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giovedì 2 luglio 2015

L'INFORMAZIONE IN UN MONDO LIBERO, TRA UTOPIA E REALTA'. IL GIORNALISMO HA I SUOI MARTIRI E SONO NUMEROSI.

Quanti sanno che al Newseum di Washington D.C.- U.S.A. esiste un Journalists Memorial ovvero una parete dove sono incisi i nomi di ben 2084 giornalisti che sono stati uccisi o in missioni all'estero o nell'esercizio delle loro funzioni in patria per mano di organizzazioni criminali? 

Tratto da http://www.newseum.org/

Con l'ultimo inserimento di circa 59 reporters morti in missione nel corso del 2010 e altri 19 morti in precedenza sono stati inseriti anche quattro giornalisti italiani: Giuseppe IMPASTATO fondatore di Radio Aut ucciso dai mafiosi con l'esplosivo. Mauro ROSTAGNO ucciso dai sicari mentre rientrava nella comunità da lui fondata a Trapani; il suo nome è anche riportato nel Journalists Memorial a Bayeux in Francia. Giovanni SPAMPINATO giornalista del quotidiano siciliano L’Ora e de L’Unità per conto dei quali aveva realizzato scottanti inchieste ucciso a soli 26 anni. Cosimo CRISTINA uno dei primi giornalisti italiani a occuparsi di mafia eliminato dalle cosche negli anni '60. Dunque anche e soprattutto questa professione, ritenuta oggi inutile e banale da politicanti corrotti e da gente che non ha la più pallida idea del coraggio che serve e dei rischi che si corrono nel fare notizia, nel fare informazione, nel riportare la verità, nell'investigare non per sè stessi ma nell'interesse di comunità che sono sempre più distratte e inconsapevoli di ciò che accade. E che dire di Giancarlo SIANI ucciso a Napoli nel 1985 dalla camorra con dieci colpi alla testa, di sera, in pieno quartiere Vomero; ci vollero ben 12 anni e tre pentiti per assicurare alla giustizia i suoi assassini. Una sera di qualche tempo fa mi ritrovai a parlare con un mio vecchio collega e amico Maurizio Cerino che a sua volta fu molto amico di Giancarlo Siani quando Il Mattino era diretto da Pasquale Nonno e solo allora mi resi veramente conto di quanto può essere pericoloso il mestiere di giornalista, se fatto con onestà intellettuale e coscienza professionale.
Oggi poi il minimo che può capitare, quando si vanno a toccare certi interessi inconfessabili o gli interessi dei tanti predatori sociali che si nascondono nelle classi dirigenti di un Paese che è uno dei più corrotti al mondo, è la querela intimidatoria che può, in pochissimo tempo, distruggere la vita professionale, familiare e individuale  di un operatore dell'informazione che viene stritolato da una macchina infernale che difficilmente si fermerà.
Ho corso anch'io qualche rischio ma, nonostante tutto, non mi arrendo perchè credo fermamente nel fatto che il giornalismo, con tutti i suoi limiti, le sue incongruenze e i suoi fortissimi condizionamenti, era, è e rimarrà, anche nell'era dei Social, un baluardo straordinario contro l'autoritarismo e contro chi persegue il disegno orribile di un mondo di succubi e schiavi.
C'è una frase, in un mondo di vuoti aforismi estrapolati dai contesti e svuotati di ogni significato, che ritengo essere di fondamentale importanza e che tutti gli operatori dell'informazione, che è cosa ben diversa dalla semplice arte di comunicare, dovrebbero conoscere e su cui dovrebbero meditare. Si tratta di quanto affermò Horacio Verbitsky, giornalista argentino nonchè esponente di Human Rights Watch, nell'opera Un mundo sin periodistas nel 1997: "Giornalismo è diffondere quello che qualcuno non vuole che si sappia, il resto è propaganda ».

