venerdì 20 agosto 2021

 QUALCHE CONSIDERAZIONE FILOSOFICA ATTUALE, MA ANCHE IMMANENTE NEI CICLI TEMPORALI E CON SPUNTI TRATTI DAL FILOSOFO TEDESCO ERNST JUNGER, IN MERITO ALL'INTEGRAZIONE PLANETARIA, AL CONTROLLO CAPILLARE BIOPOLITICO E ALLA LIBERTA' DI DIRE "NO".

 

di Antonio Tortora

 

                                    Frase di Ernst Junger - Tratto da www.lefrasi.com

Un tentativo di descrivere la situazione attuale nel nostro Paese appare, a questo punto, doveroso e riteniamo che l'unico punto di vista da cui l'osservazione possa essere condotta consista in quello metapolitico e filosofico. Abbiamo potuto constatare la regressione della politica rispetto all'affermarsi di un'emergenza sanitaria, reale o presunta, a livelli più arretrati e arcaici di una coscienza sociale che, repentinamente, smette di evolversi e ripiega su posizioni che richiamano alla mente comportamenti collettivi tipici delle tribù primitive, delle frazioni etniche o di quelle territoriali. Parliamo di interdizione del contatto fisico e quindi del distacco traumatico della cellula uomo dal corpo sociale in tutto il territorio nazionale; di isolamento tribale generatore di paura del contagio e odio dell'altro; di evocazione del senso di appartenenza alle tribù numericamente più consistenti che hanno operato determinate scelte rispetto all'emergenza sanitaria prima e cognitiva poi; di esclusione di tutti coloro che non si sottomettono al potere tribale che obbliga ad assumere determinati comportamenti a seconda delle suggestioni esercitate dalla propaganda e dall'immane livello di guerra psicologica che non consente di portarsi al di fuori di un perimetro sempre più rigido e schematico. Una vera gabbia da criceto. Sembra inevitabile schierarsi dall'una o dall'altra parte come se la capacità individuale di valutare, decidere o agire non appartenga alle opzioni perseguibii. Lo stesso bisogno di prestare ossessivamente attenzione alle notizie sempre più allarmanti, ai bollettini necrofili sempre più indecifrabii e manipolati e ai procurati allarmi di una corporazione medica che sempre più opera dall'interno di una bolla professionale e mediatica asfittica ma, ormai, del tutto obbligata a rimanere fedele alla narrazione ufficiale, corroborano e fortificano i livelli di angoscia, inquietudine e ansia pari e forse superiori a quelli provocati da una guerra fisica e devastante. Tutto ciò, per certi versi, non è del tutto negativo poichè la paura viene costretta al dialogo e l'uomo di valore rimasto puro e cercatore di verità essenziali, è obbligato a prendere la parola uscendo fuori dagli automatismi imposti dalla vita meccanica che è costretto a vivere sin dalla nascita.  L'uomo, che di norma è nascosto in ciascuno di noi, recupera la libertà di decidere e ponendo fine al suo sonno apparente riscopre sè stesso e il suo vero potere in grado, senza alcun dubbio, di ristabilire l'ordine delle cose, per quanto tale ordine possa essere stato sconvolto da potenti illusioni ottiche studiate e imposte dai fanatici del controllo e del dominio assoluto. Se così non fosse mai nessuno avrebbe sacrificato la propria vita per una causa nobile e sacrosanta; mai nessuno sarebbe caduto con le armi in pugno per difendere il proprio diritto a condurre una vita libera. Certo nella contemporaneità, non è la prima volta e non sarà l'ultima, si assiste all'incomprensibile e scoraggiante spettacolo di individui-massa che, cupamente rassegnati, marciano ordinatamente verso quelle che sembrano essere le uniche mete obbligate: le città ridotte a campi di schiavitù, dove annuire sempre rispetto a leggi ingiuste e disumane è considerato un obbligo morale e i mattatoi dove le macchine, la tecnica e la burocrazia stritolano, con implacabili ed efficienti ingranaggi, carni e ossa sotto lo sguardo attento di esseri senz'anima che con le macchine hanno stretto un patto folle e omicida. E dunque la scelta ultima e irrevocabile si presenta improvvisamente con un semplice quesito: essere padroni, in divenire, del proprio destino oppure diventare un semplice ed anonimo numero, svuotati della propria essenza vitale e della propria personalità? Nei bassifondi e nei sotterranei delle nostre società masse di individui passivi, dimentichi del potere di cui sono portatori, vengono scorticati vivi e la loro sofferenza gratifica le èlite sanguinarie e distruttrici di valori, culture e libertà ma pone in stato di allarme tutti coloro che ancora sono consapevoli di non rappresentare un insignificante granello di sabbia bensì un riferimento sicuro per chi voglia opporsi alle leggi ingiuste, alla propaganda di regime e alla sottile violenza espressi dal modus operandi dei dominatori. Questi rimarranno tali fino a che tutti accetteranno i diktat oppressivi. E tuttavia non appena all'orizzonte degli eventi si staglieranno le sagome ben delineate di quei pochi che, fieramente, avranno deciso di preferire il pericolo alla schiavitù, allora gli equilibri potranno mutare e lo stesso uomo della strada, l'uomo comune, l'uomo solidale con i propri principi e con il resto di coloro, sia pure pochi, che rifiuteranno i luoghi comuni e le illusioni ottiche, riattiverà le tracce di un sapere che ha radici profonde e di un senso di libertà arcaica