giovedì 25 agosto 2016

IL RECENTISSIMO TERREMOTO CHE HA DIVISO L' ITALIA IN DUE TRONCONI HA SPINTO LO SCRITTORE PARTENOPEO HERRY DE LUCA A COMMENTARE CON LA CONSUETA PROFONDITA'.

E non poteva essere altrimenti. Gli eventi catastrofici di queste ultime ore e gli interrogativi che i terremoti e le altre calamita' naturali suscitano hanno un preciso intento pedagogico e obbligano a fermarsi per più di qualche attimo per cercare di capire ciò che accade intorno all'uomo che, pur ritenendosi superiore a tutte le specie viventi, non ha ancora ben compreso la sua drammatica precarietà.

di Antonio Tortora

Tratto da: http://www.ilpost.it/

“Il terremoto è un naufragio in terra. Le case diventano imbarcazioni scosse tra le onde e sbattute sugli scogli. Si perde tutto, si conserva la vita, lacera, attonita che conta gli scomparsi sul fondo delle macerie.
Si abita un suolo chiamato per errore terraferma. È terra scossa da singhiozzi abissali. Questi di stanotte sono partiti da oltre quattromila metri di profondità. Qualche giorno fa stavo agli antipodi, oltre quattromila metri sopra il mare. Quel monte delle Alpi non è un meteorite piovuto dal cielo, ma
il risultato di spinte e sollevamenti scatenati dal fondo del Mediterraneo. Forze gigantesche hanno modellato il nostro suolo con sconvolgimenti.
Si abita una terra precaria, ogni generazione cresce ascoltando storie di terremoti. Così, con le narrazioni, i vivi smaltiscono le perdite. Le macerie si spostano, si abita di nuovo lentamente, ma al loro posto restano le voci, le parole degli scaraventati all’aperto, a tetti scoperchiati. Ricordano, ammoniscono a non insuperbirsi di nessun possesso.
Arriva cieco di notte il terremoto e sconvolge i piccoli paesi. Ma i mezzi di soccorso sono di stanza nei grandi centri. Fosse un’invasione, quale generale accentrerebbe le sue forze lontano dai confini? Per il protettor civile questo ragionamento non vale. Ogni volta deve spostare le sue truppe con lento riflesso di reazione. Ai naufraghi nelle prime ore serve il conforto al cuore di un qualunque segnale di pubblica prontezza. Invece arriva prima un parente, un volontario, un giornalista. Il terremoto è anche un’invasione, contro la quale avere riserve piccole e pronte sparpagliate ovunque.
“Si sta come/ d’autunno/ sugli alberi/ le foglie”. La frase di guerra di cent’anni fa del soldato Ungaretti Giuseppe racconta il sentimento di stare attaccati all’ albero della vita con un solo piccolo punto di congiunzione”.
Erri De Luca

Tratto da: http://www.ilpost.it

 "Il terremoto è un naufragio in terra........", "Si abita un suolo per errore chiamato terraferma.......", "Si abita una terra precaria......", Arriva cieco di notte il terremoto e sconvolge i piccoli paesi......."; così declama e  argomenta ERRI DE LUCA pacatamente con il cuore e con la ragione. Poche parole che ci inchiodano alle immagini, alle voci, alle lacrime, ed infine a un senso profondo di inquietudine e di sconforto. Un borgo, per quanto incantevole e ricco di storia, una città per quanto popolata e ricca di attività, una massa di uomini per quanto raziocinanti e capaci di sopravvivere a lungo, scompaiono del tutto in pochi interminabili secondi. Una potenza inaudita, schizzata improvvisamente dal centro di una terra irrequieta, dissolve e polverizza vite e case, uomini e cose, arte e storia, civiltà e progresso. Avendo da poco cominciato a leggere uno scritto pubblicato negli anni '80 dal filosofo ebreo ABRAHM JOSHUA HESCHEL non possiamo fare altro, sovrapponendoci agli eventi calamitosi di questi giorni d'agosto e alle osservazioni di DE LUCA, che porci una fatidica domanda: "Chi è l'uomo?". E' un animale capace di acquisire conoscenza come afferma in sintesi Aristotele? E' la misura di tutte le cose come lascia intuire con disarmante sicurezza Protagora? E' una macchina biologica come sostengono le più recenti teorie scientifiche? E' un capolavoro del cielo come dichiarano i mistici delle religioni monoteiste? Oppure, paradossalmente, è l'unico errore della natura per come si comporta da superuomo e per come agisce in maniera sconsiderata? E' difficile dare una risposta. Concetti, idee, curiosità e ipotesi comunque conducono tutte all'uomo che crede di essere definitivo ma si rivela provvisorio rispetto alle catastrofi, all'uomo che crede di essere docile ma si comporta in maniera rivoltosa nei confronti dell'ambiente in cui vive, all'uomo che presume di poter osare ogni cosa, anche l'inosabile, ma che è in realtà prigioniero delle sue stesse fragilità; infine all'uomo che crede di essere diverso perchè l'evoluzione dovrebbe portare al progresso mentre non fa altro che essere uguale a sè stesso con la sua innata arroganza e la sua presunzione di riuscire a dominare gli eventi imprevedibili della natura.

https://plus.google.com/+AntonioTortoraGiornalista/posts/RStJZ2FNZZa 

giovedì 18 agosto 2016

IL QUARTO INCENDIO IN MENO DI UN MESE SULLA COLLINA DEI CAMALDOLI. PERCHE' NON SI FA NULLA PER IMPEDIRE LO SCEMPIO E LA CATASTROFE AMBIENTALE CHE COINVOLGE UN VERO E GRANDE POLMONE VERDE CITTADINO?


