LA NAPOLI SENZA SOLE ESISTE; BISOGNA SOLO CERCARLA E NOI L'ABBIAMO TROVATA IN PIENO CENTRO CITTADINO.
Un pò di tempo fa leggevamo vari appunti sul centro storico della città e ci parve di rintracciare il titolo di un piccolo volume dedicato alla "Napoli senza sole" ovvero di un'opera postuma scritta da un gesuita che si mise in testa di descrivere un completo itinerario da percorrere lungo tutto il centro storico della città ma, udite udite, senza mai essere colpiti dai raggi del sole; e ciò camminando in lungo e in largo in qualsiasi momento della giornata e in tutti i sensi. Anche lo stesso Gino Doria, scrittore che fu molto attivo fra le due grandi guerre del '900, ebbe modo di citare il curioso volume sottolineando che nessuno mai l'aveva visto e letto; d'altra parte bisogna fidarsi dell'autore dello splendido saggio di toponomastica storica dedicato proprio alle strade di Napoli tenendo conto del fatto che oltre a essere un profondo conoscitore di storia patria, dunque partenopea, era anche un bibliofilo erudito come lo definì Guido Piovene in "Viaggio in Italia". Un caso mirabile di pseudobiblia dunque che conferma le teorie dello statunitense Lyon Sprague de Camp che oltre ad averne coniato il temine ne spiegò approfonditamente il significato nell'articolo "The Unwritten Classics" pubblicato sulla rivista The Saturday Review of Literature. E' intrigante: libri citati non poche volte ma mai scritti e i cui autori sono frutto di pura immaginazione. Ancora un mistero nella Napoli con e senza sole.
Ma veniamo al dunque e proviamo a raccontare l'emozione di una visita nel sottosuolo della città, in quella vera, in quella antica risalente all'età flavia, in parte all'età imperiale e con alcune tracce sparse dell'età greca. Parliamo degli scavi dell'area archeologica di San Lorenzo Maggiore laddove si accede scendendo di circa 10 metri, giusto al di sotto di quello che é stato identificato come il Macellum ovvero il mercato di Neapolis con le sue tabernae e i pavimenti mosaicati, attraverso una scala posta sul limitare del chiostro. Siamo a pochi passi dall'agorà, dal teatro scoperto, dall'odeion e dal Tempio dei Dioscuri, praticamente nel cuore del Decumano Maggiore ovvero la plateia greca e in posizione baricentrica fra gli altri due Decumani, quello inferiore corrispondente all'asse di San Domenico Maggiore quello superiore corrispondente all'Anticaglia.
Qui il silenzio regna sovrano ma, per come é strutturato il sito con la replica in superficie dell'identico reticolo stradale, pare effettivamente di rivivere la realtà spazio-temporale del passato e quindi di oltre venti secoli fa. Si incontrano tre ambienti con volta a botte e mura caratterizzate dall'opus reticulatum, altri ambienti identificabili con l'Erario dotato di cancelli di ferro, numerose tabernae trasformate in un secondo momento in botteghe artigianali fra cui una panetteria come testimoniato da un modesto forno in muratura ed infine una fullonica ovvero una lavanderia - tintoria con tanto di vasca per la lavorazione dei panni e dei tessuti. Un tratto, piccolo ma molto suggestivo, del criptoportico ovvero del mercato coperto dotato di ambienti comunicanti con banchi da esposizione in muratura, può essere percorso ripercorrendo un lastricato che in più punti consente l'accesso a rampe di scale laterali. Alla fine del percorso si può osservare una profonda cisterna di epoca greca idonea a raccogliere tutte le acque della piazza soprastante; inoltre possono essere ammirati ambienti con pavimenti in mosaico discretamente conservati e con decorazioni pittoriche alle pareti e fasce color ocra alla base ancora ben conservate. L'indagine archeologica continua e si ipotizza che da questo punto in poi, visto il pavimento decorato a mosaico e un impluvium collocato nella stanza centrale del complesso, ci si trovi all'interno di una schola dove i commercianti del posto, ma anche i fedeli di particolari riti religiosi, si potevano riunire in determinate circostanze. Su di un pezzo di lastra marmorea abbiamo avuto modo di notare un triangolo perfetto con la punta rivolta verso l'altro e ne siamo rimasti molto incuriositi pur non sapendo se si trattasse di un manufatto di epoca greca o di epoca romana; fatto sta che nella tradizione pitagorica il triangolo, manifestato come Tetraktys, simboleggia l'ascesa dal molteplice all'uno ed essendo equilatero esotericamente esprime la divinità, l'armonia e la proporzione. Ciò può essere riscontrato ampiamente, oltre che nei primi quattro numeri naturali pitagorici disposti a forma di piramide e da cui deriverebbero tutti i solidi platonici ben descritti da Frà Luca Pacioli in epoca rinascimentale, anche nella cabala ebraica, nella filosofia cinese, in massoneria e in teosofia. Ma questa é tutta un'altra storia.