Immagine tratta da Newseum
Per saperne di più sul NEWSEUM: http://www.newseum.org/wp-content/uploads/2015/06/Visitors_Guide_IT.pdf (guida in italiano).
Video sul Journalists Memorial (Engl): https://www.youtube.com/watch?t=19&v=JkdyaqJRFaI
Sito di riferimento: http://www.newseum.org/visit/ 


 
Tratto da http://www.newseum.org



Un lettore in merito a un articolo da noi pubblicato sul Social Google+ e afferente alla consegna delle tessere professionali a colleghi neo-iscritti presso l'Ordine dei Giornalisti della Campania  https://plus.google.com/+AntonioTortoraGiornalista/posts/AWG4RNfLWBp ha scritto quanto segue:
"NON SAPEVO CHE LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE NECESSITASSE DI UNA TESSERA CHE SA DI LICENZA DI POLIZIA O DI NULLA OSTA !SIETE CONVINTI DI VIVERE IN UNA DEMOCRAZIA, O VE LO FATE CREDERE ?"
Questa è la risposta che abbiamo formulato e che fedelmente riportiamo: 
"Caro Sergio, nel ringraziarti per il commento ti invito a riflettere che la libertà di espressione è un diritto tutelato costituzionalmente ed è la ragione per cui tu, come chiunque altro, puoi esprimere ciò che pensi liberamente su questo Social o in qualunque altra sede. Il diritto all' informazione è ben altra cosa. Fare il giornalista significa usufruire della libertà di espressione, come qualunque altro cittadino è vero, ma significa anche andare oltre, molto oltre; assumersi la responsabilità di dire la verità, reperire le notizie di interesse pubblico e trattarle nella dovuta maniera, accertare le fonti cosa talvolta difficilissima, essere padroni di tecniche comunicazionali che si apprendono solo dopo lunghi ed estenuanti tirocinii, obbedire ad una catena gerarchica che non esiste solo per dominare ma anche per garantire la libertà del professionista, la correttezza e la pluralità dell'informazione. Per esempio nel corso della mia pluridecennale carriera ho avuto, gerarchicamente parlando, colleghi del corpus redazionale, capiservizio, capiredattori, vice direttori, direttori, editori, proprietari di testate, azionisti di riferimento e tutto ciò che ho scritto e documentato è stato passato al vaglio tecnico e contenutistico da parte di una pluralità di soggetti. Credi che un qualunque cittadino, magari un pò arrabbiato per qualche suo problema personale, magari un pò bravo nello scrivere, magari un pò troppo chiuso nei suoi gusti e nelle sie competenze, magari un pò spaccone per carattere possa essere sottoposto a questo genere di pressioni? In buona sostanza se tu dici che tutta questa libertà non c'è posso anche concordare con te, facendo un'analisi di carattere politico, tuttavia il fatto che noi giornalisti siamo supervisionati da un Ordine professionale, da alcuni Ministeri competenti in materia e dai Tribunali e dalle varie Corti nonchè sottoposti ad una quantità di leggi, statuti, regolamenti, decreti, sentenze e pareri più o meno vincolanti e carte di garanzia e codici etici ci assicura alcune libertà costituzionali, ci consente di avere protezione in caso di abusi da parte di terzi e inoltre serve a offrire ai cittadini un minimo di garanzie proprio in un settore che è il più delicato dell'intero sistema politico e sociale, ovvero quello dell'informazione. Tu pensi davvero che tutta questa gente che riversa tonnellate d'inchiostro sui social o comunque in rete abbia la stoffa per fare il giornalista iscritto a un Ordine come in Italia o a un sindacato come in Francia? Tu pensi che davvero tutto ciò che esce scritto sulle piattaforme telematiche sia frutto di vera libertà e abbia intrinsecamente il rango di informazione diretta al pubblico?
Forse le cose che sto scrivendo non le sai e pertanto per me è un piacere ricordarle anche a me stesso. Purtroppo è vero che molti giornalisti sono venduti e prezzolati dal potere e chi potrebbe negarlo; infatti quelli onesti intellettualmente, come me, pagano un prezzo enorme da un punto di vista professionale, sono più che precari e corrono rischi immensi nello scrivere alcune cose solo perchè non sono contrattualizzati e rivestono la figura di Freelance che in molti casi, e quando vengono pagati, sono costretti ad accettare cifre come 2,50 Euro a pezzo. Si hai capito bene 2,50 a pezzo se veniamo pagati; di ciò ho parlato pubblicamente con uno dei consiglieri dell'Ordine dei Giornalisti proprio qualche giorno fa.
Per curiosità vatti a vedere il numero complessivo di giornalisti che muore, ammazzato ogni anno in giro per il mondo, Italia compresa, per la nostra libertà, per la libertà di tutti i popoli nessuno escluso e scoprirai che solo grazie a loro, miei confratelli di professione, possiamo stare qui a discutere fra di noi. Qualche nome, non senza commozione perchè io questa professione l'amo immensamente, mi corre l'obbligo morale di elencare. Giornalisti assassinati dalla mafia in Sicilia: i quattro cronisti de “L'Ora“ e del “Giornale di Sicilia“ Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato,  Mauro De Mauro e Mario Francese negli Anni Settanta e Ottanta; Giuseppe Fava, fondatore del settimanale I Siciliani; Mauro Rostagno (redattore di una tv privata) nel 1988 e Giuseppe Alfano del quotidiano “La Sicilia“; Giuseppe Impastato, sindacalista, dilaniato da una esplosione, dopo aver denunciato affari mafiosi. Poi il giornalista del Mattino Giancarlo Siani ucciso a Napoli dalla camorra e che ho personalmente conosciuto e il direttore di OP Carmine Pecorelli ucciso nella capitale in circostanze ancora misteriose (per il suo assassinio è stato di recente condannato come mandante il senatore a vita Giulio Andreotti).
Ed ancora: l'ex vicedirettore de La Stampa Carlo Casalegno e l'inviato speciale del Corriere della Sera Walter Tobagi, presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Il triestino Almerigo Grilz dell'agenzia di stampa Albatros fu ucciso in Mozambico nel 1987. Il 20 marzo 1994 furono uccisi insieme in Somalia Ilaria Alpi del Tg3 Rai e il telecineoperatore triestino Miran Hrovatin. Molti non lo sanno ma la nostra mission informativa è talmente pericolosa che fiumi di sangue sono scorsi dappertutto e in ogni circostanza a tal punto che esiste negli Statu Uniti un vero e proprio "Muro della Memoria" nel JOURNALIST MEMORIAL, una suggestiva struttura di vetro, che si trova accanto al New Museum di Arlington-Virginia (USA) dove sono incisi circa 2084 nomi di giornalisti, fotografi e operatori morti nel mondo a partire dal 1812. Tu pensi davvero che se non fosse stato per il sangue di tutti questi martiri dell'informazione e per i sacrifici di decine di migliaia di giovani e di non più giovani come me noi saremmo qui a parlare  e dare per scontato che parlare o scrivere è un diritto?
Così per dare qualche elemento di riflessione, caro Sergio ti abbraccio."
earchabl
earchabl
Journalists Memorial at the Newseum.
Journalists Memorial at the Newseum.
Journalists Memorial at the Newseum.
Journalists Memorial at the Newseum.