Fuoco, fiamme e devastazione nel piu' grande bosco cittadino sulla collina dei Camaldoli. Interessati i quartieri dell'Arenella, di Soccavo e del Vomero. Occorre investigare sui responsabili prima che sia troppo tardi ed è necessario comprendere perchè gli enti locali non organizzino una rete di sorveglianza su tutto il territorio boschivo metropolitano cosi' come la legge prevede.

di Antonio Tortora

L'incendio sulla collina dei Camaldoli (Foto tratta da: ns.game.it)


ANCORA UN INCENDIO DEVASTANTE NELL' UNICO VERO, GRANDE POLMONE VERDE DELLA CITTA'; IL QUARTO NEL SOLO MESE DI AGOSTO DI QUEST' ANNO.CI CHIEDIAMO CHI HA INTERESSE A DISTRUGGERE LA STESSA COLLINA TUFACEA RICOPERTA DA BOSCHI OGNI ANNO, PIU' VOLTE ALL' ANNO, CON METODICA PRECISIONE, CREANDO UN DANNO INCALCOLABILE ALLA CITTA' E ALLA SUA POPOLAZIONE.
CI CHIEDIAMO PERCHE' LE AUTORITA' COMPETENTI, REGIONE, PROVINCIA E COMUNE NON ORGANIZZINO UNA RETE DI SORVEGLIANZA EFFICACE E ADEGUATA ALLE CIRCOSTANZE.
CI CHIEDIAMO PER QUALE RAGIONE SI INTERVIENE QUANDO GIA' IL DANNO E' STATO DRAMMATICAMENTE PROVOCATO.
C' E' UN DISEGNO PRECISO DIETRO QUESTI INCENDI SEMPRE DOLOSI?
POSSIBILE CHE LE RESPONSABILITA' DI TALI ATTI CRIMINOSI NON SIANO ANCORA STATE ACCERTATE?

L'incendio visto dalla Tangenziale (Foto tratta da napoli.zon.it)

Questa volta il rischio è stato notevole e le fiamme hanno lambito l'Eremo camaldolese gestito dalle Suore Brigidine e il Residence "Il Castagno"; in pratica le fiamme, progressivamente e ad ogni incendio, si avvicinano sempre più pericolosamente alle case sparse e a i centri più densamente abitati come sul versante di Soccavo, Vomero e Arenella provocando l'evacuazione preventiva e, in qualche caso coatta, di numerosi nuclei familiari che da troppo tempo sono condannati a vivere nella paura. Già in serata una densa coltre di fumo ha ricoperto parte della città mostrando tutta la sua imponenza a chilometri di distanza e nel momento in cui scriviamo ancora leggere componenti della combustione volteggiano e piovono sull'asfalto e sui balconi delle case lasciando intuire la gravità dell'evento distruttivo. In questo caso, visto anche l'impiego massivo e continuo di uomini e mezzi, di terra e aerei, dei Vigili del Fuoco, della Protezione Civile, dei volontari e delle forze dell'ordine, sarebbe opportuno che il NUCLEO INVESTIGATIVO ANTINCENDI del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, il cui significativo motto è "Melior de cinere surgo", si attivi per indagare, una volta e per sempre, su ciò che sta accadendo nel Parco Metropolitano Collinare laddove, evidentemente e drammaticamente, nessun tipo di sorveglianza è stata attivata sin da quando il Parco è stato istituito. E' bene ricordare che tutti gli operatori antincendio, specialmente i Vigili del Fuoco e i Nuclei di Protezione Civile, svolgono un'attività encomiabile e straordinaria, mostrando professionalità e doti di vera abnegazione, ma in una fase tardiva in cui i danni prodotti dall'incendio sono già enormi e incalcolabili. Per questa ragione suggeriamo di strutturare sull'intero territorio una vera sorveglianza preventiva, non burocratica e normativa bensì operativa, senza la quale l'intero bosco andrà irrimediabilmente distrutto.

Nostro articolo sull'ncendio precedente pubblicato il 29 luglio scorso: http://antoniotortora.blogspot.it/2016/07/per-quale-ragione-l-attivita-di.html
Nostro articolo, sullo stesso tema, pubblicato nel 2009 sulla testata giornalistica online Napoli.com: http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=29646

martedì 16 agosto 2016

IL XVI° FESTIVAL DI MUSICA E CULTURA POPOLARE OVVERO LA NOTTE DELLA TAMMORRA ORGANIZZATA DAL COMUNE DI NAPOLI SUL LUNGOMARE ALLA ROTONDA DIAZ HA CENTRATO L' OBIETTIVO: FAR VIVERE AI NAPOLETANI UN FERRAGOSTO ALL' INSEGNA DEL RECUPERO DELLE TRADIZIONI MUSICALI.

