lunedì 15 dicembre 2014

Palazzo Venezia - Spaccanapoli

Dal quotidiano online Napoli.com  18/5/2013 articolo di Antonio Tortora su: Il Palazzo Venezia di Napoli

 Visita al Palazzo Venezia di Napoli
del 13 dicembre 2014

Reportage fotografico di Antonio Tortora



In una Guida rossa del Touring Club Italiano pubblicata nel 1976, a pagina 140, a proposito di uno storico palazzo napoletano ubicato in via Benedetto Croce, meglio conosciuta come Spaccanapoli, si legge: ”gli segue, n.19, il palazzo già degli inviati veneti nel Regno, donato nel 1412 dal re Ladislao alla Serenissima, rimaneggiato nel 1610 (tracce nel cortile) e nel 1646-88, quasi interamente rifatto nel 1818”. 

Decisamente scarna come descrizione pur volendo tenere presente che Palazzo Venezia confina con il forse più conosciuto Palazzo Filomarino dove abitò per lungo tempo il filosofo marsicano Benedetto Croce e su cui forse il Touring Club Italiano avrà speso qualche parola in più. 

Eppure la storica dell’economia nonché ricercatrice Gigliola Pagano De Divitiis, autrice dell’unico volume ben documentato su Palazzo Venezia, nel corso di un’intervista rilasciata a Vittorio Paliotti all’inizio degli anni 2000 affermò: “per me questo che è uno dei più bei palazzi napoletani del trecento è Venezia, con la sua laguna, che sta a Spaccanapoli”.

Più vecchio di almeno mezzo secolo del suo omonimo romano reso famoso dalle vicende politiche degli inizi del ‘900, fu sede diplomatica dagli inizi del ‘400 e per oltre tre secoli ospitò consoli, ambasciatori e residenti veneti con il compito di “tenere aperti gli occhi e riferire” oltre che acquistare frumento ed altre mercanzie; tuttavia i rapporti fra Napoli e Venezia risalgono almeno all’epoca in cui sul trono di Napoli sedeva lo “stupor mundi” e “puer Apuliae” Federico II° di Svevia.

Dunque un rapporto lungo e davvero importante in quanto getta le basi per quella che diventerà la moderna diplomazia in cui il Regno di Napoli già in epoca angioina con Ladislao I° detto il Magnanimo e il Regno delle Due Sicilie in epoca borbonica si distinsero intessendo una formidabile rete di rapporti politici, commerciali e culturali.

Dopo questa breve ma doverosa parentesi storica cerchiamo ora di capire l’importanza attuale del nobile palazzo che già agli inizi del 1600 venne definito da alcuni ingegneri “vecchissimo et antiquo” e pertanto fu restaurato nel 1643 da uno dei più importanti architetti che operarono a Napoli in quel tempo, il bergamasco Cosimo Fanzago.

Dopo il Trattato di Campoformio fu stabilito dal congresso di Vienna che Palazzo Venezia passasse all’Austria che, a sua volta, nella seconda decade dell’800 lo vendette per 10.350 ducati al giurista Gaspare Capone; è ancora visibile sulla volta dell’androne lo stemma del marchesato dei Capone e spesso viene per questa ragione denominato Palazzo Capone, da non confondere con un altro ottocentesco palazzo così denominato ma ubicato in via Santa Brigida. 

Ebbene qualche anno fa un giovane imprenditore, sognando di restituire il fabbricato indicato da alcune fonti storiche come “Palazzo San Marco di Venezia” agli antichi fasti, tenta l’impresa straordinaria di metterlo a disposizione del pubblico, ospitando mostre di arte moderna e contemporanea in tutte le sue forme dalla pittura alla scultura e alla fotografia, presentazioni di libri, incontri di poesia, spettacoli di danza e concerti. 

Parliamo di Gennaro Buccino, presidente de L’Incanto S.r.l. Palazzo Venezia associazione aderente al Club Unesco Napoli, che oltre al nutrito calendario annuale di iniziative fornisce anche una interessante proposta didattica dedicata agli allievi delle scuole primarie e secondarie di ogni ordine e grado della Regione Campania. 

Il suo obiettivo dichiarato consiste “nel rilanciare un sito che è stato, per troppo tempo, vittima di una vera e propria congiura del silenzio, al fine di riproporre quanto di buono e di culturalmente valido una simile realtà può generare in una città che tanto fatica a recuperare il suo prestigio nel mondo”. 

Noi non sappiamo se il Duca Tixon di Maddaloni, nobile di antico casato e attuale proprietario dello stabile, sia a conoscenza di tutte le iniziative che si tengono nell’ex ambasciata veneta, l’unica cosa di cui siamo certi è che l’impegno profuso dall’infaticabile Gennaro Buccino e dal suo semivolontaristico ma efficiente staff sta dando i frutti sperati. 

Cosicché passando per Spaccanapoli all’ingresso di Palazzo Venezia si possono leggere locandine che annunciano continue iniziative non solo serali e la scritta “free entrance to museum, exhibition and garden” richiama anche turisti stranieri che, a dire il vero, sembrano più informati di quelli italiani e degli stessi cittadini partenopei. 