che la modernità ottunde e nasconde. Quello, certamente, sarà il momento decisivo in cui pochi impavidi argineranno il panico della maggioranza che si sarà abbandonata a un terrore bestiale e senza futuro. Le scienze umanistiche e la psicologia ci insegnano che qualsiasi paura è essenzialmente paura della morte ed è proprio su questa paura che agiscono i decisori che muovono le leve della politica, della tecnica, della biomedicina e del controllo sociale; la paura emergenziale viene qui instillata ad ampie dosi come strumento per far accettare a un popolo norme altrimenti non proponibili. Nella solitidine in cui ogni individuo è stato confinato e nel silenzio assordante dei giovani, non più avvezzi alla lotta e che danno per scontati diritti faticosamente conquistati in secoli di scontri civili e battaglie sociali, si fa strada una nuova presa di coscienza che prevede l'annullamento di ogni indifferenza. Non si può più rimanere indifferenti rispetto a un Leviatano, di Hobbesiana memoria, che ha assunto i connotati definitivi di un potere totalitario eccezionalmente esteso e complesso. E questo, nonostante l'alacre attività propagandistica di "pennaruli", pennivendoli, imbrattacarte e schiccherafogli che hanno scelto di stare dalla parte del potere, è precisamente lo stato delle cose (der stand der dinge). Pochi fra quelli che ancora si riservano di pensare e che ragionano con logica potrebbero affermare il contrario o che c'è del pessimismo nella precedente affermazione. Qui siamo di fronte a puro e incontrovertibile realismo. Per di più, visto che ci stiamo riferendo al pensiero di Junger che nel dopoguerra scrisse Der Waldgang, ci piace sottolineare un passo che riteniamo molto importante e chiarificatore dell'opera: "Per l'uomo sano la ricetta migliore consiste nell'evitare i medici, affidarsi alla verità del corpo e tuttavia non trascurarne gli avvertimenti........Comunque si giudichi il nostro universo di mutue, assicurazioni, industrie farmaceutiche e specialisti, colui che può farne a meno è più forte. Assai sospetto, e dunque da considerare con estrema vigilanza, è l'intervento crescente che, di solito con pretesti filantropici, lo Stato esercita sull'organizzazione sanitaria". E qui Junger, si badi bene nel lontano 1951, aggiunge la raccomandazione di "essere diffidenti in relazione a ogni consulto, da quando un numero sempre maggiore di medici si è sottratto all'obbligo del segreto professionale. Non sappiamo in quali statistiche possano includerci, nè se riguardino davvero e soltanto il settore medico......da un giorno all'altro potrebbero assumere un volto inquietante.......da quegli schedari ordinati in modo esemplare potrebbero uscire i documenti che serviranno a internarci, a castrarci o a liquidarci". Tutto ciò - aggiungiamo noi - è già succeso e la storia dovrebbe drammaticamente ricordarcelo ma il popolo italiano è del tutto smemorato e non ama la storia. Su tutti questi punti di riflessione storica e antropologica riteniamo che il folosofo tedesco, ricordando ciò che è accaduto nel suo recentissimo passato e vivendo l'evoluzione del suo presente vitale abbia avuto il coraggio di guardare oltre l'orizzonte degli eventi profetizzando, con assoluta precisione, il nostro presente. Ha cercato di metterci in guardia ma l'ignoranza, la fretta, la superficialità e la paura ci hanno impedito di leggere lucidamente tra le pieghe degli avvenimenti e il caos è piombato nelle nostre vite. Eravamo stati avvisati più e più volte ma gli errori, sempre gli stessi, ciclicamente colpiscono il tessuto dei popoli resi sempre più fragili. La fragilità di cui parliamo si basa su tre pilastri: la cieca smania del potere politico che, per mantenersi in vita, ha bisogno di crescere e di rafforzarsi a danno di qualunque vita umana, popolo e coscienza; la feticizzazione delle scienze cui viene attribuito un potere magico capace di risolvere qualsiasi problema e un potere addirittura spirituale capace di orientare l'agire meccnico dell'uomo; lo strapotere delle macchine da cui l'uomo, senza accorgersene, ormai dipende quasi completamente avendo creato robot senzienti e l'intelligenza artificiale, trasformandosi esso stesso in un robot transumano prima e postumano dopo.

 "I Robot si muovono e parlano a scatti meccanici e rigidi e hanno facce inespressive, occhi fissi e allucinati, ma indossano abiti normali" questo è l'incipit di R.U.R. Rossums Universal Robots, il dramma in tre atti scritto, nel 1920, dal drammaturgo ceco Karel Capek che per la prima volta utilizzò il termine Robot che in lingua ceca significa "lavoro forzato". Bene. A noi pare, attualmente, di vivere immersi fra Robot decisori e dominatori che lanciano i loro proclami di reclusione e annientamento antiumano con facce inespressive e abiti normali e Robot schiavi-comuni cittadini che obbediscono a regole perverse e volentieri si sottomettono al potere poichè non hanno carattere e personalità, con occhi fissi e allucinati. Comunque sia, fra uomini che malvagiamente decidono e uomini che servilmente obbediscono, la profezia di Friedrich Nietzsche nel Discorso degli Ultimi Uomini ci pare del tutto avverata: " L'ultima generazione umana è senza anima".

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