Articolo apparso su Napoli.com a firma di Antonio Tortora il 9 marzo 2011

Le tre Istituzioni, apparentemente diverse fra loro, sono in realtà accomunate da una serie di elementi che, col passare del tempo le faranno diventare il nucleo fondante di un più vasto percorso che potrebbe arricchirsi di molti altri siti fra cui il Museo Diocesano di Donnaregina Nuova, il Duomo, la Quadreria dei Girolamini e il Museo Filangieri per citarne alcuni fra i più importanti.


Un modo davvero inusuale e finanche troppo diretto per accogliere i fedeli in preghiera che vengono, sin da subito, investiti dal quel “memento mori” dei monaci trappisti che nella loro stretta clausura e sin dal 1140 usavano scavare quotidianamente un po’ di fossa in cui sarebbero stati seppelliti appena morti. “Ricordati che devi morire” era ed è il monito per tutti, visitatori, fedeli, turisti e semplici passanti.
Qualcuno la chiama anche Chiesa delle “cento Messe” perché nel mese di novembre viene celebrata una funzione religiosa in suffragio per i defunti e dunque per tutte le anime del purgatorio i cui resti mortali, ancora oggi e a distanza di secoli, vengono conservati in quel grande e austero ipogeo che costituisce una vera e propria chiesa inferiore con tanto di cappelle laterali e altare centrale.
Ma andiamo per ordine e accenniamo alla storia della chiesa che sorse agli inizi del ‘600 grazie al nobile avvocato napoletano Pietro Antonio Mastrilli che ne finanziò la costruzione e alla volontà di un gruppo di laici appartenenti alle più nobili famiglie cittadine, riuniti nell’Opera Pia Purgatorio ad Arco, che oltre a occuparsi attivamente di assistenza e beneficenza nei confronti dei più poveri vollero anche istituire pratiche devozionali riguardanti la cura delle anime del Purgatorio.



Qui la pietas cristiana è ben spiegata dalle forme che Onofrio Tango e i marmorari Donato Vannelli e Domenico Agliani prima e lo scultore Giuseppe De Marino poi hanno elaborato per introdurre il fedele in quel trionfo aureo dove i pittori Girolamo de Magistero, Andrea Vaccaro, Luca Giordano, Giacomo Farelli e gli scultori Ceccardo Bernucci e Giovan Domenico Monterosso lo accompagnano al cospetto della “Madonna con le anime del Purgatorio” capolavoro di Massimo Stanzione.
E’ in questo quadro che si chiarisce, alla luce del dogma di fede e di un simbolismo che ancora resiste, il passaggio che dalla morte conduce l’anima al Purgatorio e finalmente al Paradiso, e ciò deve avvenire non senza l’intercessione della Madonna che è raffigurata nell’atto di indicare le anime meritevoli di essere salvate per l’eternità.


Il rito tecnicamente si chiama “o refrisco” (refrigerio) e prevede che, in seguito all’agognato raggiungimento del Paradiso l’anima adottata restituisca il favore intercedendo a sua volta presso l’Altissimo per migliorare la vita terrena del fedele che ha chiesto la grazia.
Cosicché sono visibili, davanti agli scarabattoli e alle edicole contenenti resti umani ossei e crani, tanti ex voto che testimoniano la grazia ricevuta e il sentimento di riconoscenza del fedele che ha tanto pregato e che ha avuto la sensibilità di adottare ”l’anima pezzentella” con cui si é stabilito, incredibilmente, un rapporto stabile e duraturo. Dobbiamo deludere coloro che pensano che si tratti di usanze ormai non più praticate infatti “anche di recente e nonostante la proibizione di questa pratica da parte del Cardinale Ursi datata 1969 il culto non si è mai del tutto estinto – ci dice Vittoria Vaino esponente dell’Associazione Progetto Museo (progettomuseo@email.it) e referente della Chiesa di Purgatorio ad Arco – addirittura stiamo pensando di tesserare i veri fedeli al fine di arricchire la già cospicua documentazione d’archivio in possesso dell’Opera Pia”.
Infatti la continuità di questo singolare culto, unitamente alle testimonianze contemporanee, potrebbe rivestire una grande importanza dal punto di vista antropologico visto che alcuni crani vengono ancora adottati per le più svariate ragioni ma anche in virtù del loro potere taumaturgico.