SUCCESSO PIENO DELLA "NOTTE DELLA TAMMORRA" SU UN LUNGOMARE FERRAGOSTANO GREMITO DI GENTE ENTUSIASTA PER I RITMI ARCAICI DI UNA MUSICA E DI UNA DANZA INTRAMONTABILI.

di Antonio Tortora

Il palco visto dal pubblico (Foto di Antonio Tortora)
Una sinergia perfetta tra pubblico, assetato di musica tradizionale campano-partenopea e attivo protagonista di una performance musicale estemporanea e contaminatrice, e una sessantina tra musicisti, cantanti, e danzatrici, tutti padroni assoluti del ritmo e delle note musicali, dell'armonia dei gesti, della sapienza interpretativa di tammurriate e villanelle, di canti d'amore e tarantelle. Tutti fusi in una "napoletanità per costituzione" allo zenit ovvero al "centro" esatto di un Golfo che non ha eguali nel mondo, in posizione baricentrica tra il mitico e originario Castel dell'Ovo e il taumaturgico e altrettanto tufaceo Capo di Posillipo. Ma anche al "centro" o Axis Mundi ovvero in un "punto ideale che non appartiene allo spazio profano, geometrico - come afferma Mircea Eliade - bensì allo spazio sacro in cui può realizzarsi la comunicazione con il cielo o con gli inferi"; chi era presente all'evento, con il cuore e l'emozione oltre che con la mente e la ragione, ha potuto verificare come il tempo si sia fermato e ci si sia trovati nel luogo paradossale della rottura dei livelli dimensionali, laddove è possibile trascendere il mondo sensibile. E' forse questo lo scopo della musica e delle vibrazioni da essa create. 
Non abbiamo adottato un piglio esclusivamente cronachistico perchè ciò che abbiamo visto e sentito ha suscitato in noi un profondo interesse e ha risvegliato un'antica passione per le arcaiche sonorità di un mondo che è nato dalle vibrazioni e dai suoni. Tuttavia non vogliamo e non possiamo tacere della bravura e delle forti motivazioni che hanno spinto il noto compositore Carlo Faiello a organizzare questa grande festa musicale coordinando gli artisti e concertando i "ritmi della nostra memoria". Hanno partecipato all'evento la World Music di Mimmo Maglionico & Pietrarsa, il Canto Cilentano di Paola Salurso e Ketty Vermiglio, la Tammurriata Vesuviana del Casamale di Somma, il Ritmo Metropolitano dei BandaRotta di Bagnoli; inoltre, i vincitori del Premio Fest Med 2016: i Suoni della Costa d'Amalfi de I Discede, il Folk d'Autore di Emanuele Ammendola e de I Picarielli, le Sonorità Tradizionali de I Vico con Emanuela De Vivo; tutti straordinariamente bravi, completamente assonanti e fusi da una gestualità precisa e consapevole. Ma il tocco di classe, lo stile, l'eleganza, la raffinatezza e la sensibilità delle danzatrici e dell'unico danzatore ovvero di Ester Preziosi, Emilia Meoli, Maria Grazia Altieri, Marta Guida, Caterina Melone, Carolna Casaburi e Antonio Esposito, hanno conferito allo spettacolo un pathos e un'eccitazione coinvolgenti. Piedi nudi veloci e leggiadri, mani strette sulle simmetriche castagnette, capelli sciolti in un turbinio di filamenti colorati, stole avvolgenti ed eteree nonchè corpi eleganti e allenati hanno dato colore e atmosfera a un ambiente apparentemente caotico e di certo fortemente istintuale. Ieri sera è proprio l'istinto ad a aver fatto da padrone e il pubblico si è fatto doverosamente trascinare dal suo passato antropologogico, sempre vivo e desideroso di essere riscoperto, anche e soprattutto attraverso la musica, quella vera, quella del popolo, quella che viene dal basso e che mantiene i legami con le profondità telluriche e ancestrali. Anche la partecipazione  dei solisti e del coro diretto dal Maestro Massimiliano Luciani responsabile del primo Dipartimento Italiano di Musica Popolare con sede a Vallo della Lucania, è servita a far ben comprendere quanto sia sentita fortemente l'esigenza di recuperare e studiare, in Campania, la musica e le danze del passato.
Non c'è che dire tammorre, castagnette, putipù, triccabballacche, scetavajasse, flauti dolci, scacciapensieri e qualche tamburello hanno fatto rivivere folkloristicamente, termine qui inteso nella sua espressione più nobile, distaccandoci dall'opinione di Giambattista Vico che con questo termine identificava quei "rottami d'antichità" che tanto fastidio hanno dato e ancora danno ai fautori della modernità tout court, un patrimonio genetico e psichico latente ma non del tutto cancellato dal progresso tecnologico. Parliamo di una cultura popolare, tramandata in prevalenza orlamente, che si fa carico di conservare usi e costumi, miti, leggende e fiabe, proverbi e filastrocche, credenze popolari, musica, canto e danza, in altre parole una sommatoria di infinite conoscenze che, altrimenti, andrebbe drammaticamente dispersa. In ciò ritroviamo la nobiltà di una cultura, certamente non accademica, ma ben radicata nel patrimonio genetico di un popolo o di più popoli come è accaduto nel corso del Festival partenopeo. Qui infatti si sono incontrati e magnificamente contaminati, soprattutto nella parte finale del concerto, tutti i principali stili musicali e di ballo presenti nelle varie aree della provincia di Napoli: vesuviano sarnese-sommese, nocerino, della costiera amalfitana e pimontese e forse anche giuglianese; non siamo esperti di musica popolare dunque potremmo aver dimenticato qualche stile tuttavia l'armonia con cui gli stili si sono presentati e, ad un certo punto fusi, denota una grande maestria nella gestione degli strumenti, nella conoscenza della musica nonchè una grande capacità di affiatamento tra i componenti delle varie ensamble. Senza voler scomodare il Maestro Roberto De Simone con i suoi studi approfonditi e di straordinaria rilevanza, riteniamo che l'esperienza di questo ferragosto musicale partenopeo sia solo una tappa di quel percorso obbligato che ogni ricercatore delle proprie radici deve, prima o poi, percorrere. Un'iniziativa da ripetere; un appuntamento cui non mancare neanche in futuro. L'amministrazione comunale di Napoli ha fatto bene ad organizzare l'evento ed ha fatto centro regalando ai partenopei un eccezionale momento di vita vera.
 

