Quanti sanno che al Newseum di Washington D.C.- U.S.A. esiste un
Journalists Memorial ovvero una parete dove sono incisi i nomi di ben
2084 giornalisti che sono stati uccisi o in missioni all'estero o
nell'esercizio delle loro funzioni in patria per mano di organizzazioni
criminali?
Tratto da http://www.newseum.org/ |
Con l'ultimo inserimento di circa 59 reporters morti in missione nel corso del 2010 e altri 19 morti in precedenza sono stati inseriti anche quattro giornalisti italiani: Giuseppe IMPASTATO fondatore di Radio Aut ucciso dai mafiosi con l'esplosivo. Mauro ROSTAGNO ucciso dai sicari mentre rientrava nella comunità da lui fondata a Trapani; il suo nome è anche riportato nel Journalists Memorial a Bayeux in Francia. Giovanni SPAMPINATO giornalista del quotidiano siciliano L’Ora e de L’Unità per conto dei quali aveva realizzato scottanti inchieste ucciso a soli 26 anni. Cosimo CRISTINA uno dei primi giornalisti italiani a occuparsi di mafia eliminato dalle cosche negli anni '60. Dunque anche e soprattutto questa professione, ritenuta oggi inutile e banale da politicanti corrotti e da gente che non ha la più pallida idea del coraggio che serve e dei rischi che si corrono nel fare notizia, nel fare informazione, nel riportare la verità, nell'investigare non per sè stessi ma nell'interesse di comunità che sono sempre più distratte e inconsapevoli di ciò che accade. E che dire di Giancarlo SIANI ucciso a Napoli nel 1985 dalla camorra con dieci colpi alla testa, di sera, in pieno quartiere Vomero; ci vollero ben 12 anni e tre pentiti per assicurare alla giustizia i suoi assassini. Una sera di qualche tempo fa mi ritrovai a parlare con un mio vecchio collega e amico Maurizio Cerino che a sua volta fu molto amico di Giancarlo Siani quando Il Mattino era diretto da Pasquale Nonno e solo allora mi resi veramente conto di quanto può essere pericoloso il mestiere di giornalista, se fatto con onestà intellettuale e coscienza professionale.
Oggi poi il minimo che può capitare, quando si vanno a toccare certi interessi inconfessabili o gli interessi dei tanti predatori sociali che si nascondono nelle classi dirigenti di un Paese che è uno dei più corrotti al mondo, è la querela intimidatoria che può, in pochissimo tempo, distruggere la vita professionale, familiare e individuale di un operatore dell'informazione che viene stritolato da una macchina infernale che difficilmente si fermerà.
Ho corso anch'io qualche rischio ma, nonostante tutto, non mi arrendo perchè credo fermamente nel fatto che il giornalismo, con tutti i suoi limiti, le sue incongruenze e i suoi fortissimi condizionamenti, era, è e rimarrà, anche nell'era dei Social, un baluardo straordinario contro l'autoritarismo e contro chi persegue il disegno orribile di un mondo di succubi e schiavi.
C'è una frase, in un mondo di vuoti aforismi estrapolati dai contesti e svuotati di ogni significato, che ritengo essere di fondamentale importanza e che tutti gli operatori dell'informazione, che è cosa ben diversa dalla semplice arte di comunicare, dovrebbero conoscere e su cui dovrebbero meditare. Si tratta di quanto affermò Horacio Verbitsky, giornalista argentino nonchè esponente di Human Rights Watch, nell'opera Un mundo sin periodistas nel 1997: "Giornalismo è diffondere quello che qualcuno non vuole che si sappia, il resto è propaganda ».
Immagine tratta da Newseum |
Per saperne di più sul NEWSEUM: http://www.newseum.org/wp-content/uploads/2015/06/Visitors_Guide_IT.pdf (guida in italiano).
Video sul Journalists Memorial (Engl): https://www.youtube.com/watch?t=19&v=JkdyaqJRFaI
Sito di riferimento: http://www.newseum.org/visit/
Tratto da http://www.newseum.org |
Un lettore in merito a un articolo da noi pubblicato sul Social Google+ e afferente alla consegna delle tessere professionali a colleghi neo-iscritti presso l'Ordine dei Giornalisti della Campania https://plus.google.com/+AntonioTortoraGiornalista/posts/AWG4RNfLWBp ha scritto quanto segue:
"NON SAPEVO CHE LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE NECESSITASSE DI UNA TESSERA CHE SA DI LICENZA DI POLIZIA O DI NULLA OSTA !SIETE CONVINTI DI VIVERE IN UNA DEMOCRAZIA, O VE LO FATE CREDERE ?"