venerdì 26 dicembre 2014

Il Manifesto del Web Journalism elaborato da un gruppo di giornalisti tedeschi











                             Quale libertà di stampa?
                              
                             Quale libertà per il Web?

  Lo stato dell'arte in Italia e il Manifesto del Web Journalism


Ciò che non appare è


Utopia o distopia? Fatto sta che i tempi sono cambiati e occorre una buona dose di coraggio per affrontare i cambiamenti. Sono iscritto da molti anni all'Ordine dei Giornalisti e forse non tutto mi convince di ciò che é enunciato nel Manifesto del Web Journalism, per forma e per contenuti. Tuttavia da qualche parte bisogna cominciare ed é giusto che i Blogger tedeschi prima e di tutto il mondo poi ipotizzino una  "Magna Charta Libertatum" del Web, questa volta non in latino come quella che il re d'Inghilterra Giovanni Senzaterra concesse ai baroni del Regno il 15 giugno 1215, bensì in tutte le lingue parlate.

E' evidente che una stretta autoritaria cerca di impedire la libera circolazione delle idee in diversi paesi e il Web viene ritenuto da alcuni governi e da un'infinità di servizi di intelligence uno strumento per controllare e spiare i cittadini; ma questo fatto, espressione di tempi complessi e difficili da vivere, non può e non deve impedire a nessun cittadino del mondo di rinunciare ai propri diritti soprattutto in materia di circolazione delle idee. Anche se noi giornalisti, almeno in Italia, siamo iscritti per legge a un Ordine Professionale sottoposto alla vigilanza dello Stato, potenzialmente e con lo svilupparsi di nuove e potenti tecnologie, i cittadini possono diventare tutti operatori dell'informazione, in qualunque momento, trattando gli argomenti più disparati e con tutti i mezzi a disposizione.