Un momento del concerto (Foto di Antonio Tortora)
Pubblico danzante (Foto di Antonio Tortora)










sabato 13 agosto 2016

PALAZZO DONN' ANNA A POSILLIPO: CAPACE DI INCANTARE PUR NELLA SUA MISTERIOSA E INSPIEGABILE PRECARIETA'

A NAPOLI ABBIAMO POSILLIPO OVVERO UNO "SCAMPOLO DI PARADISO TERRESTRE" MA ABBIAMO ANCHE IL MONUMENTALE PALAZZO DONN' ANNA OVVERO "UNA MAESTOSA MOLE CADENTE E QUASI UNA ROVINA, MA BELLISSIMA, AL COSPETTO DEL MARE" COME SCRIVE RAFFAELE LA CAPRIA.

di Antonio Tortora


Scorcio Palazzo Donn'Anna (Foto Antonio Tortora)

Trattiamo ora del dettaglio architettonico di una delle più antiche, caratteristiche, mitiche, riprodotte su tela e antiche gouaches, acquerellate, fotografate e ammirate residenze storiche di Napoli: Palazzo Donn'Anna. Infatti solo l'mmagine del Vesuvio può eguagliare l'importanza di tale immagine nel mondo e nonostante il degrado urbanistico della zona di Posillipo, a nostro avviso ma anche stando al parere delle migliaia e migliaia di persone e di turisti che ivi si recano per ammirarla ogni anno, il promontorio posillipino rimane certamente uno "scampolo di paradiso terrestre". E' bene chiarire che la Regina Giovanna II° che il popolo ha sempre erroneamente associato a donn'Anna non c' entra nulla con tale sia pur regale palazzo tufaceo, divorato dal tempo e dai marosi, per la ragione che nella prima metà del quattrocento, epoca in cui visse appunto la Regina, tale palazzo non era stato ancora costruito. Risale infatti al XVII° secolo e fu commissionato al campione del barocco partenopeo Cosimo Fanzago da Donn'Anna Carafa moglie del Vicerè di Napoli Don Ramiro Guzman De Las Torres, Duca di Medina. Non fu mai terminato per varie e alterne vicende e proprio il fatto di essere rimasto incompiuto e di conservare il suo fascino straordinario fino a i nostri giorni ha fatto scrivere a Raffaele La Capria che tale palazzo era ed è una "maestosa mole cadente e quasi una rovina, ma bellissima, al cospetto del mare". Un'immagine davvero forte e suggestiva che fa ben comprendere come la natura, prima o poi, presto o tardi, è destinata a vincere la sua battaglia con la storia. E noi condividiamo appieno tale teoria tenendo presente che il monumentale palazzo ha resistito a secoli di incuria e abbandono, al terremoto del 1688, al violento tsunami provocato dall'eruzione del Vesuvio del 1779, alle incursioni di ladri e vandali; è passato poi per molte mani nobili e aristocratiche che hanno cercato di restaurarlo. All'inizio dell'800 divenne perfino sede di una fabbrica di vetro e fu in parte demolito quando venne costruita la nuova via che costeggiava Posillipo. Ebbene il tufo di cui è prevalentemente costruito provoca, nell'osservatore attento, la sensazione che tutto il complesso architettonico, pur nella sua splendida e terribile precarietà, sia il prolungamento quasi naturale del costone tufaceo da cui si protrae verso il mare e quel groviglio inestricabile di finestre e balconi, scale interne e ammezzati, innumerevoli stanze e numerose grotte inesplorate, mura scalcinate e massi semipericolanti, davvero danno l'idea di una natura che vince sempre e preserva i suoi tesori per farli ammirare a noi, ai posteri, alla caotica modernità che pare disinteressarsi dell'antico, del bello, del pittoresco. Ma abbiamo un'altra ipotesi da tirare in ballo per i cercatori dello spirito e per gli appassionati di storia patria: e se questo luogo fosse immortale? Innerrvato nelle spire del tempo e dello spazio, del cielo e della terra, dell'acqua marina e del vulcanico tufo? Abbiamo appurato, dalle nostre ricerche sulle antiche mappe catastali, che tale manufatto era denominato "La Sirena" e un brivido sale per la schiena, a noi che amiamo la Sirena e il suo mito che da sempre ci nutre. Forse è qui che si è spiaggiata la Sirena Parthenope all'epoca in cui la città è stata fondata? Forse è qui, nei meandri e nei sotterranei del Palazzo Donn'Anna, che si trova la Tomba della Sirena oggetto di culto fino ad epoche relativamente recenti? Per noi tale luogo non è artificiale bensì è naturale, e pur se spoglio, senza stucchi, senza intonacature, senza leziosità barocche, senza grandiosità aristocratiche residue, ci pare essersi purificato dalla mano dell'uomo e dalla sua operosità per tornare a sorvegliare il Golfo e per custodire lo spirito indomito della Sirena e di una Napoli che resiste, simbolicamente e realmente, a tutto.

Uno dei cortili interni di Palazzo Donn'Anna (Foto di Antonio Tortora)


Palazzo Donn'Anna dal lato del Bagno Elena (Foto di Antonio Tortora)


Più foto: https://plus.google.com/+AntonioTortoraGiornalista/posts/VENguAkBFw4

martedì 9 agosto 2016

I NOSTRI POLITICI, ORMAI DA TROPPO TEMPO, SCAPPANO DAVANTI ALLE TELECAMERE E AI MICROFONI DEI GIORNALISTI ELUDENDO LE DOMANDE: UN' ANOMALIA CHE VA SANATA IN QUANTO RICEVERE INFORMAZIONI E' UN DIRITTO PER CITTADINI, RISPONDERE ALLE DOMANDE E' UN DOVERE PER I POLITICI, RACCOGLIERE E TRASMETTERE NOTIZIE DA PARTE DEI GIORNALISTI COSTITUISCE UN PRINCIPIO TUTELATO DALLA COSTITUUZIONE.

