domenica 18 gennaio 2015

PER UN' ANTROPOLOGIA DEL SANFEDISMO STORICO CONSAPEVOLE E NON NOSTALGICO.

PER UN MOMENTO ABBANDONIAMO IL TERRENO DELLA POLEMICA E PERCORRIAMO LA STRADA DELLA RIVALUTAZIONE STORICA PARTENDO DAL CONTROVERSO TERMINE "SANFEDISTA"

Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero. (Proverbio Arabo) 

Rifiutiamo categoricamente i sinonimi correntemente utilizzati in ambito storico, politico e sociologico di "clericale" e "reazionario" per definire "sanfedista" ma, sia pur con qualche distinguo, ne accettiamo la definizione offerta dall'Enciclopedia Italiana Treccani. E cIò  senza lasciarci coinvolgere in disquisizioni polemiche e dissertazioni capziose bensì auspicando serene e assennate valutazioni storiche e antropologiche. L'amore e il rispetto per la nostra città e per la sua storia plurimillenaria è fuori discussione.



                                                 Tratto da Youtube "medicodellasaub"
                                                
SANFEDISTI: Masse di Santa Fede, e quindi di Sanfedisti, si chiamarono per la prima volta quelle bande armate delle plebi rurali e cittadine, che, in nome della vecchia fede degli avi e degli antichi costumi, si sollevarono contro i Francesi e i patrioti nel regno di Napoli, provocando la sanguinosa reazione del 1799. Il movimento fu così pronto, spontaneo e vivace, che un cardinale di grande energia, F. Ruffo di Bagnara, sbarcato con alcuni uomini in Calabria, e pochi avventurieri còrsi, capitati nelle Puglie, poterono dominarlo e indirizzarlo, senza difficoltà, verso la restaurazione monarchica e la distruzione della Repubblica Napoletana, privata dalla guerra della seconda coalizione dell'ausilio dell'esercito francese di E. A. Macdonald. Ma se la monarchia borbonica seppe sfruttare questo moto popolare, non seppe padroneggiarlo a pieno, come avrebbe voluto il Ruffo, e si lasciò trascinare a quella violenta reazione, che segnò, si può dire, la fine morale della monarchia borbonica di Napoli. Il sanfedismo rivelò, inoltre, la profonda crisi morale e sociale che travagliava il Mezzogiorno: si trovarono di fronte la classe colta e le plebi e v'era tra loro tale abisso, che, come ben vide V. Cuoco, sembravano due popoli diversi per due secoli di tempo e per due gradi di clima. Da storici recenti la classe colta napoletana è stata accusata di non avere capito il popolo che si trovava di fronte, ma il rimprovero è ingiusto, perché quella classe colta capì la profondità del moto, l'ammirò anche per l'energia morale, sia pure male applicata, che aveva rivelato, e continuò a lottare per il trionfo di quelle istituzioni, che sole avrebbero potuto portare il popolo sulle soglie della grande politica. Così pure è da attenuare in certo senso il patriottismo del sanfedismo, perché, sebbene moti analoghi scoppiassero in tutti i territorî dei vecchi stati regionali italiani, non vi fu tra loro alcuna sutura ideale e politica e il patriottismo locale non si trasformò in patriottismo nazionale. L'Italia non ebbe, né poteva avere la bella guerra nazionale contro i Francesi, come la Spagna e la Germania, e il sanfedismo non fu, in fondo, che una Vandea italiana, su uno sfondo sociale più grandioso.
Nella Restaurazione dopo il 1815, sanfedisti si chiamarono anche nello stato pontificio quelle sette reazionarie che si contrapposero alle liberali, ma su esse mancano lavori esaurienti, che permettano di tracciarne con sicurezza i caratteri. Nella Restaurazione poi il termine sanfedista acquistò in Italia un'accezione più lata, e fu dato dai liberali ai partigiani del trono e dell'altare, con un senso d'infamia e di sprezzo in ricordo delle stragi del 1799, onde la qualifica non fu mai accolta in buona pace da coloro che ne erano gratificati. Dopo il 1850 circa, nella polemica liberale il vocabolo sanfedista cedette il posto a quello di clericale, che veniva dalle lotte politico-religiose francesi e che in Italia era stato adoperato solo in senso stretto per designare il governo politico dei preti nello Stato Pontificio.
Un'eccellente bibliografia del movimento sanfedista nel Mezzogiorno è quella di N. Cortese in appendice alla sua edizione del Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 di V. Cuoco (Firenze 1926, pp. 430-37). Sulla genesi sociale del movimento, cfr. G. Prato, L'evoluzione agricola nel sec. XVIII e le cause economiche dei moti del 1792-98 in Piemonte, in Atti della R. Acc. di scienze di Torino, 1908-09; N. Rodolico, Il popolo agli inizi del Risorgimento nell'Italia meridionale, 1798-1801, Firenze 1925. Sui caratteri, cfr. B. Croce, Storia del regno di Napoli, Bari 1925, pp. 222-228; il cit. Rodolico; G. Lumbroso, I moti popolari contro i Francesi alla fine del sec. XVIII, Firenze 1932. Per le sette sanfediste nello Stato Pontificio, cfr. L. Farini, Lo Stato Romano dall'anno 1815 all'anno 1850, I, Torino 1850: G. Cassi, Il card. Consalvi e i primi anni della restaurazione pontificia, 1815-19, Milano 1931. Sulla parola "clericale", cfr. I Maurain, La politique ecclésiastique du second empire de 1852 à 1869, Parigi 1930, p. 960.

