lunedì 9 novembre 2015

NEL PENSATOIO - LABORATORIO - ATELIER DELLE "VOCI DI DENTRO" A SPACCANAPOLI DUE ARTISTI REINTERPRETANO NAPOLI E I SUOI SIMBOLI


Le "Voci di Dentro" non solo commedia eduardiana ma anche scultura e pittura; a Spaccanapoli nell'atelier di Alessandro Flaminio e Castrese Visone per scoprire l'antica tradizione e le nuove tendenze simboliche di una Napoli che attraverso l'arte si muove, viaggia e si espande con un messaggio perenne di creatività indomabile e bellezza indescrivibile.
di Antonio Tortora

Il Maestro Alessandro Flaminio nel suo Atelier

Nel cuore di via San Biagio dei Librai 111, ovvero nel cuore di Spaccanapoli fra via Benedetto Croce e Forcella, è strategicamente collocato un atelier d'arte, denominato per estremo omaggio all'opera e alla commedia del grande Eduardo De Filippo, "Le voci di dentro". Strategico perchè la sola lettura dell'insegna richiama Eduardo, ricorda la trama della celebre commedia, fa riaffiorare alla mente quella densa ambiguità fra realtà e sogno che obbliga persone sensibili a chiudersi nel silenzio nel tentativo di estraniarsi dalle meschinità del mondo reale. Eppure contraddittoriamente, una volta entrati nell'atelier, le voci di dentro cominciano a parlare, eccome se parlano; diremo che urlano e si affollano nella mente bombardandole di simboli che gli artisti Alessandro Flaminio e Castrese Visone manipolano e ripropongono sapientemente. Il bianco Pulcinella stilizzato con abito da derviscio rotante; il cono vulcanico del Vesuvio con il rosso magma in perenne tracimazione; il molteplice pannello sangennariano teso a raccontare il suo martirio, con qualche sfumatura di rosso, ma anche a riconfermare illimitatamente nel tempo la sua verace e sacra missione di protezione cittadina; il teschio reinterpretato modernamente e impregnato di antichi culti dedicati alle anime del Purgatorio; il cuore bicolore che palpita insistentemente con voce cardiaca e metropolitana; la scultura dell'uomo neoclassico che si avvolge in un movimento rotatorio da cui nasce l'idea del movimento vorticoso della vita; il corno simbolo di antica e perenne regalità, altro che scaramanzia e superstizione infatti la radice sanscrita KR significa "regale". E qui ci fermiamo per non rovinare la sorpresa ad un eventuale visitatore che si recasse in quella strada e in quella bottega-atelier per ascoltare le "voci di dentro" con tutto quello che hanno da dire. 
"Mi diverto a giocare con la materia e a quarant'anni gioco ancora - ci dice a bruciapelo il maestro Alessandro Flaminio - pertanto mi ritengo fortunato; inoltre giocando non prendo sul serio neanche me stesso e ciò allontana da me ogni turbamento e mi pone in condizione di creare raccontando quello che vedo e quello che sento". E' veloce nella descrizione di sè stesso, il tono di voce basso e lo sguardo indagatore, la barba non foltissima ma significativamente filosofica, un piccolo orecchino che lascia rifrangere, potenziandola, la luce artificiale dei faretti. Abbiamo l'impressione che le sue opere riguardino una tradizione culturale rivisitata ma condita con elementi moderni e del tutto contemporanei come i quadri e le sculturE esposti tra mille colori. Predominano il rosso, il bianco, il nero, il blu e il giallo; un ritratto di Pino Daniele ci ricorda alcuni testi di canzoni straordinarie e il San Gennaro stilizzato ci richiama, d'imperio, al rosso purpureo di un sangue che fluisce da migliaia di anni. E poi aggiunge: "so cosa stai pensando ma io sono un napoletano nel mondo, un napoletano globale che è in grado di confermarti che i maggiori nostri clienti non sono partenopei bensì stranieri e del resto d'Italia". Questa precisazione ci inorgoglisce e approviamo il messaggio che il maestro vuole lanciare anche se sa benissimo che Napoli tutto è tranne che "provinciale". 
E poi senza esitazione rimarca ciò che, molti anni fa, gli disse lo scultore Gabriele Zambardino che anche noi a suo tempo avemmo l'onore di conoscere: "l'arte deve entrarti nel sangue"; e come non riconoscere la validità di tale affermazione? Ricordiamo il foulard scuro che portava, quasi sempre al collo. Anzi qualche tratto di Zambardino lo riconosciamo negli atteggiamenti di Alessandro Flaminio e non ce ne meravigliamo visto che al Centro d'Arte "La Spelonca" in via Caracciolo, a due passi dal mare e dalle sabbie vulcaniche e tufacee di Napoli, i giovani artisti potevano esporre senza essere obbligati a osservare particolari condizioni. Flaminio ha imparato molto anche qui, è artista autodidatta e geniale come il direttore del cenacolo "La Spelonca"; ha mutuato l'aria bohemien e sregolata del tutto tipica e anticonformista che caratterizza gli artisti dal forte temperamento.