Non è più possibile accettare l'idea che i nostri politici e i pubblici amministratori fuggano davanti a telecamere e microfoni, scena ormai consuetudinaria e quasi quotidiana sugli schermi televisivi e sul web, senza che questo comportamento crei un inaccettabile vulnus e una palese violazione dei doveri e dei diritti costituzionali.

di Antonio Tortora


Tessera professionale dell'Ordine dei Giornalisti: Serve ancora? Per i nostri politici evidentemente no.


E' ormai chiaro che, almeno per quanto si possa osservare in televisione e sul Web, la nostra classe dirigente, dai politici nazionali ai pubblici amministratori, conduca una vita separata dal resto del Paese e non ritenga di dover dare risposte a precise domande sul loro operato. Tutto ciò non ha senso in quanto essi devono dare conto, in qualunque momento, del loro operato a una cittadinanza che, che nel bene o nel male, nel giusto o nel torto, li ha votati. C'è un'intera parte della Costituzione, ovvero la Parte I°, Titolo IV°, dall'articolo 48 all'articolo 54, dedicato ai diritti e ai doveri dei cittadini; in quest'ultimo articolo viene enunciato il principio costituzionale che "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". Dunque si parla esplicitamente di coloro che svolgono funzioni pubbliche e per loro stessa natura politiche ovvero dell'establishment di un Paese dove la spaccatura fra quest'ultimo, in tutte le sue sfaccettature, e  la popolazione è diventata profonda e a dir poco insanabile. Tutti conosciamo una verità fondamentale che sin dalla Rivoluzione Francese permea il concetto stesso di democrazia ovvero che senza il consenso dei cittadini nessuna democrazia può funzionare e noi, a tal proposito, ci chiediamo legittimamente e impietosamente se esista ancora una democrazia. Ebbene i politici, i pubblici amministratori, gli uomini di apparato, i gerarchi, l'establishment, la cosiddetta nomenklatura, non fanno altro che scappare, eludere le domande, falsare le risposte, mentire spudoratamente di fronte alle telecamere e ai microfoni di giornalisti che cercano risposte, che si sforzano di comprendere ciò che accade, di dare una corretta informazione a un pubblico sempre più disorientato e vessato dai centri di potere che non tengono in alcuna considerazione il popolo, gli elettori, i "generatori di consenso", le masse cui il diritto all'informazione è, da troppo tempo, arrogantemente negato. Certo qualcuno potrà obiettare che i media cartacei e quelli online siano pieni di informazioni, siano ricolmi di interviste, siano attentissimi e finanche capziosi nei confronti di alcune problematiche, specialistiche quanto inutili, ma forse non si accorgono minimamente che la gran massa delle notizie è spam, serve solo a distrarre, serve solo a disorientare e a incuriosire milioni e milioni di persone che non sanno più dove guardare, cosa leggere, cosa ascoltare. Questo è il dato reale e incontrovertibile, tutti sono pieni di informazioni ma nessuno, o quasi nessuno, sa cosa davvero sia importante e utile sapere; pertanto tutti cianciano, disquisiscono e discettano su ogni argomento. Tuttavia ci sembra di notare che si parli sempre e solo di economia, i cui concetti del tutto falsati, incomprensibili e spacciati come verità bibliche ormai implementano tutti i saperi, tutte le idee, tutte le arti, tutte le culture, ripetendo a pappagallo enunciati, teoremi e paradigmi che non hanno alcun senso; soprattutto in materia di Europa dei banchieri e dei tecnocrati. E mentre nella nostra antica e bella Europa si registrano oltre 26 milioni di disoccupati e  circa 130 milioni di poveri di cui nessuno parla e verso i quali nessuna mano viene tesa, un gruppo di europarlamentari si diverte a proporre, in una recente Written Declaration la European Cravat Day al fine di "riconoscere questo elegante capo d'abbigliamento quale parte del patrimonio culturale, dell'identità, della comunicazione e della moda dell'Europa e permettere alle nazioni europee di preservare e rafforzare i legami tra di loro e i rapporti con il mondo intero." Si avete capito bene La Giornata mondiale della cravattahttp://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-%2f%2fEP%2f%2fNONSGML%2bWDECL%2bP8-DCL-2016-0029%2b0%2bDOC%2bPDF%2bV0%2f%2fEN è stata proposta da quindici europarlamentari ottimamente pagati da tutti noi, con un impegno massiccio di oltre 750 europarlamentari che la votano dopo che è stata tradotta da un esercito di traduttori e che è stata  studiata e lavorata da funzionari e tecnocrati che non hanno di megli da fare che trattare argomenti ridicoli e offensivi, vista la crisi in cui l'Europa dei popoli versa.
E intanto i nostri politici scappano e fuggono senza dare risposte a meno che queste non siano state già concordate in talk show disgustosi dove, dopo aver fatto finta di scannarsi in pubblico, si stringono la mano congratulandosi per aver superato un determinato share e per aver alimentato le loro già ricchissime prebende e rendite ormai diventate di posizione. Mentre i cittadini italiani si interrogano sugli intrallazzi dei potenti e soffrono sotto il peso di una spaventosa burocrazia, vero braccio armato del potere politico e amministrativo, loro, sempre loro, scappano e noi ci chiediamo con quale "disciplina e onore" adempiano alle funzioni pubbliche che gli sono state affidate dal corpo elettorale. E si offendono pure, e si risentono anche per le domande dei giornalisti ritenute provocatorie, insolenti, ingiuriose e impertinenti; con quale faccia osano? Dopo tutti i guai che hanno combinato e dopo tutti i danni che hanno provocato a un Paese che una volta era creativo, pieno di speranze, economicamente florido e oggi è ripiegato su sè stesso a causa di una classe dirigente inetta e di una pressione fiscale che serve solo a mantenere innumerevoli parassiti che, in vita loro, non hanno mai lavorato? E la gente è costretta a scappare all'estero, ora anche gli anziani che con la loro modesta pensione non ce la fanno a tirare avanti in Italia; per non tacere dei giovani, fenomeno che la propaganda mediatica ha definito la "fuga dei cervelli". Nel frattempo la fuga la fanno loro, i colletti bianchi della politica, che dovrebbero essere obbligati dalla Legge a rispondere alle domande dei giornalisti e dei cronisti che spesso, troppo spesso, vengono maltrattati dalle scorte di politici arroganti o vengono querelati con querele che hanno il solo scopo di intimidire chi chiede come stanno le cose. Uno spettacolo deludente offerto, a buon mercato, da decine di migliaia di politici arroganti che hanno scelto di staccarsi dal mondo reale per entrare e barricarsi nella torre d'avorio di un potere sordo alle istanze dei cittadini italiani demoralizzati, scoraggiati e non più fiduciosi nelle istituzioni viste come un nemico. La politica, in senso ampio, non ha più credibilità e la fuga dei politici di fronte a chi chiede per informare ne è la prova certa; il baratro finanziario in cui ci troviamo ne è la prova certa; l'inesistenza di servizi in ampie zone del Paese ne è la prova certa; il dominio incontrastato dei poteri forti e delle banche ne à la prova certa. Mentre essi scappano i cittadini non possono scappare; mentre essi commettono crimini protetti dall'immunità totale i cittadni pagano il conto anche dei più piccoli errori; mentre essi conducono una vita più che agiata in solido con uno sterminato esercito di accoliti e cortigiani una parte consistende della popolazione conosce l'indigenza e assaggia le nuove forme di povertà; mentre essi siventano maestri della vuota retorica gli italiani rischiano di perdere definitivamente la voce. Non c'è dubbio, ormai e prima che sia troppo tardi, i nostri governanti dovrebbero essere obbligati a fare mea culpa e a restituire il maltolto e i partiti, che tutto hanno lottizzato e militarmente occupato, dovrebbero essere azzerati e magari rifondati ex novo. 