Le urne devozionali conservate all’interno degli ambienti ipogei della Chiesa non sono più moltissime in seguito alla loro perdita e ai trasferimenti disposti in più fasi dalla Soprintendenza anche dopo il sisma dell’80 che danneggiò l’intera struttura; tuttavia alcune “Maste” cioè donne del popolo particolarmente devote, ancora ricercano anime cui tributare cure amorevoli e preghiere mentre le zitelle tendono a rivolgersi alla velata Lucia per trovare marito.
Tracce sporadiche di una fede profonda e radicata nel tempo che non può andare perduta.
Per la stessa ragione i numerosi oggetti antichi, sei – ottocenteschi, racchiusi in mobili di mogano e di noce pregiati sono stati catalogati ed esposti presso il Museo dell’Opera Pia allestito all’interno della sagrestia. Si tratta di preziosissimi paramenti sacri ricamati in argento, oro e sete policrome, rari manoscritti, una trentina di pezzi che testimoniano l’arte argentaria napoletana, dipinti del seicento e del settecento ed infine ex voto che testimoniano la pietà popolare.
Anche in questo caso la visita riserva piacevoli sorprese introducendo l’osservatore in una bolla spazio-temporale in cui il barocco si mostra in tutte le forme più sgargianti nonostante l’austerità dell’ipogeo, delle tombe terragne e dei sotterranei che, attualmente, sono interdetti al pubblico.
Croci dorate e una cupola splendida per la chiesa di superficie, croci nere,altari spogli e anguste grate per la chiesa ipogea a simboleggiare il Paradiso al vertice e il Purgatorio in quella zona mediana dove ci si purifica dai peccati.
Un viaggio ascensionale fatto anche di musica grazie a due organi riparati da Francesco Cimmino due secoli fa e da cori composti non da sacerdoti bensì da coristi e cantori di professione con cui si formavano veri e propri ensemble, per cantare spiritual ante litteram, come il famoso “Miserere” di proprietà della Congrega, con musiche scritte da uno dei più grandi compositori di musica sacra napoletani dell’epoca Francesco Feo.
L’archivio storico dell’Opera Pia, gestito dall’Associazione Amici degli Archivi (www.amicidegliarchivi.it) presieduta dal Sovrintendente Giulio Raimondi, ha organizzato una sala di consultazione e di lettura in Vico Storto Purgatorio ad Arco n.15 dotata di circa diecimila volumi stampati tra il 1606 e il 2008; il catalogo bibliografico, di circa 70 pagine, è stato compilato dal direttore amministrativo dell’Opera Pia Maria Laura D’Acunto in collaborazione con Itala Del Noce.
Inoltre l’Associazione ha provveduto al restauro e al riordino di circa duemila tra libri contabili, registri e raccoglitori di documenti in gran parte cuciti a mano da cui emerge l’intreccio tra la storia dell’Opera pia, la genealogia delle più importanti famiglie nobiliari, il modus operandi delle altre istituzioni coeve tra cui l’Arciconfraternita dei Pellegrini, il Pio Monte della Misericordia e San Giuseppe dei Nudi nonché i rapporti con i Viceré che si avvicendarono.
Nelle “confidenze” e nei libri di conti e “memorie” c’è tutta la documentazione relativa ai beni affidati dai vari benefattori alla Congregazione nonché ai beni ereditati mentre nel centinaio di pergamene restaurate, si rinviene tutto quanto concerne la Chiesa e le proprietà immobiliari.
L’Opera Pia Purgatorio ad Arco continua a mantenere fede ai propri compiti statutari e, ad oltre quattro secoli dalla sua fondazione, è inserita nell’elenco ufficiale degli istituti pubblici di assistenza e beneficenza della Regione Campania.
Agli inizi del ‘900 la Congrega aprì un ambulatorio per l’assistenza ai malati poveri che oggi si chiama Poliambulatorio “L’Arcipelago” e che aveva ed ha ancora i suoi uffici e laboratori specialistici proprio in Vico Storto Purgatorio ad Arco 15 (tel. 081/29.87.91).
Gli stessi componenti della Pia Congrega, pur appartenendo alla nobiltà e all’aristocrazia partenopea, non si sottraevano alle principali opere di misericordia corporale fra cui dar da mangiare agli affamati, visitare gli infermi e seppellire i morti né alle principali opere di misericordia spirituale fra cui pregare Dio per i vivi e per i morti, pertanto parte dei loro copiosi patrimoni era messa a disposizione dei bisognosi e dei malati poveri.
Info:
Complesso Museale di S. Maria delle anime del Purgatorio ad Arco
Vico Storto Purgatorio ad Arco 15
80138 Napoli
Tel. 081/44.68.10
Fax: 081/21.19.29
E mail: progettomuseo@mail.it
Sito di riferimento: http://www.progettomuseo.com
Referente Complesso Museale: dott.ssa Vittoria Vaino
Cell. 333/38.32.561
E’ possibile effettuare visite guidate anche fuori dagli orari di apertura.
Fonte: http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=36945&pagenum=0
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