sabato 28 marzo 2015

CENTO CAMERELLE, PISCINA MIRABILE, SEPOLCRO DI AGRIPPINA IN ALTRE PAROLE L'ANTICA BAULI AUGUSTEA E LA MODERNA BACOLI FLEGREA DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA CONIATA DAL MITO, DALLA LEGGENDA E DALLA STORIA.



Bacoli e i Campi Flegrei
tra passato, presente e futuro

di Antonio Tortora (articolo ripreso da Napoli.com)



« Lasciai quel luogo perché c’era pericolo che se mi fossi affezionato troppo al soggiorno di Bauli, tutti gIi altri luoghi che mi restano da vedere non mi sarebbero piaciuti »
(Simmaco)

Bacoli Chiesa di Sant'Anna (Foto tratta dal Web)

Quando ci capita di passare per i Campi Flegrei, zona che originariamente era molto più vasta di quella attuale e che spaziava dal monte Massico alle propaggini montane del Casertano per giungere fino ai monti Lattari comprendendo tutta la Piana Campana a sud del Volturno, come testimonia Diodoro Siculo parlando dello spazio enorme su cui agivano le eruzioni del Vesuvio, non possiamo fare a meno di ricordare tutte le giornate trascorse con il più affermato storico contemporaneo della zona, il bacolese Gianni Race.
Infatti, verso la fine degli anni ’80 nel salotto della sua casa, sulle sponde del lago Miseno e a ridosso del centro storico di Bacoli, trascorrevamo ore e ore a chiacchierare di storia flegrea e di scoperte archeologiche di cui era sempre a conoscenza visto il suo lavoro di magistrato onorario e di consulente scientifico delle Procure.
L’avvocato, perché questa era la sua vera professione, spesso mi invitava a presentazioni di libri, a visite al Castello Aragonese di Baia che, all’epoca, essendo stato da poco liberato dai terremotati e non essendo dunque già sede museale non poteva essere ufficialmente visitato; ma anche e soprattutto a visite estemporanee presso luoghi ben conosciuti dagli studiosi ma completamente dimenticati dalla popolazione locale e di difficile raggiungibilità, per mancanza di segnaletica, da parte dei turisti per caso e dei curiosi della storia; fra questi siti ricordiamo la Piscina Mirabilis vera cattedrale sotterranea, le Terme romane di Baia, il Sacello degli Augustali luogo fortemente energetico, la evocativa Tomba di Agrippina, i vari Templi di Diana, Mercurio e Venere; inoltre la Casina Vanvitelliana del Fusaro e il Colombario romano presso lo stesso specchio d’acqua, ed infine la straordinaria Cuma con la città bassa, l’acropoli e l’Antro della Sibilla.
Circa l’Anfiteatro Cumano è solo da pochi anni che procedono le campagne di scavo ma già c’erano indizi e tracce evidenti dell’intera struttura. Dal salotto di casa ingombro di libri e reperti preziosi agli scavi, ai sotterranei, ai sacelli, alle lapidi marmoree da tradurre in un continuo movimento che ci fece amare molto Bacoli con la sua capacità di irradiarsi verso tutto ciò che, a nostro avviso, nella vita conta davvero: arte, storia, natura impareggiabile, mare, paesaggi mozzafiato, sentieri sul plateau di Miseno e viuzze strette ma accoglienti nel centro storico.
Dopo questo genere di visite rimaneva sempre una nostalgia forte e immediata. Da quel momento cominciammo a conoscere la zona fin nei suoi più intimi spazi e ancora oggi, a distanza di tanti anni, ci torniamo volentieri. Abbiamo sempre considerato Bacoli una sorta di spartiacque tra il Castello di Baia e Capo Miseno, un punto strategico da cui muoversi per le più belle escursioni da fare nella zona; non solo ma abbiamo immaginato, come in un colossal della cinematografia americana, la flotta augustea ancorata e pronta a partire per lontane missioni oppure intenta a esercitazioni militari che proprio a Militum Schola si tenevano frequentemente.
E allora folti gruppi di milites egizi, traci, dalmati, africani, cilici ma anche greci, italici e sardi inquadrati e ben disciplinati sotto il comando di ammiragli che erano appellati con i titoli di navarchi archigubernatores e capitani di vascello, di corvetta e di fregata chiamati trierarchi si muovevano al ritmo marziale dei tibicines (suono dei flauti).
Le navi della poderosa flotta in ordine di grandezza: liburne, triremi, quadriremi, quinquereme ed esareme cariche di uomini, catapulte-onagri, torri-tabulatae e falariche erano inquadrate in formazione di attacco pronte a partire in ogni momento ma soltanto dopo accurati preparativi.