Per Buccino è il coronamento di un sogno; infatti sin da bambino, possedendo la sua famiglia un negozio in prossimità dello storico palazzo, entrava a curiosare con il permesso del vecchio custode Aldo e fantasticava di diventarne in qualche maniera il proprietario. 

Inoltre ci confida che non ha mai compreso “per quale ragione i napoletani fossero storicamente obbligati a lasciare la propria città per poter trovare un lavoro quando la città rappresenta di per se un vero e proprio giacimento culturale capace di creare lavoro per un’infinità di persone”. 

Un animo travagliato che sin dagli anni ’70 cercava una strada da seguire e l’ha trovata trasformando l’utopia in realtà...

Qualche anno fa, all’inizio della sua splendida avventura l’associazione “L’Incanto” non riuscì a far inserire Palazzo Venezia nel programma di Maggio dei Monumenti mentre quest’anno il Palazzo è stato inserito nel programma 2013 del Comune di Napoli interamente dedicato a cortili, chiostri e sagrati e inoltre l’assessorato al turismo e ai beni culturali della Regione Campania ha rappresentato l’Associazione culturale “Palazzo Venezia” alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano. 
Una bella vittoria, non c’è che dire.

Entrando nel cortile sulla sinistra si accede all’appartamento storico del primo piano laddove si tengono le mostre permanenti e vengono allestite quelle temporanee ma ciò che davvero è straordinario è il giardino pensile, molto ridotto rispetto all’antica estensione, ma con una piccola cappella dedicata alla Madonna posta sotto l’originale volta affrescata e stellata e la casina in stile pompeiano realizzata in epoca neoclassica. 

Si tratta di un luogo straordinario dove pensare, leggere, conversare con persone interessanti, ascoltare musica o semplicemente riposare lontano dal traffico e dal caos cittadino, passeggiando nel giardino che, sia pur piccolo, costituisce un paradigma contenente tutti i caratteri tipici del giardino napoletano del settecento e dell’ottocento.

In altre parole entrando nel giardino immediatamente si prova la forte emozione di chi entra per la prima volta in un giardino sacro situato nelle cittadelle monastiche del seicento e del settecento oppure in un giardino aristocratico ottocentesco di cui Napoli un tempo era piena. 
Per la verità ne sono ancora censiti parecchi ma alcuni sono in uno stato di semiabbandono.

È naturale che, una volta entrati in un luogo così particolare, la mente evochi le malinconiche aree di “verde attrezzato” insopportabili e caratterizzate dall’assoluta mancanza di elementi qualitativi e storici con cui le pubbliche amministrazioni, che si sono avvicendate nella nostra città, hanno sostituito il verde più antico colpevole di essere d’intralcio alla speculazione e alla dissennata espansione edilizia. 

Gennaro Buccino mi spiega che: “la casina pompeiana, classica e romaneggiante, doveva essere una coffee-house capace di far godere appieno il residente e l’ospite rimanendo in quella intimità ricercata da chi intendeva agire e pensare in tutta calma ed è questo l’obiettivo che attualmente ci proponiamo di raggiungere; provare per credere, basta ritornare in primavera per assaporare l’isolamento e la pace del luogo”. 

Sul tempietto è leggibile un’epigrafe che è destinata a far comprendere la filosofia cui si ispira l’intera struttura architettonica e in particolare il giardino che oltre a essere composto da alberi da frutto, come nello stile dell’epoca, è anche pieno di essenze ornamentali nonché di alte palme e rigogliose magnolie; la frase, datata 1818, recita in latino: “Tu pridem mihi cara domus sed ubi hortulus alter accessit quanto carior est domino nunc et adesse at abesse foro nunc tempore eodem vivere mi ruri vivere in urbe licet» e tradotta significa semplicemente e magnificamente: “Da molto tempo tu mi sei cara, o casa, ma da quando un orticello si è aggiunto quanto più cara sei ora al tuo padrone ed io ora posso prender parte alla vita pubblica o non parteciparvi ed allo stesso tempo posso vivere in campagna e vivere in città”.

Certo il titolare dell’impresa è appagato di tutti gli sforzi che ha dovuto sostenere per rilanciare a Napoli, in Italia e all’estero una realtà storico-architettonica che viceversa sarebbe andata irrimediabilmente perduta mentre l’intera città dovrebbe, almeno una volta, recarsi in visita a un ambiente che all’esterno appare anonimo a causa di continui rifacimenti e restauri ma che all’interno si presenta ancora preziosamente conservato; allo stesso tempo è consapevole che la strada da percorrere è ancora lunga ma il passaparola, fra i turisti e i visitatori occasionali, sta già cominciando a funzionare.

Mentre al termine della visita andiamo via il presidente Buccino ci mostra con orgoglio il pavimento originale, composto da tipiche riggiole napoletane, recuperato dopo un lungo lavoro di scrostatura dei pannelli di linoleum che altri improvvidi padroni di casa avevano sistemato ricoprendo del tutto il tesoro nascosto.

A Palazzo Venezia – Capone non manca la quiete del luogo né l’accoglienza e il coraggio di un privato cittadino che ha deciso di recuperare un piccolo pezzo di quello sterminato giacimento culturale che costituisce la nostra città.




Fonte: http://www.napoli.com/
Per Palazzo Venezia: http://www.palazzovenezianapoli.it/

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