martedì 2 agosto 2016

ALLA RICERCA DELLE PIRAMIDI CAMPANE: IL CASO DI SANT' AGATA DE' GOTI E DELLE PROVINCE DI CASERTA E BENEVENTO



In Campania, a Sant'Agata de' Goti, esiste una piramide che costituisce un vero rompicapo per gli studiosi e che induce a riflettere sull'esistenza di strutture similari sparse in Italia e per tutto il globo terrestre.

di Antonio Tortora


Piramide di Sant'Agata de' Goti (Foto di Antonio Tortora)
Dappertutto sulla terra esistono piramidi, dal greco pyramis che significa "della forma del fuoco" e dall'antico egizio per-em-us che vuol dire "ciò che va sù", e il fatto che quelle egizie siano le più famose non lascia assolutamente intendere che le stesse strutture disseminate in altri siti siano, per questa ragione, meno importanti e meno misteriose. Pertanto la lista di piramidi va allungandosi sensibilmente e oltre a quelle famosissime della piana di Giza in Egitto, le mastabe tronco-piramidali, le ziqqurat mesopotamiche e quelle precolombiane dell'America centrale, peraltro numerosissime e non solo dislocate in Messico, potremmo aggiungerne molte altre senza per questo essere esaustivi. Infatti ci proveremo ad elencarle nella consapevolezza che in questo momento, da qualche parte, altre scoperte sensazionali stanno per essere fatte e che le esplorazioni archeologiche e le ricognizioni antropologiche potrebbero subire rallentamenti ma giammai fermarsi. La curiositas istintuale e la cupido cognitionis di dantesca memoria sono insite nella natura dell'uomo e rappresentano una necessità imprescindibile per la scienza ed è per questa ragione che ci siamo recati personalmente a Sant'Agata de' Goti per provare l'emozione unica di ammirare quella perfetta collina che davvero pare essere una piramide. 
Ma andiamo con ordine e proviamo a citarne qualcuna delle più recenti piramidi scoperte a varie latitudini. Da poco tempo è stata diffusa la notizia dalla televisione portoghese della scoperta di una struttura piramidale al largo delle Azzorre, altre sotto i ghiacci dell'Antartide, in Indonesia a Ganung Padang con una struttura che potrebbe essere datata circa 9.000 anni fa, nella foresta amazzonica equadoregna. A Guimar nell'isola di Tenerife le sei strutture tronco-coniche già individuate agli inizi degli anni '90 e descritte dall'antropologo - esploratore norvegese Thor Heyerdahl; quelle a gradoni nelle Mauritius e precisamente nella piana di Paline Magnien, le 37 piramidi di Sebastopoli in Crimea molto simili a quelle di Giza. Le 16 piramidi greche dell'Argolide presso Hellinikon e la piramide irregolare di Arzon in Bretagna. Non possiamo a questo punto tacere della prima piramide europea di Visoko, poco distante da Sarajevo, di cui si parla già dal 2005 con l'affermarsi delle sia pur discusse teorie di Semir Osmanagic e che riapre definitivamente il capitolo del mistero delle piramidi da quel momento presenti anche in Europa. La Cina ovviamente non poteva mancare all'appello con le piramidi allineate osservate, già dal 1947, dal colonnello americano Maurice Sheehan; ed infine la piramide australiana di Gympie nel Queensland individuata verso la metà degli anni '70. Cone si può vedere è una lista lunga e avvincente che, ne siamo certi, si allungherà aumentando esponenzialmente il tasso di misteriosità e indecifrabilità di queste strutture davvero enigmatiche.