Il Maestro Alessandro Flaminio al lavoro nel suo laboratorio


Quando leggiamo su: www.branditaliamagazine.com il magazine dell' American Chamber of Commerce in Italy: "Part of such Mediterranean artistic avant-garde are family tradition follower and innovative artist Alessandro Flaminio and young craftsman Castrese Visone. Their lively workshop, “The Inner Voices”, celebrates the very human vocation to regeneration" con un testo redatto dal collega Danilo Capone, ci rendiamo conto dell'importanza che un'arte antica reinterpretata in chiave moderna non solo ma del tutto originale può rivestire, in paesi dove l'arte nasce contemporanea, e per certi versi, ultramoderna senza avere quel retroterra culturale e quel substrato storico che costituisce il basamento su cui la napoletanità si è andata costruendo nel corso dei millenni. 

Esposizione all'interno dell'Atelier "Le Voci di Dentro"


Abbiamo osservato attentamente il lavoro dei due artisti, chi ci conosce sa che amiamo fare osservazioni antropologiche, e ciò che abbiamo potuto vedere è stata una sequela di azioni apparentemente semplici, naturali, sapientemente calibrate ma che rispondono a stili personali, a sapienze accumulate nel tempo, all'esperienza di chi ha vissuto per strada metabolizzando i segni della vita, i simboli degli archetipi partenopei, le abilità creative geneticamente selezionate e soprattutto i messaggi, chiari e forti, di chi non è abituato a parlare ma ad agire.  Il maestro Flaminio ci ha confidato: "da decenni lavoro sui sentimenti che esprimo con forme estetiche semplici e ricercate e, nello stesso tempo, coltivo l'intento di realizzare una ricerca che vuole essere quanto più espressiva possibile, senza risparmio di energia". Inoltre aggiunge, con la modestia di chi sa di attingere a fonti superiori e interiori dello spirito, "quando lavoro mi estraneo e rimango in silenzio ascoltando le voci di dentro". Ebbene nel frastuono generale e in una strada, come Spaccanapoli immane ferita nel cuore della città ma anche fiume impetuoso di vita umana e metafisica, rimaniamo esterrefatti e meravigliati da come quelle "voci di dentro" possano essere intercettate e comprese.

Alessandro Flaminio e Antonio Tortora nell'atelier
Antonio Tortora nel pensatoio-atelier ascolta "Le Voci di Dentro"
Ora Alessandro Flaminio e Castrese Visone pensano, in tempi brevi, di aprire un atelier-galleria nella zona delle botteghe antiquarie e della movida notturna, ovvero Chiaia, per poter offrire il pensiero artistico, distillato dall'ascolto delle "Voci di Dentro" e le forme eleganti fuoriuscite, come per incanto, dalle mani di coloro che sono amici e artisti da sempre, da napoletani capaci di lanciare messaggi universali rispetto ai quali un ringraziamento sincero va indirizzato da tutti coloro che credono nella creatività partenopea e nella sua capacità innata e indomabile di produrre emozioni.

martedì 3 novembre 2015

IL RAZZISMO ANTIMERIDIONALE E ANTIPARTENOPEO ESISTE, RIEMERGE CON TENACIA COME UN FIUME CARSICO E, INSPIEGABILMENTE, NON VIENE SANZIONATO COME SE APPARTENESSE ALL'ORDINE NATURALE DELLE COSE.

