E' vero che già abbiamo dedicato una intera sezione del nostro sito al Lago d'Averno ma è altrettanto vero che ogni escursione ci consente di scoprire cose nuove e di provare emozioni forti.
Per questa ragione ci siamo recati, con il collega Danilo Capone, presso le sponde di un Lago che idealmente da un punto di vista culturale e geograficamente dal punto di vista della colonizzazione greca, delimita i confini nord di quella importantissima area che da tempo immemore è stata definita Magna Grecia; qui i coloni calcidesi-euboici, più o meno fra l'VIII° e il VII° secolo a. C., colonizzarono l'area flegrea e principalmente Kyme (Cuma) subito dopo aver fondato Pithecusa (Ischia). Ci troviamo, stando a Publio Ovidio Nasone che ne riferisce nei Fasti una delle sue opere più difficili, in quello che è il nucleo vero e originario dell'Italia, affermando"Itala nam tellus Graecia maior erat" ovvero "Ciò che chiamiamo Italia era Magna Grecia". Ma torniamo al Lago d'Averno, resistendo alla tentazione di dilungarci troppo, e ci piace narrare di una tradizione medievale, risalente a colui che amava definirsi Petrus ultimus monachorum servus ovvero a San Pier Damiani che raccontò, a proposito del Lago flegreo, la seguente storia. Ogni sabato sera un nutrito stormo di uccelli neri compariva, come d'incanto, sullo specchio d'acqua e cominciava a svolazzare di continuo e senza mai fermarsi neanche per mangiare e bere; nessuno poteva catturarli neanche con le reti perchè apparivano come figure spettrali, diremo oggi ectoplasmatiche ovvero visibili ma non consistenti dal punto di vista materiale. Poi all'inizio della settimana, con estrema puntualità compariva un corvo nero dalle proporzioni colossali che con un forte gracchiare li chiamava a raccolta obbligandoli a gettarsi nelle acque nere e impenetrabili allo sguardo. Si trattava secondo, il ravennate Dottore della Chiesa, delle anime dei defunti che nel dies dominicus avevano il privilegio, per dono divino, di rimanere distanti dagli ordinari e terribili supplizi infernali.
Slide Fotografica di Antonio Tortora
Bene noi ci siamo recati nel celebre luogo virgiliano, dove popolazioni Cimmerie abitano in città sotterranee a guardia dell'ingresso dell'Ade, per verificare quanto riportato dalla leggenda medievale, violando la "spelonca" e l'"ampia vorago", la "scheggiosa roccia" e "le selve annose e folte" (libro VI° dell'Eneide); ma, in verità, di anime dei defunti non ne abbiamo incontrate, per fortuna; e ciò nonostante la suggestione derivante dal visitare il Tempio di Apollo sia stata davvero forte e irripetibile. Stiamo parlando di un'opera gigantesca che è stata considerata dallo stesso Amedeo Maiuri: "fra le più imponenti costruzioni circolari con volta a cupola dell'architettura romana, con un diametro di circa 38 metri e un'altezza di soli cinque metri inferiore a quella del Pantheon".
Così come l'ecista, ovvero colui che oltre a consultare l'Oracolo di Apollo nel Santuario di Delfi era anche destinato a conservare e trasportare il fuoco sacro dalla città d'origine al sito dove sarebbe sorta la colonia, anche noi al cospetto delle possenti mura del tempio abbiamo rivolto qualche domanda all'Oracolo impersonando ora Archia o Evarco, ora Falanto o Lamis (fra i più noti ecisti dell'antichità); ma di risposte non ne abbiamo avute, almeno per il momento. Il mistero dell'Averno, dei ruderi e delle grotte abitate da Sibille che lo circondano rimane inviolato. Ma torneremo per altre escursioni per saperne di più.
E' un'esperienza straordinaria che consigliamo a tutti gli appassionati dei Campi Flegrei.
Foto di Antonio Tortora |
Antonio Tortora sulle sponde del Lago d'Averno (Foto di D.Capone) |
Danilo Capone nei ruderi del Tempio di Apolllo (Foto di A.Tortora) |
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