"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" recita l'articolo 21 della Costituzione italiana" e inoltre "La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure". Naturalmente ciò non sempre accade e di autorizzazioni, in un paese burocratizzato e accentratore come il nostro, e di censure, laddove vige ancora un sistema normativo e giuridico che affonda le sue radici nei primo decenni del '900 e in qualche caso anche alla fine dell'800, caso unico al mondo, c'é poco da stare sereni quando si mette penna in carta. Orbene, finché l'art.21 della Costituzione rimarrà in vigore e non sarà eliminato nè tantomeno stravolto a causa della frenesia riformista e riformatrice, ci sarà sempre un margine di trattativa fra chi eserciterà il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni o di fare informazione libera e affrancata da ogni condizionamento e chi, invece, teme la libera espressione e l'informazione veritiera. 

Alla luce di quanto affermato ben venga il Manifesto del Web Journalism.
Per la Freedom House (https://www.freedomhouse.org/) l'Italia non é affatto un paese libero e lo dimostra il fatto che, unitamente alla Turchia, figura fra i due soli paesi europei occidentali nella lista di quelli "parzialmente liberi", formula che, ovviamente deve essere interpretata come un eufemismo con forzatura retorica in eccesso e certamente non in difetto. Cosicché questo dato sta a significare che ci sono alcuni paesi comunisti dell'Europa orientale che godono di maggiore libertà. E' un paradosso per tutti ma per un operatore dell'informazione ciò costituisce un dramma.
Inoltre e drammaticamente anche Reporters sans frontières il cui sito di riferimento internazionale è Reporters Without Borders (http://en.rsf.org/), va giù duro e pone l'Italia al 57° posto per la libertà di stampa, con una censura feroce che opera nei confronti di tutti i mezzi di comunicazione, dalla televisione alla stampa senza lasciare indenne neanche Internet. (Antonio Tortora)

Nell'interesse di tutti

Versione italiana dei 17 punti del Manifesto del Web Journalism:


1. "Internet è diverso" Il nuovo mezzo di comunicazione è molto differente rispetto agli altri media. Chi vuol lavorare nel campo dell'informazione deve adattare i propri metodi di lavoro alla realtà tecnologica di oggi invece di ignorare e contestare il mondo multimediale. Bisogna produrre prodotti giornalisti nuovi e migliori.
2. "Internet è un impero mediatico tascabile" Grazie a internet è possibile fare dell'ottimo giornalismo anche senza immensi investimenti. Il web riorganizza le strutture esistenti dei media abbattenndo gli antichi confini che esistevano tra giornali, televisione, radio etc.
3."Internet è la nostra società e la nostra società è internet"  Wikipedia, YouTube e i social network sono diventati una parte della vita quotidiana per la maggioranza delle persone nel mondo occidentale. I mezzi di comunicazione, se intendono sopravvivere alla rivoluzione tecnologica contemporanea, devono capire i legittimi interessi dei nuovi utenti e abbracciare le loro forme di comunicazione.
4. "La libertà di internet è inviolabile" Il giornalismo del XXI secolo che comunica digitalmente deve adattarsi all'architettura aperta di Internet. Non è ammissibile che si limiti questa libertà in nome di interessi particolari commerciali o politici, spesso presentati come interessi generali. Bloccare parzialmente l'accesso a internet mette a repentaglio il libero flusso delle informazioni e il diritto fondamentale di informarsi.
5. "Internet è la vittoria dell'informazione" Per la prima volta grazie a Internet l'utente può scegliere realmente come informarsi e attraverso i motori di ricerca attingere a un patrimonio d'informazione immenso.
6. "I cambiamenti apportati da Internet migliorano il giornalismo" Grazie a internet il giornalismo può svolgere un'azione socio-educativa completamente nuova. Ciò significa presentare notizie in continuo cambiamento attraverso un processo inarrestabile. Chi vuol praticare il giornalismo deve essere stimolato da un nuovo idealismo e capire che le risorse offerte da internet sono un incredibile stimolo a migliorare.
7. "La rete richiede collegamenti" La rete è fatta di collegamenti. Chi non li usa si autoesclude dal dibattito sociale e ciò vale anche per i siti web dei tradizionali mezzi di comunicazione.
8. "Linkare premia, citare abbellisce" Chi fa giornalismo online deve offrire all'utente un prodotto sempre più completo. Linkare le fonti e citarle permette di conoscere direttamente e più ampiamente i temi di cui si dibatte.
9. "Internet è la nuova sede per il discorso politico" Il giornalismo del XXI secolo deve fare in modo che il dibattito politico si trasferisca sempre di più sulla rete così il pubblico potrà partecipare direttamente ai discorsi politici e dire la sua.
10. "Oggi libertà di stampa significa libertà d'opinione"  I giornalisti non devono temere che la rete possa sminuire il loro compito di selezionare le notizie e informare. La vera dicotomia che invece internet realizza è quella tra il buon e cattivo giornalismo.
11. "Sempre di più: le informazioni non sono mai troppe" Sin dall'antichità l'umanità ha capito che più informazioni si hanno più è grande la libertà. Internet è il mezzo che può più di tutti può allargare la nostra libertà.
12. "La tradizione non è un modello di business" Come dimostra già la realtà odierna è possibile fare buon giornalismo su internet e guadagnare denaro. Non bisogna ignorare lo sviluppo tecnologico solo perché secondo alcuni distruggerà le aziende giornalistiche, ma bisogna avere il coraggio di investire e ampliare la piattaforma multimediale.
13. “Il diritto d'autore diventa un dovere civico su Internet” La rete deve rispettare il diritto d'autore, ma anche il sistema del copyright deve adattarsi ai nuovi modelli di distribuzione e non chiudersi nei meccanismi di approvvigionamento del passato.
14. "Internet ha molte valute" Il modo più tradizionale di finanziare i giornali online è attraverso la pubblicità. Altri modi per finanziare i prodotti giornalistici devono esseri testati.
15. “Cio' che rimane sulla rete resta sulla rete” Il giornalismo del XXI secolo non è più qualcosa di transitorio. Grazie alla rete tutto rimane nella memoria degli archivi e dei motori di ricerca e ciò fa in modo che testi, suoni e immagini siano recuperabili e rappresentino fonti di storia contemporanea. Ciò stimola a sviluppare un livello qualitativo sempre migliore.
16. "La qualità resta la più importante delle qualità" Le richieste degli utenti sono sempre maggiori. Perché un utente resti fedele ad un particolare giornale online, quest'ultimo deve garantire qualità e soddisfare le richieste del lettore senza rinunciare ai propri principi.
17. "Tutto per tutti" Internet ha dimostrato che l'utente giornalistico del XXI secolo è esigente e nel caso di un dubbio su un articolo è pronto a studiare la fonte per essere maggiormente informato. I giornalisti del XXI secolo che il lettore cerca non sono quelli che offrono solo risposte, ma quelli che sono disposti a comunicare e a indagare.


Non è il mondo che vogliamo


Versione originale in inglese dei 17 punti del Manifesto del Web Journalism:

1. The Internet is different.

It produces different public spheres, different terms of trade and different cultural skills. The media must adapt their work methods to today’s technological reality instead of ignoring or challenging it.  It is their duty to develop the best possible form of journalism based on the available technology. This includes new journalistic products and methods.

2. The Internet is a pocket-sized media empire.

The web rearranges existing media structures by transcending their former boundaries and oligopolies. The publication and dissemination of media contents are no longer tied to heavy investments. Journalism’s self-conception is—fortunately—being cured of its gatekeeping function. All that remains is the journalistic quality through which journalism distinguishes itself from mere publication.

3. The Internet is our society is the Internet.

Web-based platforms like social networks, Wikipedia or YouTube have become a part of everyday life for the majority of people in the western world. They are as accessible as the telephone or television. If media companies want to continue to exist, they must understand the lifeworld of today’s users and embrace their forms of communication. This includes basic forms of social communication: listening and responding, also known as dialog.

4. The freedom of the Internet is inviolable.

The Internet’s open architecture constitutes the basic IT law of a society which communicates digitally and, consequently, of journalism. It may not be modified for the sake of protecting the special commercial or political interests often hidden behind the pretense of public interest. Regardless of how it is done, blocking access to the Internet endangers the free flow of information and corrupts our fundamental right to a self-determined level of information.