DALLA PSEUDOUNITA' D' ITALIA AD OGGI I POPOLI MERIDIONALI, E I NAPOLETANI IN PARTICOLARE, SI TROVANO SOTTO ATTACCO COSTANTE DA PARTE DEI MEDIA SOBILLATORI, DEI POLITICI DEMAGOGHI DEL NORD E DEL SUD, DEGLI ACCADEMICI "POLITICALLY CORRECT" NELLA FORMA MA MOLTO "INCORRECT" NELLA SOSTANZA, DEGLI STORICI  AFFILIATI ALLO STATUS QUO ANTE OVVERO OTTOCENTESCO.
di Antonio Tortora
Ricordate questo cartello? Disonore dell'Italia razzista
Abbiamo saputo della bagarre scatenatasi, un paio di sere fa, nel corso di un programma inguardabile e inascoltabile "L'Arena", andato in onda su Rai 1 e non ci siamo certamente meravigliati di quanto abbiano affermato, con veemenza e iracondia, il conduttore della trasmissione Massimo Giletti e il legaiolo di infimo livello Matteo Salvini. Il copione, ben studiato e riproposto di continuo, è sempre lo stesso e l'gnobile repertorio antipartenopeo, stantio e nauseabondo, è sempre conforme a un pensiero dominante dai contenuti segregazionisti e intolleranti. Ma di questi tempi tira un'aria nuova e le offese non vengono più tollerate anche se, presenti alla trasmissione Rita dalla Chiesa nativa di Casoria, Alessia Rotta deputata del PD nata in uno sperduto e sconosciuto paesino veneto, Carlo Iannello consigliere comunale napoletano di Ricostruzione Democratica, non hanno speso una parola per tentare di bloccare la macchina del fango ormai lanciata a pieno regime.
C'è stata una vera e propria sommosa  estesa a tutto il web e i social brulicano di giuste e sacrosante critiche  contro l'ennesimo festival del luogo comune a tal punto da obbligare alcuni media a trattare l'argomento. Pare sia stata qualche osservazione del consigliere comunale socialista Antonio Crocetta a mandare su tutte le furie il Giletti che, da buon torinese e ritenendosi di schiatta superiore e di discendenza nobile, ha cominciato a sfoderare un armamentario antistorico e inconsistente. Gli argomenti trattati non li vogliamo neanche accennare perchè il cittadino medio già li conosce molto bene: immondizia, sporcizia, camorra e quant'altro. Ma con gli scandali romani di Mafia Capitale, gli scandali milanesi delle truffe all'Expo e all'ospedale San Raffaele, le mazzette del Mose (opera grandiosa di ingegneria idraulica) a Venezia, gli esami truccati all'Università di Padova e un'infinità di altri episodi criminosi disseminati in maniera calibrata e uniforme su tutto il territorio nazionale, proprio non capiamo perchè, gira e rigira, sempre contro Napoli si deve inveire. A chi fa paura la nostra città?
Il torinese Giletti poi per argomentare che la Rai fa un lavoro "straordinario" cita i film e le fiction dedicati dall'elefantiaco ente ai "problemi della camorra" dimenticando che si tratta di televisione spazzatura dove l'esagerazione, l'amplificazione e la superfetazione di determinati fenomeni contribuisce solo a condannare un intero popolo dalla cultura e dalla storia plurimillenaria piuttosto che alla risoluzione di problemi che, peraltro, nascono e si consolidano con l'Unità d'Italia.