Questa è la risposta che abbiamo formulato e che fedelmente riportiamo:
"Caro
Sergio, nel ringraziarti per il commento ti invito a riflettere che la
libertà di espressione è un diritto tutelato costituzionalmente ed è la
ragione per cui tu, come chiunque altro, puoi esprimere ciò che pensi
liberamente su questo Social o in qualunque altra sede. Il diritto all'
informazione è ben altra cosa. Fare il giornalista significa usufruire
della libertà di espressione, come qualunque altro cittadino è vero, ma
significa anche andare oltre, molto oltre; assumersi la responsabilità
di dire la verità, reperire le notizie di interesse pubblico e trattarle
nella dovuta maniera, accertare le fonti cosa talvolta difficilissima,
essere padroni di tecniche comunicazionali che si apprendono solo dopo
lunghi ed estenuanti tirocinii, obbedire ad una catena gerarchica che
non esiste solo per dominare ma anche per garantire la libertà del
professionista, la correttezza e la pluralità dell'informazione. Per
esempio nel corso della mia pluridecennale carriera ho avuto,
gerarchicamente parlando, colleghi del corpus redazionale, capiservizio,
capiredattori, vice direttori, direttori, editori, proprietari di
testate, azionisti di riferimento e tutto ciò che ho scritto e
documentato è stato passato al vaglio tecnico e contenutistico da parte
di una pluralità di soggetti. Credi che un qualunque cittadino, magari
un pò arrabbiato per qualche suo problema personale, magari un pò bravo
nello scrivere, magari un pò troppo chiuso nei suoi gusti e nelle sie
competenze, magari un pò spaccone per carattere possa essere sottoposto a
questo genere di pressioni? In buona sostanza se tu dici che tutta
questa libertà non c'è posso anche concordare con te, facendo un'analisi
di carattere politico, tuttavia il fatto che noi giornalisti siamo
supervisionati da un Ordine professionale, da alcuni Ministeri
competenti in materia e dai Tribunali e dalle varie Corti nonchè
sottoposti ad una quantità di leggi, statuti, regolamenti, decreti,
sentenze e pareri più o meno vincolanti e carte di garanzia e codici
etici ci assicura alcune libertà costituzionali, ci consente di avere
protezione in caso di abusi da parte di terzi e inoltre serve a offrire
ai cittadini un minimo di garanzie proprio in un settore che è il più
delicato dell'intero sistema politico e sociale, ovvero quello
dell'informazione. Tu pensi davvero che tutta questa gente che riversa
tonnellate d'inchiostro sui social o comunque in rete abbia la stoffa
per fare il giornalista iscritto a un Ordine come in Italia o a un
sindacato come in Francia? Tu pensi che davvero tutto ciò che esce
scritto sulle piattaforme telematiche sia frutto di vera libertà e abbia
intrinsecamente il rango di informazione diretta al pubblico?
Forse le cose che sto scrivendo non le sai e pertanto per me è un piacere ricordarle anche a me stesso. Purtroppo è vero che molti giornalisti sono venduti e prezzolati dal potere e chi potrebbe negarlo; infatti quelli onesti intellettualmente, come me, pagano un prezzo enorme da un punto di vista professionale, sono più che precari e corrono rischi immensi nello scrivere alcune cose solo perchè non sono contrattualizzati e rivestono la figura di Freelance che in molti casi, e quando vengono pagati, sono costretti ad accettare cifre come 2,50 Euro a pezzo. Si hai capito bene 2,50 a pezzo se veniamo pagati; di ciò ho parlato pubblicamente con uno dei consiglieri dell'Ordine dei Giornalisti proprio qualche giorno fa.
Per curiosità vatti a vedere il numero complessivo di giornalisti che muore, ammazzato ogni anno in giro per il mondo, Italia compresa, per la nostra libertà, per la libertà di tutti i popoli nessuno escluso e scoprirai che solo grazie a loro, miei confratelli di professione, possiamo stare qui a discutere fra di noi. Qualche nome, non senza commozione perchè io questa professione l'amo immensamente, mi corre l'obbligo morale di elencare. Giornalisti assassinati dalla mafia in Sicilia: i quattro cronisti de “L'Ora“ e del “Giornale di Sicilia“ Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Mauro De Mauro e Mario Francese negli Anni Settanta e Ottanta; Giuseppe Fava, fondatore del settimanale I Siciliani; Mauro Rostagno (redattore di una tv privata) nel 1988 e Giuseppe Alfano del quotidiano “La Sicilia“; Giuseppe Impastato, sindacalista, dilaniato da una esplosione, dopo aver denunciato affari mafiosi. Poi il giornalista del Mattino Giancarlo Siani ucciso a Napoli dalla camorra e che ho personalmente conosciuto e il direttore di OP Carmine Pecorelli ucciso nella capitale in circostanze ancora misteriose (per il suo assassinio è stato di recente condannato come mandante il senatore a vita Giulio Andreotti).