Un piccolo inciso sulla presenza dei sardi; essi non potevano mancare dal momento che rappresentavano i mitici e nuragici popoli del mare definiti dallo studioso Leonardo Melis “Shardana”, veri conquistatori dei mari in un’epoca indefinita tra la storia e la preistoria operanti su veloci imbarcazioni che oggi potremo identificare come veri e proprio aliscafi estremamente sofisticati.
D’altra parte i romani erano abili, anzi erano in questo specialisti, nel valorizzare le caratteristiche non solo guerriere e marinaresche dei popoli che avevano sottomesso. Ma non vogliamo perderci per cui torniamo al tema.
Alcune delle lapidi, all’epoca circa 180, da cui si ricavano tutti questi interessanti elementi conoscitivi sulla provenienza dei milites sono state esaminate dal Race che dalla loro traduzione, impregnato di cultura umanistica quale era, traeva un grande piacere e noi con lui. Su tutta l’area campeggia la mole tufacea di Capo Miseno che prese il nome dal trombettiere-suonatore di corno o di conchiglia di Enea che pur essendo figlio del dio Eolo fu trascinato nelle profondità marine da un essere soprannaturale mitologicamente definito Tritone. Tanto che la stessa forma del promontorio richiama l’immagine di un gigantesco tumulo funerario.
Tuttavia una forte allusione al vulcanismo flegreo si rintraccia dall’identificazione che Strabone compie tra Capo Miseno e la patria dei Lestrigoni ovvero dei giganti che attaccarono Ulisse e uccisero uno dei suoi compagni, proprio Miseno, lanciando sassi contro le navi dell’eroe definito in qualche rarissimo caso ma bel felicemente “polytropos” ovvero multiforme e cioè capace di cambiare a seconda delle esigenze; in altre parole colui che si adatta per sopravvivere e per portare a termine il lungo ed epico viaggio della vita.
Un Ulisse variabile come la stessa costa tirrenica di cui parliamo che alterna spiaggette sabbiose e calette difficili da raggiungere con dirupi a strapiombo sul mare.
Comunque solo ora, a distanza di anni e assommando le dovute conoscenze, abbiamo ben compreso perché tutto il Golfo di Napoli fu definito dagli antichi greci “cratere cumano” quasi avesse la forma complessiva di una coppa; una sorta di Graal cui da millenni viene posta la domanda sbagliata, per parafrasare il mito dei Cavalieri della Tavola Rotonda, e la risposta non giunge mai.
Per la verità alcune teorie ipotizzano la presenza del Graal proprio in area flegrea¸ all’interno del Monte Barbaro, e se ne è discusso pochi anni fa in un convegno alle Stufe di Nerone moderato dal più grande studioso medievista italiano Franco Cardini.
Proprio non riusciamo a “stare sul pezzo”, la passione ci porta su altri BINARI.
Tornando a Bacoli, straordinario centro di poco più di 28mila anime, nella più remota antichità si identificava con la stessa Cuma (Kyme in greco e Cumae in latino) che aveva un’area di influenza di parecchi chilometri comprendendo Miseno, Baia, Arco Felice, l’attuale Bacoli (antica Bauli) compreso la famosa acropoli con il misterioso Antro della Sibilla che ancora oggi conserva le sue caratteristiche di luogo primordiale e archetipale.
Tutto ciò è riscontrabile, in maniera scientifica e documentata, proprio nelle opere del Race, e dimostra che mentre Cuma fu fondata dai greci provenienti dall’Eubea dopo essersi insediati a Pithecusae (l’odierna Ischia) e dopo averla abbandonata a causa degli sconvolgimenti vulcanici, fu proprio Cuma a colonizzare altri territori fra cui Neapolis, Dicearchia ovvero la contemporanea Pozzuoli e Messina; non solo ma esercitò un serrato dominio anche sui territori interni come quelli pompeiani, sorrentini, nolani e avellani.
Un centro di irradiazione colonizzatrice formidabile di cui anche noi partenopei siamo figli diretti con la seconda fondazione e ricolonizzazione della città.
Cuma-Bauli come capitale di quell’area geografica che definiamo “occidente” e patria originaria di quella lingua italiana che è stata capace di essere assimilata e integrata in tutti quei territori di cui abbiamo accennato, almeno volendo seguire le digressioni virgiliane il cui distico ….“ tenet nun Parthenope”…. ancora echeggia nella nostra mente.