Massimo Giletti in una dlele sue sfuriate antimeridionali
Appare naturale, e per questo non è strettamente necessario avere conoscenze giuridiche approfondite, che tutta una serie di opinioni espresse contro il Sud, il Mezzogiorno d'Italia e i napoletani abbiano un contenuto razzista e fortemente discriminatorio vietato esplicitamente dal dettato costituzionale. Infatti l'articolo 3 della Costituzione recita al primo capoverso: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Certo, contrariamente a quanto disposto dal secondo capoverso la Repubblica non ha minimamente rimosso gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l'eguaglianza dei cittadini favorendo, di fatto, una sorta di discriminazione "interna" ma questa è un'altra storia, certamente da rivedere, fino a quando la Costituzione rimarrà l'unica e principale fonte del diritto dello Stato italiano. 
Proprio non si capisce per quale ragione chi ha un atteggiamento xenofobo viene duramente sanzionato pertanto i media, ma anche i privati, si guardano bene dall'assumere tale atteggiamento mentre chi si scatena indegnamente contro i napoletani e la illustrissima città da essi abitata da migliaia di anni, non incorre in alcuna pena. Proprio non si capisce anche se, in questo caso, Roberto Fico, presidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai, sta valutando di portare all'attenzione del direttore di Rai 1 un'interrogazione che possa fare chiarezza sull'accaduto.
”Giletti non è nuovo a queste modalità di conduzione: se non è d’accordo su un tema perde il lume della ragione e sbraita contro tutto e tutti". - ha detto Roberto Fico - "A me non sembra un segnale di dignità per la televisione pubblica. È almeno la terza volta che sul tavolo della commissione arriva questa lamentela. Quanto a Napoli, ha anche centinaia di lati positivi e io voglio che vengano giustamente valorizzati”. Ma per noi questo non è sufficiente, occorre qualcosa di più. Anche Matteo Salvini si è prodigato, da legaiolo è comprensibile ma non giustificabile, a elargire perle di luoghi comuni: a Napoli ci sarebbe l'emergenza rifiuti, ci sarebbero le case occupate dalla camorra, non si pagherebbero le multe automobilistiche, sarebbe la capitale europea delle truffe sui falsi incidenti d'auto. Forse lui dimentica, ma sa benissimo, che l'emergenza rifiuti non esiste più, cosa verificata da me personalmente che sono un assiduo camminatore e percorro la città in lungo e in largo e non vedo cumuli di monnezza da anni. Forse lui dimentica che le case occupate ci sono in tutta Italia e a Milano e in altre città del nord costituiscono un grave problema di ordine pubblico. Forse lui dimentica che le multe vengono tutte pagate perchè i sistemi di rilevamento elettronico sono infallibili ma anche truccati (e dunque ingiusti e si manifestano come un intollerabile abuso rastrellasoldi) e le centrali della frode telematica sono tutte collocabili nel nord Italia come i periodici scandali dimostrano, soprattutto nel Veneto. Forse lui dimentica che le truffe sui falsi incidenti d'auto sono quasi del tutto scomparse e quando c'erano furono scoperte e vennero decapitati tutti gli ispettorati sinistri delle maggiori assicurazioni che, guarda caso, avevano ed hanno i loro uffici principali al nord e che dunque gran parte dell'illecito profitto raggiungeva le città dove il suo partito domina.




