso Benedetto Croce, a soli 24 anni e nel lontano 1890, vi salì in gita con altri illustri soci della sezione napoletana del  Club Alpino Italiano fra cui Vincenzo Volpicelli, Giuseppe de Montemajor, il Conte Ludovico de La Ville sur Yillon e Giuseppe Ceci. Ciò è testimoniato nell'Archivio della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce e precisamente in una delle tre buste che contengono le foto ricordo di quella gita. Francamente ingenera in me commozione il sapere che, forse, ho calcato lo stesso suolo dove é passato l'autore di "Storie e Leggende napoletane". Ironia della sorte anch'io ho fatto parte della stessa sezione del Cai e per un paio d'anni ne ho ricoperto l'incarico di Addetto Stampa. 
percorso nel bosco dei Camaldoli


 decina templare camaldoliIl parco, dicevamo, è anche ricco di storia con i suoi reperti risalenti al neolitico e i suoi colombari e resti di villae di epoca romana; ricco di spiritualità con il suo splendido e panoramico Eremo, oggi gestito dalle Suore Brigidine, posizionato a 485 metri d'altezza; ricco di tradizione antropica per le attività che da sempre caratterizzano il castagneto ceduo. E c'è anche un pizzico di mistero grazie alla presenza dell'antico edificio della Decina ricca di simboli templari o comunque massonici. Anche se è passato un pò di tempo, ma io già mi premurai di dedicare in precedenza una slide fotografica all'evento Land art Campi Flegrei 2014, mi fa piacere tornarne a parlare; sono sicuro che la mia amica e collega Francesca Panico, organizzatrice e portavoce dell'evento ne sarà anch'essa contenta con tutto lo staff organizzativo.

(Antonio Tortora)

martedì 2 dicembre 2014

un'esperienza myst-ica reloaded

dopo un assaggio degli interni

il resto del book fotografico ed il video con tutte le foto in sequenza


Cueva de las manos

Patagonia - monte s.Angelo - album fotografico



Se trata de una de las más grandes descubrimientos realizadas en la zona flegrea el investigador histórico  Antonio Tortora cumplió que demuestra como el hombre, en unos doce mil años,no sea en absoluto cambiado y que pese a la evolución de molde darwiniano aún tiene siempre y sólo dos manos. Fuentes: Scientific American, Science, Nature, The hace, The Lancet ,,Proceedings of the national Academy of Sciences of the United States of America y muchas otras


domenica 30 novembre 2014

Lago d'Averno

Cancello degli inferi, o paradiso in terra?

Il poeta Virgilio nel sesto libro dell'Eneide colloca vicino a tale lago l'ingresso mistico agli Inferi, dove l'eroe Enea deve recarsi (scrupea, tuta lacu nigro nemorumque tenebris VI, 238). 

Oggi sede di più prosaiche attività (come quelle dell'azienda agricola Mirabella)




Osservazioni Antropologiche nei cieli flegrei

“Pregiudizio: Opinione senza fissa dimora e priva di documentabili mezzi di sussistenza”. (Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo, 1911)


“I pregiudizi e tutte le brutture e turpitudini della vita sono utili, perché col tempo si trasformano in qualcosa di utile, come il letame in humus”
Anton Čechov, La corsia n.6, 1892


“La mente aperta conduce alla verità e male che vada alla conoscenza; anche se si perde la giusta via vale la pena tentare”.

Antonio Tortora, La vita presente è l’unica opportunità che non deve essere assolutamente persa, Pseudobiblia 2014



Zona flegrea Osservazioni antropologiche di #antoniotortora   da Monte Sant'Angelo 10/11/2014
delle scie nell'azzurro cielo (un'occasione per ammirare splendidi panorami)