Faro di Capo Miseno (Foto tratta dal web)

Cosicchè studiare la presenza di Virgilio nei Campi Flegrei significa abbracciare in un unico colpo d’occhio il sepolcro del Poeta e Mago a Piedigrotta con la Crypta Neapolitana e il sacello dedicato al dio solare Mitra, la costa posillipina con la Scuola virgiliana della Gaiola, Coroglio e Bagnoli, il cratere di Agnano, gli Astroni e la Solfatara, Pozzuoli e Lucrino, il Lago d’Averno con i Bagni di Tritoli e le Terme di Baia; ed ancora Bacoli, Miseno e Torre Gaveta, Cuma e il monito della Sibilla Deifobe rivolta ad Enea: “gli uomini non tardano ai sacri comandi”.
In altre parole significa irradiare il pensiero, il mito e la storia procedendo da Bacoli sede prescelta dagli antichi Dei per preservare innumerevoli segreti che solo a tempo debito saranno rivelati.
D’altra parte gli imperatori, i saggi e i retori, i senatori e l’intera classe dominante dell’antica Roma non a caso scelsero l’area flegrea per le loro vacanze, per le loro meditazioni e per la loro vita interiore quando decidevano di fuggire dalla vita pubblica. Luogo di tolleranza e di accoglienza finanche per la nutrita comunità ebraica che nel XVII° fu letteralmente cacciata dalla Spagna.
Per queste ragioni, davvero forti e significative, l’area flegrea non poteva non rientrare nei viaggi del Grand Tour laddove, con la presenza esterrefatta dello stesso Goethe e del Winckelmann, venne riscoperta l’età classica inaugurando un nuovo filone culturale che penetrò tutta l’Europa.
È un peccato che le circa centomila presenze estive, con una popolazione residente più che triplicata da maggio a ottobre, si accorgano solo del mare e dei lidi accoglienti che insistono sul lato costiero dell’area bacolese; ma questo può essere un inizio per richiamare un maggior numero di presenze, anche durante le altre stagioni, per la visita ai siti archeologici che sono davvero numerosi e imprescindibili per chi voglia abbinare cultura e tempo libero, mito e natura, storia e arte.
Per la verità la cittadina si sta attrezzando in tal senso e con le prossime elezioni amministrative potrebbero esserci interessanti novità; i giovani del luogo vogliono uscire dal torpore cui le vecchie classi dirigenti li hanno abituati.
Anche i due splendidi laghi salmastri Fusaro e Miseno e i quattro porti naturali disseminati lungo la fascia costiera attendono da troppo tempo una doverosa valorizzazione.
Quattromila e più natanti da diporto non sono pochi e indicano una volontà turistica tenace e pronta a dare il proprio contributo alla crescita di Bacoli così come un terziario ben radicato sul territorio, con le sue oltre 521 imprese commerciali, i suoi 130 ristoranti, i suoi 10 ALBERGHI, gli esercizi agrituristici in netto aumento e un gran numero di esercizi di ristorazione suddivisi tra ristoranti di primo livello, osterie, trattorie, pub, presidi slow food e take away, non possono essere trascurati da un Comune-azienda che ha il compito di salvaguardare l’economia e il benessere dell’intera area.
Senza trascurare, ovviamente, le numerose aziende vinicole che ormai esportano Falanghina, Aglianico e Piedirosso anche all’estero rispettando l’antica vinificazione flegrea e i moderni disciplinari produttivi.
La parola ora passa ai giovani di buona volontà e a quelli meno giovani che hanno a cuore il futuro dei figli e dei nipoti che non devono più essere ossessionati dall’idea, malsana e depauperante, di emigrare verso lidi sconosciuti dove sarebbero costretti a recidere il legame con la propria terra. Ciò dovrebbe essere una scelta consapevole e non un obbligo dettato dalle difficoltà economiche.
L’”eccedenza del passato” concetto elaborato nell’ambito della filosofia di Giambattista Vico non deve rappresentare una zavorra pesante da sostenere bensì un’agile risorsa perché una comunità, come quella bacolese ma non solo, non dispone unicamente di storia da studiare e da valutare ma anche di una capacità progettuale che si proietta verso un futuro di sviluppo che, volendolo fortemente, può essere avviato sin da ora.
L’amico indimenticato Gianni Race, ne siamo certi, leggendo queste note e queste considerazioni, le condividerebbe sottoscrivendole appieno.

Tratto dal quotidiano online Napoli.com:  http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=41445&pagenum=0

Nessun commento:

Posta un commento

Come regola generale qui è gradita l'educazione, si chiede di mantenere un atteggiamento civile e costruttivo, nonché di impegnarsi ad agire con totale rispetto ed onestà sia verso l'amministratore del blog che verso gli altri utenti, pubblicando messaggi che contengano informazioni corrette e veritiere.