Questo era il razzismo scientifico positivista ed eugenetico antimeridionale italiano nell'800 - Questi erano, sono e saranno i nostri fratelli?
 Il razzismo antimeridionale ha radici storiche lontane e merita di essere studiato perchè altrimenti non risulta possibile comprendere adegauatamente l'estensione e la profondità del fenomeno che i nostri governi, da sempre, tollerano e in alcuni casi sponsorizzano in maniera talvolta palese e talvolta surrettizzia. Dalle infami pubblicazioni del criminologo ottocentesco veronese Cesare Lombroso che associò determinate caratteristiche fisiche dei meridionali all'indole criminale alle teorie dell'emiliano Luigi Pigorini e del messinese Giuseppe Sergi; dal siciliano Alfredo Niceforo che osò scrivere rinnegando le sue stesse origini: "La razza maledetta, che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiorno d'Italia dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco - dannata alla morte come le razze inferiori dell'Africa, dell'Australia, ecc." al mantovano Enrico Ferri che vide origini celtiche dove non sono mai esistite; dallo storico porticese Guglielmo Ferrero al politico e geografo cremonese Arcangelo Ghisleri. Inoltre nel 1876 le tesi razziste furono pienamente riconosciute dalla commissione parlamentare d'inchiesta sulla Sicilia che concluse "la Sicilia s'avvicina forse più che qualunque altra parte d'Europa alle infuocate arene della Nubia; inSicilia v'è sangue caldo, volontà imperiosa, commozione d'animo rapida e violenta".

Questo è il sostrato culturale su cui nasce l'Italia (abbinato al colonialismo sabaudo fonte di tutti i mali italiani) ed è per tale ragione che in altri nostri articoli abbiamo sostenuto che l'Italia e gli italiani non esistono nè come nazione nè come popolo. Questa è la vera radice del pensiero antimeridionale nato, allevato e incrementato, come in un big bang razzistico ideologico, su tutto il nostro territorio nazionale e non deve meravigliare se molti studiosi citati sono meridionali; infatti essi furono talmente presi dalle novità post-unitarie, dal sistema di teorie del razzismo scientifico internazionale, dal positivismo acritico e dogmatico dilagante, che non poterono fare a meno dal costituire la quinta colonna "culturale" dell'ideale unitario. Inoltre è bene dire che furono tutti premiati dalla nuovo che avanzava (purtroppo per noi) con ricche prebende, diventarono professori universitari se non lo erano già, senatori e deputati  del Regno, ottennero ottime pensioni e onorificenze molto rare a quei tempi. Insomma furono ben pagati per l'opera prestata. Oggi alcuni di questi loschi e perversi personaggi ancora sono letti e studiati. In un'epoca in cui non si fa altro che parlare di lotta al razzismo i principi razzisti ottocenteschi ancora sono innervati stabilmente nella mente delle persone meno consapevoli e si nascondono in una sequela infinita di maledetti pregiudizi e assurdi luoghi comuni ripetuti da gente che non ha la più pallida idea di quello che dice.

 
Calchi esposti nel Museo Cesare Lombroso: E' vera scienza o razzismo positivistico?


giovedì 29 ottobre 2015

PROPONIAMO L'ISTITUZIONE DEL REATO DI STALKING TELEFONICO PER I GESTORI DELLE RETI DI TELEFONIA MOBILE E FISSA CHE PERSEGUITANO I CITTADINI ATTRAVERSO I CALL CENTER DISSEMINATI IN MANIERA CAPILLARE SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE E ALL'ESTERO

C'e un sistema per sbarazzarsi dello stalking telefonico e dell'invadenza dei gestori telefonici: Rivolgersi al Garante per la Protezione dei Dati Personali e seguire una procedura un pò ferraginosa ma, se si è fortunati, efficiente.