Osservazione della piramide di Sant'Agata de' Goti da una terrazza panoramica (Foto di Antonio Tortora)


In Italia pure sono diverse le piramidi segnalate e spaziamo da quella di Montevecchia fra Bergamo e Monza a quelle di Piediluco soprannominate "la Collina dell'Eco" e "la Rocca"presso Rieti, da quella incerta nei pressi di Alassio a quella di Restena di Arzignano dalle parti di Vicenza; da quella di Vessallo in Toscana a quelle nostrane di cui ora parleremo.
La Piramide di Sant'Agata de' Goti, solo una delle tre presenti nel territorio a cavallo tra le province di Caserta e Benevento, fu individuata nel 2008 dal ricercatore indipendente Leonardo Benedetto Romano laddove persiste la collina denominata "Ariella", alta 348 metri e situata a nord est del Monte Traverso, distante poco più di due chilometri dal centro storico della cittadina e lungo la strada provinciale Caradina; la scoperta fu sensazionale e avveniva cronologicamente poco dopo il ritrovamento delle piramidi bosniache di Visoko confermando che in Italia esistono piramidi con caratteristiche similari a quelle ben più famose egiziane e precolombiane. Cosicchè unitamente a quelle ritrovate a Moiano (Monte Porrito alto 380 metri), nei pressi di Montesarchio  e nei pressi di Caiazzo (Monte Mesarinolo alto 245 metri), costituisce un unicum nel panorama archeologico campano e italiano; e ciò anche se per molti studiosi accademici e ufficiali si tratta solo di archeologia misteriosa o clipeologia. Tuttavia noi sappiamo benissimo che moltissime scoperte vengono fatte casualmente ed è grazie a studiosi di storia locale o ad antropologi amateur e a ricercatori indipendenti che molte cognizioni storiche sono state acquisite e si sono radicate nelle conoscenze storiche. Inoltre nel caso di queste piramidi del casertano alcuni seri studiosi delle geoscienze hanno preferito parlare di "morfostrutture piramidali" piuttosto che di piramidi paventando l'ipotesi che si tratti di un particolare tipo di paesaggio modellato, in via naturale, da processi tettonici e da fenomeni di erosione superficiale. 


La Piramide di Sant'Agata de'Goti - Collina Ariella (Foto di Antonio Tortora)

C'è da dire però che la perfezione angolare delle strutture, il loro impeccabile allineamento territoriale nonchè l'essere in corrispondenza, Sant'Agata de'Goti, Moiano e Montesarchio, con la Cintura di Orione e l'essere in corrispondenza, Sant'Agata de' Goti e Caiazzo con la costellazione del Cane Maggiore e più precisamente con la Stella binaria Sirio, fanno riflettere. In questo territorio molte culture si sono avvicendate, dagli Oscci ai Sanniti, dagli Etruschi ai Romani e numerose sono le vestigia medievali ma il mistero  delle piramidi permane in quanto non c'è traccia evidente del fatto che queste popolazioni, sia pure molto progredite, abbiano materialmente realizzato queste megastrutture così perfette e così astronomicamente ben allineate. Anche la stessa città di Saticula, che aderì decisamente alla Confederazione delle città sannitiche e che diede filo da torcere ai Romani, non ha alcun legame con questo tipo di architettura anche se un paio di gallerie sotterranee sembrano collegare l'area territoriale della piramide a quella che sembra essere la probabile sede storica dell'antica città sannita che venne completamente rasa al suolo dai Romani dopo le umilianti Forche Caudine.
E' probabile che si tratti, secondo spiegazioni squisitamente antropologiche, di marcatori di luoghi simbolici costruiti a scopo rituale e magico, ma questa è di certo una spiegazione povera che non fa giustizia dell'esistenza di piramidi sparse a nugoli e a grappoli per tutto il globo terrestre, a qualunque latitudine e perfino ai Poli e nelle profondità degli oceani. Comunque non ci piace parlare di semplice architettura in quanto ciò è molto riduttivo e la funzionalità di tali luoghi potrebbe essere collegata a correnti energetiche sotterranee come la Rete di Hartmann e il Reticolo di Curry, partendo dal presupposto che l'intero pianeta è sottoposto ad influenze cosmiche e telluriche e per questa ragione è probabile che gli antichi conoscessero le variazioni di frequenza e di intensità del campo elettromagnetico del pianeta. Le piramidi potrebbero servire proprio a questo, secondo alcune scuole di pensiero della geobiologia, a stabilizzare la rotazione del pianeta e il suo moto di rivoluzione attorno al sole. Sappiamo che tali teorie faranno storcere il naso a qualcuno ma le conoscenze degli antichi popoli, conservate attraverso le scienze tradizionali fino ai nostri giorni, erano molto progredite e con ogni probabilità il loro sapere non era finalizzato al concetto di mera "utilità" e di "praticità" come accade da qualche millennio a questa parte e non solo nel mondo occidentale bensì, forse, era basato su conoscenze che consentivano all'uomo di vivere in armonia con il pianeta terra e con l'intero cosmo. Tanto per fare un esempio potremo dire che ci sono più conoscenze matematiche e geometriche nelle piramidi egizie che in qualunque altro manufatto presente sul globo; una sorta di libro di pietra che è stato riscritto a memento per l'umanità in epoca più recente nelle cattedrali, luoghi metafisici oltre che fisici, cosmici oltre che terrestri, superumani oltre che umani.
Nell'antica sapienza egizia la piramide era definita MR che significa letteralmente "luogo dell'ascesa" e difatti le piramidi più arcaiche sono state realizzate a gradoni con l'intento di simulare una scala per ascendere al cielo; forse il Faraone sarebbe risorto grazie all'energia cosmica canalizzata dalle strutture geometriche piramidali o forse l'intero pianeta si sarebbe potuto giovare delle energie cosmiche intercettandole, immagazzinandole nelle piramidi stesse e ridistribuendole attraverso i canali e i cunicoli presenti da sempre, quasi come se fossero uteri materni, all'interno e al di sotto delle piramidi. Di questo non possiamo essere certi tuttavia una escursione a Sant'Agata de' Goti ci sentiamo di consigliarla forse con lo stesso spirito e la stessa meraviglia di chi ri reca a Giza o in qualunque altra meta "piramidale". I limiti della nostra scienza ci fanno ben comprendere che sono esistite altre forme di conoscenza e di consapevolezza ormai dimenticate da tutti tranne che dagli iniziati accomunati psichicamente dal desiderio di conservare tali conoscenze e di trasmetterle a coloro che ne hanno le qualifiche.