Reportage fotografico di Antonio Tortora
Un pò di tempo fa leggevamo vari appunti sul centro storico della città e ci parve di rintracciare il titolo di un piccolo volume dedicato alla "Napoli senza sole" ovvero di un'opera postuma scritta da un gesuita che si mise in testa di descrivere un completo itinerario da percorrere lungo tutto il centro storico della città ma, udite udite, senza mai essere colpiti dai raggi del sole; e ciò camminando in lungo e in largo in qualsiasi momento della giornata e in tutti i sensi. Anche lo stesso Gino Doria, scrittore che fu molto attivo fra le due grandi guerre del '900, ebbe modo di citare il curioso volume sottolineando che nessuno mai l'aveva visto e letto; d'altra parte bisogna fidarsi dell'autore dello splendido saggio di toponomastica storica dedicato proprio alle strade di Napoli tenendo conto del fatto che oltre a essere un profondo conoscitore di storia patria, dunque partenopea, era anche un bibliofilo erudito come lo definì Guido Piovene in "Viaggio in Italia". Un caso mirabile di pseudobiblia dunque che conferma le teorie dello statunitense Lyon Sprague de Camp che oltre ad averne coniato il temine ne spiegò approfonditamente il significato nell'articolo "The Unwritten Classics" pubblicato sulla rivista The Saturday Review of Literature. E' intrigante: libri citati non poche volte ma mai scritti e i cui autori sono frutto di pura immaginazione. Ancora un mistero nella Napoli con e senza sole.
Ma veniamo al dunque e proviamo a raccontare l'emozione di una visita nel sottosuolo della città, in quella vera, in quella antica risalente all'età flavia, in parte all'età imperiale e con alcune tracce sparse dell'età greca. Parliamo degli scavi dell'area archeologica di San Lorenzo Maggiore laddove si accede scendendo di circa 10 metri, giusto al di sotto di quello che é stato identificato come il Macellum ovvero il mercato di Neapolis con le sue tabernae e i pavimenti mosaicati, attraverso una scala posta sul limitare del chiostro. Siamo a pochi passi dall'agorà, dal teatro scoperto, dall'odeion e dal Tempio dei Dioscuri, praticamente nel cuore del Decumano Maggiore ovvero la plateia greca e in posizione baricentrica fra gli altri due Decumani, quello inferiore corrispondente all'asse di San Domenico Maggiore quello superiore corrispondente all'Anticaglia.
Qui il silenzio regna sovrano ma, per come é strutturato il sito con la replica in superficie dell'identico reticolo stradale, pare effettivamente di rivivere la realtà spazio-temporale del passato e quindi di oltre venti secoli fa. Si incontrano tre ambienti con volta a botte e mura caratterizzate dall'opus reticulatum, altri ambienti identificabili con l'Erario dotato di cancelli di ferro, numerose tabernae trasformate in un secondo momento in botteghe artigianali fra cui una panetteria come testimoniato da un modesto forno in muratura ed infine una fullonica ovvero una lavanderia - tintoria con tanto di vasca per la lavorazione dei panni e dei tessuti. Un tratto, piccolo ma molto suggestivo, del criptoportico ovvero del mercato coperto dotato di ambienti comunicanti con banchi da esposizione in muratura, può essere percorso ripercorrendo un lastricato che in più punti consente l'accesso a rampe di scale laterali. Alla fine del percorso si può osservare una profonda cisterna di epoca greca idonea a raccogliere tutte le acque della piazza soprastante; inoltre possono essere ammirati ambienti con pavimenti in mosaico discretamente conservati e con decorazioni pittoriche alle pareti e fasce color ocra alla base ancora ben conservate. L'indagine archeologica continua e si ipotizza che da questo punto in poi, visto il pavimento decorato a mosaico e un impluvium collocato nella stanza centrale del complesso, ci si trovi all'interno di una schola dove i commercianti del posto, ma anche i fedeli di particolari riti religiosi, si potevano riunire in determinate circostanze. Su di un pezzo di lastra marmorea abbiamo avuto modo di notare un triangolo perfetto con la punta rivolta verso l'altro e ne siamo rimasti molto incuriositi pur non sapendo se si trattasse di un manufatto di epoca greca o di epoca romana; fatto sta che nella tradizione pitagorica il triangolo, manifestato come Tetraktys, simboleggia l'ascesa dal molteplice all'uno ed essendo equilatero esotericamente esprime la divinità, l'armonia e la proporzione. Ciò può essere riscontrato ampiamente, oltre che nei primi quattro numeri naturali pitagorici disposti a forma di piramide e da cui deriverebbero tutti i solidi platonici ben descritti da Frà Luca Pacioli in epoca rinascimentale, anche nella cabala ebraica, nella filosofia cinese, in massoneria e in teosofia. Ma questa é tutta un'altra storia.
Reportage fotografico di Antonio Tortora
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