di Antonio Tortora

                            video informativo del Garante

Chi, negli ultimi tempi, non ha avuto fastidi frequenti attraverso i dispositivi di telefonia fissa e mobile da parte di gestori scorretti, invadenti e non osservanti della legge, alzi la mano; vediamo, anche se virtualmente, una selva di mani alzate. Il Garante per la protezione dei dati personali ha predisposto un sistema efficace per opporsi alle telefonate pubblicitarie indesiderate. FACCIAMO VALERE I NOSTRI DIRITTI e rivolgiamoci al GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI, un pubblico servizio cui é necessario ricorrere in un momento in cui i telefoni squillano all'impazzata con l'effetto di stressare, disorientare, raggirare e confondere l'utenza con giungle tariffarie incomprensibili, con servizi la cui efficacia é dubbia, con navigazioni lentissime su linee Adsl sovraccariche e per giunta con improvvise rescissioni unilaterali di contratti e piani tariffari da parte di gestori sempre più agguerriti e sempre meno rispettosi delle persone con cui intendono instaurare un rapporto di business. Inoltre in caso di disdetta si registrano costi esagerati, zero trasparenza dovuta a un'opacità informativa da parte di quasi tutti i gestori e burocrazia infinita in caso di cambio gestore. C'è molta carne a cuocere e i dati dell'Agcom (Autorità garante delle comunicazioni) lo confermano. Temevamo di dover tornare sull'argomento e così è stato. In nessun altro Paese al mondo il business telefonico risulta così appetibile per le agguerrite società che gestiscono  la telefonia mobile e fissa. L'accaparramento del cliente, sprovveduto e ignaro di tutte le dinamiche che si nascondono nelle maglie della tecnologia e della burocrazia, costituisce il target primario di call center moltiplicati a dismisura su tutto il territorio nazionale e all'estero. Teleselling (televendita) e telemarketing outbound (ovvero interviste telefoniche che partono da call center allo scopo di individuare strategie commerciali) sono diventate un'incubo per gli italiani che, ogniqualvolta sentono il telefono squillare, temono a ragion veduta, che si tratti proprio del disturbatore, del molesto, dello scocciatore, del seccatore inopportuno di turno. Chissà come mai non è stato inventato il reato di STALKING TELEFONICO in un paese così creativo nell'inventare nuovi reati; forse per non danneggiare i gestori telefonici? Essi infatti con le loro apparecchiature sofisticate e i software a loro disposizione consentono il CONTROLLO CAPILLARE DI TUTTI I CITTADINI? Dalle conversazioni personali agli spostamenti? La situazione è pesante e la procedura consigliata dal Garante, che per fortuna esiste e rappresenta l'unico baluardo legale nei confronti dell'invadenza di queste società senza scrupoli, è piuttosto ferraginosa e complicata e non è detto che, una volta ottemperato a tutti gli adempimenti necesari, il problema venga risolto.
Di seguito l'elenco dei gestori di telefonia mobile: 3 Italia., Tim, Vodafone., Wind.. Per la telefonia mobile con operatori virtuali: Auchan Mobile, Coop Voce, Total Erg Mobile, Fastweb, MTV Mobile, Noverca, Poste Mobile, Tiscali Mobile, Carrefour UnoMobile. Ecco infine l'elenco dei gestori di telefonia fissa: ACN, Ariatel, Brennercom, DigiTel, Eutelia, Fastweb, Infostrada Wind Telecomunicazioni, Klik, Noi Tel Italia, OKcom, OlimonTel, Telecom Italia, TeleTu, Tiscali, TLC, Vodafone Italia. Come si vede sono tantissimi, dotati di centinaia e centinaia di piani tariffari, e ogni utente potrà riconoscere il proprio persecutore; appare ovvio che solo i più forti sono presenti in maniera massiccia con i call center e dunque saranno anche quelli che disturbano di più con la loro aggressività mascherata da buona educazione e gentilezza ipocrita e falsa.



 Guarda la clip informativa del Garante su Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=eFGARgqpkC8

Gli abbonati (che la legge definisce ora "contraenti") i cui nominativi e numeri siano in elenco e che non desiderino ricevere telefonate pubblicitarie, devono iscriversi al Registro Pubblico delle Opposizioni.

Il Registro è stato istituito con il d.P.R. 178/2010 e la sua gestione è stata affidata, dal Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento per le Comunicazioni, alla Fondazione Ugo Bordoni (FUB).
L'iscrizione è gratuita, ha durata indefinita e può essere revocata in qualsiasi momento.