5. The Internet is the victory of information.

Due to inadequate technology, media companies, research centers, public institutions and other organizations compiled and classified the world’s information up to now. Today every citizen can set up her own personal news filter while search engines tap into wealths of information of a magnitude never before known. Individuals can now inform themselves better than ever.

6. The Internet changes improves journalism.

Through the Internet, journalism can fulfill its social-educational role in a new way. This includes presenting information as an ever-changing, continual process; the forfeiture of print media’s inalterability is a benefit. Those who want to survive in this new world of information need a new idealism, new journalistic ideas and a sense of pleasure in exploiting this new potential.

7. The net requires networking.

Links are connections. We know each other through links. Those who do not use them exclude themselves from social discourse. This also holds for the websites of traditional media companies.

8. Links reward, citations adorn.

Search engines and aggregators facilitate quality journalism: they boost the findability of outstanding content over a long-term basis and are thus an integral part of the new, networked public sphere. References through links and citations—especially including those made without any consent or even remuneration of the originator—make the very culture of networked social discourse possible in the first place. They are by all means worthy of protection.

9. The Internet is the new venue for political discourse.

Democracy thrives on participation and freedom of information. Transferring the political discussion from traditional media to the Internet and expanding on this discussion by involving the active participation of the public is one of journalism’s new tasks.

10. Today’s freedom of the press means freedom of opinion.

Article 5 of the German Constitution does not comprise protective rights for professions or technically traditional business models. The Internet overrides the technological boundaries between the amateur and professional. This is why the privilege of freedom of the press must hold for anyone who can contribute to the fulfillment of journalistic duties. Qualitatively speaking, no differentiation should be made between paid and unpaid journalism, but rather, between good and poor journalism.

11. More is more – there is no such thing as too much information.

Once upon a time, institutions such as the church prioritized power over personal awareness and warned of an unsifted flood of information when the letterpress was invented. On the other hand were the pamphleteers, encyclopaedists and journalists who proved that more information leads to more freedom, both for the individual as well as society as a whole. To this day, nothing has changed in this respect.

12. Tradition is not a business model.

Money can be made on the Internet with journalistic content. There are many examples of this today already. Yet because the Internet is fiercely competitive, business models have to be adapted to the structure of the net. No one should try to abscond from this essential adaptation through policy-making geared to preserving the status quo. Journalism needs open competition for the best refinancing solutions on the net, along with the courage to invest in the multifaceted implementation of these solutions.

13. Copyright becomes a civic duty on the Internet.

Copyright is a cornerstone of information organization on the Internet. Originators’ rights to decide on the type and scope of dissemination of their contents are also valid on the net. At the same time, copyright may not be abused as a lever to safeguard obsolete supply mechanisms and shut out new distribution models or license schemes. Ownership entails obligations.

14. The Internet has many currencies.

Journalistic online services financed through adverts offer content in exchange for a pull effect. A reader’s, viewer’s or listener’s time is valuable. In the industry of journalism, this correlation has always been one of the fundamental tenets of financing. Other forms of refinancing which are journalistically justifiable need to be forged and tested.

15. What’s on the net stays on the net.

The Internet is lifting journalism to a new qualitative level. Online, text, sound and images no longer have to be transient. They remain retrievable, thus building an archive of contemporary history. Journalism must take the development of information, its interpretation and errors into account, i.e., it must admit its mistakes and correct them in a transparent manner.

16. Quality remains the most important quality.

The Internet debunks homogenous bulk goods. Only those who are outstanding, credible and exceptional will gain a steady following in the long run. Users’ demands have increased. Journalism must fulfill them and abide by its own frequently formulated principles.

17. All for all.

The web constitutes an infrastructure for social exchange superior to that of 20th century mass media: When in doubt, the “generation Wikipedia” is capable of appraising the credibility of a source, tracking news back to its original source, researching it, checking it and assessing it—alone or as part of a group effort. Journalists who snub this and are unwilling to respect these skills are not taken seriously by these Internet users. Rightly so. The Internet makes it possible to communicate directly with those once known as recipients—readers, listeners and viewers—and to take advantage of their knowledge. Not the journalists who know it all are in demand, but those who communicate and investigate.
Internet, 07.09.2009
Translated from the German by Jenna L. Brinning