Scritto curato da Walter Maturi, liberale, allievo di Michelangelo Schipa, Benedetto Croce, Gaetano Salvemini e Gioacchino Volpe, ma serio e attento studioso della storia italiana meridionale e risorgimentale.

Tratto da: http://www.treccani.it/enciclopedia/sanfedisti_%28Enciclopedia-Italiana%29/

Testo originale del CANTO DEI SANFEDISTI in lingua napoletana cantato e interpretato dal grande Peppe Barra:

A lu suono de grancascia
viva lu populo bascio.
A lu suono de tamburrielli
so' risurte li puverielli.
A lu suono de campane
viva viva li pupulane.
A lu suono de viuline
morte alli giacubbine.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
A sant'Eremo tanto forte
l'hanno fatto comme 'a ricotta
a 'stu curnuto sbrevognato
l'hanno miso 'a mitria 'ncapa.
Maistà chi t'ha traruto
chistu stommaco chi ha avuto,
'e signure 'e cavaliere
te vulevano priggiuniere.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
Alli tridece de giugno
sant'Antonio gluriuso
'e signure 'sti birbante
'e facettero 'o mazzo tanto.
So' venute li Francise
aute tasse 'nce hanno mise
liberté... egalité...
tu arrubbe a me
i'arrobbo a ttè...
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
Li Francise so' arrivate
'nce hanno bbuono carusate
e vualà e vualà
cavece 'nculo alla libertà.
A lu ponte 'a Maddalena
'onna Luisa è asciuta prena,
e tre miedece che banno
nun la ponno fa sgrava'.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.
A lu muolo senza guerra
se tiraje l'albero 'nterra
afferrajeno 'e giacubbine
'e facettero 'na mappina.
E' fernuta l'uguaglianza
è fernuta la libertà,
pe' vuje sò dulure 'e panza
signo' jateve a cucca'.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunziglie
viva 'o rre cu la famiglia.
Passaje lu mese chiuvuso
lu ventuso e l'addiruso
a lu mese ca se mete
hanno avuto l'aglio arrete.
Viva tata maccarone
ca rispetta la religione,
giacubbine jate a mmare
ca v'abbrucia lu panare.
Sona sona
sona Carmagnola
sona li cunzigli
viva 'o rre cu la famiglia.

Altri testi su: http://www.angolotesti.it/N/testi_canzoni_nccp_nuova_compagnia_di_canto_popolare_7965/testo_canzone_canto_dei_sanfedisti_290283.html
Tutto su Nccp Nuova Compagnia di Canto Popolare: http://www.musictory.it/musica/Nccp+Nuova+Compagnia+Di+Canto+Popolare


Testo del CANTO DEI SANFEDISTI tradotto, per chi non è partenopeo, in italiano corrente:

Al suono della Grancassa
Evviva, evviva il Popolo Basso,
Al suono del Tamburello
Sono insorti i poverelli,
Al suono della campana
viva, viva i Popolani;
al suono del violino
morte a tutti i giacobini!
Suona, suona – Suona Carmagnola
Suona l’adunata – viva il Re e la famiglia! 
Sant’Elmo, che era un grande forte 
l’hanno ridotto come una ricotta,
a questo cornuto e svergognato
gli hanno messo la mitria in testa.
Maestà, chi vi ha tradito?
Chi ha avuto questo coraggio?
I Signori, i Cavalieri
Ti volevano imprigionare!
Suona, suona – Suona Carmagnola
Tuona il cannone, 
viva sempre il Re Borbone! 
Il tredici giugno, Sant’Antonio glorioso,
ai Signori, questi birbanti,
gli fecero un culo così! 
Sono arrivati i Francesi
ci hanno messo ancora altre tasse.
“Libertà, Uguaglianza”:
Tu rubi a me, 
io rubo a te!
Suona……viva sempre al Re Borbone!
I Francesi sono arrivati,
ci hanno ripulito completamente
“ecco qua, ecco qua”,
un calcio in culo alla Libertà!
Dove è andata donn’Eleonora 
che ballava nel teatro?
ora balla per il mercato:
con mastro Donato!
Suona………… viva il Re e la famiglia!
Al ponte della Maddalena
Donna Luisa è rimasta incinta
Son venuti tre medici ma 
non riescono a farla partorire!
Dove è andata donn’Eleonora 
Che ballava nel teatro,
ora balla con i soldati,
e non ha più potuto ballare!
Suona……..viva il Re e la famiglia!
Le navi sono già pronte,
correte tutti per farle avviare,
preparatevi esultanti
perché dovete farle partire;
Nel mare c’è l’inferno ed
i suoi cancelli sono ardenti:
traditori, andate a fondo, 
non potete più rubare!
Suona……. viva sempre il Re Borbone
Al molo, finita la guerra,
hanno abbattuto l’albero
hanno preso i Giacobini
e li hanno ridotti come stracci sporchi!
E’ finita l’uguaglianza,
è finita la libertà, 
per voi son dolor di pancia:
signori, andatevene a letto!
Suona………… viva il Re e la famiglia!

Fonte: http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=4692

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