 Vi sono 5 modi per opporsi alle telefonate pubblicitarie rivolgendosi al Gestore del Registro Pubblico delle Opposizioni:
• Per raccomandata, scrivendo a: "GESTORE DEL REGISTRO PUBBLICO DELLE OPPOSIZIONI – ABBONATI"
UFFICIO ROMA NOMENTANO - CASELLA POSTALE 7211 - 00162 ROMA (RM)
• Via fax: 06.54224822;
• Per e-mail: abbonati.rpo@fub.it;
• Tramite il numero verde: 800.265.265;
• Compilando il modulo elettronico disponibile nella apposita "area abbonato" sul sito: www.registrodelleopposizioni.it

Chi tutela gli abbonati se, nonostante l'iscrizione, ricevono una o più telefonate indesiderate?
Il cittadino può rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali o all'Autorità giudiziaria.
(A tal riguardo, si suggerisce la lettura del provvedimento 20 settembre  2012)

Prima di fare la segnalazione è bene però:
• accertarsi dell'avvenuta iscrizione al Registro;
• controllare che siano trascorsi 15 giorni dal momento dell'iscrizione (solo dopo questo termine, infatti, l'opposizione diviene effettiva);
• verificare di non aver prestato il consenso al trattamento dei propri dati per finalità di telemarketing allo specifico soggetto che ha effettuato la chiamata.

Chi tutela gli abbonati quando ricevono telefonate pubblicitarie malgrado i loro numeri non siano in elenco (utenze riservate)?
Il cittadino può rivolgersi al Garante per la protezione dei dati personali o all'Autorità giudiziaria.
Prima di fare la segnalazione è bene però verificare di non aver prestato il consenso al trattamento dei propri dati per finalità di telemarketing allo specifico soggetto che ha effettuato la chiamata.

Una serie di modelli di segnalazione indirizzati al Garante da compilare sono stati predisposti dal Garante e sono scaricabili online in formato pdf. Basta digitare: http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/1794339


  I modelli per le segnalazioni al Garante, una volta compilati, possono essere inviati nelle seguenti modalità:
· fax: 06.69677.3785
· e-mail: urp@gpdp.it oppure urp@pec.gpdp.it
· raccomandata indirizzata a: "Garante per la protezione dei dati personali, Piazza di Monte Citorio, 121 - 00186 Roma"

 E' importante sapere che sono state introdotte nuove regole a tutela del consumatore:
• chi fa la telefonata pubblicitaria deve rendere visibile il numero chiamante;
• gli operatori, o i loro responsabili, al momento della chiamata, devono indicare con precisione agli interessati che i loro dati personali sono stati estratti dagli elenchi di abbonati, fornendo, altresì, le indicazioni utili all'eventuale iscrizione del contraente nel registro delle opposizioni;
•  l'informativa può essere resa con modalità semplificate.

 Va ricordato che: al Garante per la protezione dei dati personali  sono state attribuite funzioni di vigilanza sul Registro delle opposizioni (artt. 4 e 12 del d.P.R. 178/2010). Il gestore del Registro (FUB) deve  assicurare l'accesso al registro da parte del Garante per la protezione dei dati personali, per esercitare controlli, verifiche o ispezioni che risultino necessari secondo quanto previsto dal Codice in materia di protezione dei dati personali

SANZIONI: In caso di violazione del diritto di opposizione, nelle forme previste dal d.P.R. 178/2010 si applica una sanzione da 10 mila a 120 mila euro (articolo 162, comma 2-quater del Codice).

 LE SEGNALAZIONI AL GARANTE
A partire dall'entrata in funzione, nel febbraio 2011, del Registro delle opposizioni sono pervenute al Garante, da parte di abbonati iscritti al Registro, oltre 12.500 segnalazioni (dato aggiornato al 30 giugno 2014).
Per ogni presunta violazione è stata avviata una specifica istruttoria preliminare e, nei casi in cui è stata accertata la violazione della privacy da parte delle società operanti nel settore del telemarketing, sono state contestate sanzioni che ammontano a complessivi 2.236.000 euro (dato aggiornato al 30 giugno 2014).


lunedì 19 ottobre 2015

LE BANCHE CONTINUANO A LUCRARE NONOSTANTE L'ANATOCISMO SIA VIETATO DALLA LEGGE GIA' DAL GENNAIO 2014



Attenti alle banche: riguardatevi attentamente tutti i conteggi; esse praticano l'anatocismo  ovvero producono interessi da altri interessi resi produttivi su un determinato capitale con calcoli trimestrali. E' una pratica illegale da 22 mesi e già ci sono le prime condanne.