lunedì 1 agosto 2016

LA NATURA PRIMORDIALE DI NAPOLI ATTRAVERSO GLI OLTRE 500 SCALINI DEL "PETRAIO" IN COMPAGNIA DELLE OSSERVAZIONI DEL PITTORE ASTRATTISTA PAUL KLEE CHE AGLI INIZI DEL '900 QUI SOGGIORNO' E TRASSE ARTISTICA ISPIRAZIONE

IN COMUNICAZIONE DIRETTA FRA LA COLLINA DI SAN MARTINO E IL CORSO VITTORIO EMANUELE, IL COSIDDETTO "PETRAIO", SORPRENDE PER I PAESAGGI CON SCORCI SUL GOLFO PARTENOPEO E FIORITI BALCONCINI, COSTELLATO DI MINUTE ARCATE A VOLTA SINUOSE ALTERNATE A PICCOLI MA CARATTERISTICI PORTONI D'INGRESSO CHE MENANO A UMILI ABITAZIONI ED A  PALAZZOTTI SIGNORILI.
di Antonio Tortora

Il Petraio con palazzi signorili sullo sfondo (Foto di Antonio Tortora)
 
Pedamentina del Petraio (Foto di Antonio Tortora)

Qui la storia sembra essersi fermata, in un silenzio irreale rotto solo dai passi lenti di fortunati residenti e turisti curiosi che non disdegnano di avventurarsi su percorsi forse faticosi ma di sicuro suggestivi. Qui si respirano ancora, con un pò di immaginazione, gli antichi profumi di vigna che "o' Zi' Mario, mitico personaggio della zona, coltivava fino a non molti anni fa producendo un vino di qualità superiore; una sorta di antesignano del "chilometro zero" e del biologico. Da queste parti, nella pensione Haase oggi non più esistente, soggiornò agli inizi del '900 il pittore astrattista e musicista tedesco PAUL KLEE che disse di Napoli: "qui ogni respiro è felicità” e ne rimase così colpito da affrontare una vera e propria ricerca su quella che può essere definita LA NATURA PRIMORDIALE DI NAPOLI. E tale analisi ci piace molto per la sua profondità antropologica attestata da una serie di osservazioni che il pittore fece allorquando affermò in un suo diario, con straordinaria lucidità, “cerco di scendere nel cuore delle cose non ancora nate”, indagando con sguardo concentrato a “questi orti dove la vita pulsa in bilico sull’amorfo e sull’indistinto”. Il tutto diventa ben comprensibile riflettendo sulla sua frase: "il colore mi possiede" e qui a Napoli tutto è colore, un colore innervato sull'attimo presente precario ma creatore di futuro. Alcune note introspettive del pittore e certi suoi dipinti astratti e fortemente emozionali sembrano davvero indicare la volontà di "cercare di scendere nel cuore delle cose non ancora nate". Napoli come matrice mitocondriale originaria e utero dove avviene il miracolo della nascita e della vita. Noi ci avventuriamo spesso su questa pedamentina per riemozionarci sull'antico cammino radiale dei padri e di una Napoli radiosa che riscopre sè setssa ogni giorno e concede all'amante dal cuore puro di partecipare a questa mirabile caccia al tesoro che mai delude, mai stanca, mai tradisce. Pur tra mille problemi e contraddizioni Essa vive e produce vita, energizza e rinvigorisce, dona speranza e fiducia e con un pò di attenzione qui al PETRAIO, descritto nel 1873 da Raffaele D’Ambra come «un lungo acclivo abbondante di ciottoli ed altro petrame che per pioggia o per lavori campestri si stacca da altri terreni di alluvioni», si può provare ad ascoltare ancora la musica del violino di KLEE che era anche musicista oltrechè pittore. Ironia della sorte alcuni giorni fa ci parve di sentire qualche nota classica di sottofondo e un nuovo tunnel spazio - temporale ha aperto le porte della percezione e mai più ce ne saremo andati via da quel luogo magico.




Nostra slide di qualche anno fa: 

 





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