Ed ancora: l'ex vicedirettore de La Stampa Carlo Casalegno e l'inviato speciale del Corriere della Sera Walter Tobagi, presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Il triestino Almerigo Grilz dell'agenzia di stampa Albatros fu ucciso in Mozambico nel 1987. Il 20 marzo 1994 furono uccisi insieme in Somalia Ilaria Alpi del Tg3 Rai e il telecineoperatore triestino Miran Hrovatin. Molti non lo sanno ma la nostra mission informativa è talmente pericolosa che fiumi di sangue sono scorsi dappertutto e in ogni circostanza a tal punto che esiste negli Statu Uniti un vero e proprio "Muro della Memoria" nel JOURNALIST MEMORIAL, una suggestiva struttura di vetro, che si trova accanto al New Museum di Arlington-Virginia (USA) dove sono incisi circa 2084 nomi di giornalisti, fotografi e operatori morti nel mondo a partire dal 1812. Tu pensi davvero che se non fosse stato per il sangue di tutti questi martiri dell'informazione e per i sacrifici di decine di migliaia di giovani e di non più giovani come me noi saremmo qui a parlare e dare per scontato che parlare o scrivere è un diritto?
Così per dare qualche elemento di riflessione, caro Sergio ti abbraccio."
Forse le cose che sto scrivendo non le sai e pertanto per me è un piacere ricordarle anche a me stesso. Purtroppo è vero che molti giornalisti sono venduti e prezzolati dal potere e chi potrebbe negarlo; infatti quelli onesti intellettualmente, come me, pagano un prezzo enorme da un punto di vista professionale, sono più che precari e corrono rischi immensi nello scrivere alcune cose solo perchè non sono contrattualizzati e rivestono la figura di Freelance che in molti casi, e quando vengono pagati, sono costretti ad accettare cifre come 2,50 Euro a pezzo. Si hai capito bene 2,50 a pezzo se veniamo pagati; di ciò ho parlato pubblicamente con uno dei consiglieri dell'Ordine dei Giornalisti proprio qualche giorno fa.
Per curiosità vatti a vedere il numero complessivo di giornalisti che muore, ammazzato ogni anno in giro per il mondo, Italia compresa, per la nostra libertà, per la libertà di tutti i popoli nessuno escluso e scoprirai che solo grazie a loro, miei confratelli di professione, possiamo stare qui a discutere fra di noi. Qualche nome, non senza commozione perchè io questa professione l'amo immensamente, mi corre l'obbligo morale di elencare. Giornalisti assassinati dalla mafia in Sicilia: i quattro cronisti de “L'Ora“ e del “Giornale di Sicilia“ Cosimo Cristina, Giovanni Spampinato, Mauro De Mauro e Mario Francese negli Anni Settanta e Ottanta; Giuseppe Fava, fondatore del settimanale I Siciliani; Mauro Rostagno (redattore di una tv privata) nel 1988 e Giuseppe Alfano del quotidiano “La Sicilia“; Giuseppe Impastato, sindacalista, dilaniato da una esplosione, dopo aver denunciato affari mafiosi. Poi il giornalista del Mattino Giancarlo Siani ucciso a Napoli dalla camorra e che ho personalmente conosciuto e il direttore di OP Carmine Pecorelli ucciso nella capitale in circostanze ancora misteriose (per il suo assassinio è stato di recente condannato come mandante il senatore a vita Giulio Andreotti).
Ed ancora: l'ex vicedirettore de La Stampa Carlo Casalegno e l'inviato speciale del Corriere della Sera Walter Tobagi, presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Il triestino Almerigo Grilz dell'agenzia di stampa Albatros fu ucciso in Mozambico nel 1987. Il 20 marzo 1994 furono uccisi insieme in Somalia Ilaria Alpi del Tg3 Rai e il telecineoperatore triestino Miran Hrovatin. Molti non lo sanno ma la nostra mission informativa è talmente pericolosa che fiumi di sangue sono scorsi dappertutto e in ogni circostanza a tal punto che esiste negli Statu Uniti un vero e proprio "Muro della Memoria" nel JOURNALIST MEMORIAL, una suggestiva struttura di vetro, che si trova accanto al New Museum di Arlington-Virginia (USA) dove sono incisi circa 2084 nomi di giornalisti, fotografi e operatori morti nel mondo a partire dal 1812. Tu pensi davvero che se non fosse stato per il sangue di tutti questi martiri dell'informazione e per i sacrifici di decine di migliaia di giovani e di non più giovani come me noi saremmo qui a parlare e dare per scontato che parlare o scrivere è un diritto?
Così per dare qualche elemento di riflessione, caro Sergio ti abbraccio."
earchabl
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Journalists Memorial at the Newseum.
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Journalists Memorial at the Newseum.
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