ANATOCISMO: dal greco ἀνατοκισμός anatokismós, composto di ανα- «sopra, di nuovo» e τοκισμός «usura»)

Non vogliamo entrare nei tecnicismi di carattere bancario altrimenti ci si potrebbe annoiare leggendo l'articolo, tuttavia almeno la definizione di anatocismo desideriamo darla cosicchè si riesce meglio a capire di cosa parliamo. In buona sostanza si tratta di questo: "la capitalizzazione degli interessi su un capitale, così che gli stessi possano fruttare altri interessi" o per meglio dire l’anatocismo è il calcolo degli interessi sugli interessi cosa vietatissima, dall'articolo 1283 del Codice Civile nel libro quarto in cui si parla delle obbligazioni in generale, salvo un'eccezione; ovvero nel caso in cui un debitore non voglia o non sia nelle condizioni di  rispettare le condizioni del debito contratto. Dunque si tratta di un caso eccezionale ben specificato dalla Legge e che non avrebbe potuto dare luogo a fantasiose interpretazioni. Eppure, nonostante l'espresso divieto e la conclamata illegittimità dell'anatocismo le banche lo praticano allegramente, con un calcolo trimestrale, in maniera sistematica e nelle più diverse e surrettizie forme da decenni, anzi diremo da sempre. Eppure è bene riflettere sul fatto che questa gravissima forma di usura, parzialmente legalizzata, vietata, tollerata, praticata su vasta scala, opportunamente occultata nei conti bancari etc (l'Italia dei burocrati si sa è il regno del possibile dove tutto è vietato e tutto si può, dipende da chi agisce), è stata vietata dalla Legge sin dal gennaio dello scorso anno. Cosicchè da alcuni calcoli del Movimento Consumatori ed elaborati da fonti giornalistiche emerge una sorta di sommerso illegale molto consistente. Queste le cifre: 18 miliardi di euro incassati dalle banche tra il 2001 e il 2010; 22 i mesi da quando la pratica anatocistica è considerata fuorilegge; 2 miliardi di euro incassati dalle banche dalla data della legge; 22 mesi da quando le banche lucrano illegalmente solo perchè la legge non è diventata operativa.
E perchè la legge non diventa operativa consentendo alle banche di continuare a fare il loro a dir poco porco comodo? Perchè il Cicr, ovvero il Comitato per il credito e il risparmio non ha ancora deliberato per rendere la legge operativa (burocrazia folle che affossa il Paese da sempre). E perchè il Cicr non delibera ancora? Perchè incontra il mordace e aggressivo ostruzionismo del Ministero del Tesoro e di Bankitalia. E chi sono i componenti del Cicr? il Ministero del Tesoro e Bankitalia. Dunque è tutta una farsa e il calcolo degli interessi sugli interessi continua a foraggiare banche decotte e truffaldine.


 E' incredibile e solo in Italia è possibile che accada una cosa del genere e la stessa Bankitalia ha il potere di bloccare l'esecuzione della legge pur avendo compiti di controllo dulle banche italiane agendo da una posizione ibrida e anomala; infatti i suoi soci, chiamati partecipanti e non azionisti, sono tutte le stesse potenti banche italiane, a partire da Intesa San Paolo S.p.a. con il massimo numero di quote alla Banca del Monte di Lucca S.p.a. con il minor numero di quote (http://www.bancaditalia.it/chi-siamo/funzioni-governance/partecipanti-capitale/Partecipanti.pdf). Dunque chi controlla i controllori? E mentre il Ministero dell'Economia rilancia la controproposta di ricalcolare gli interessi su base annuale e non più su base trimestrale (cosa ormai vietata) le banche continuano a gozzovigliare approfittando della paralisi, della mancata attuazione della legge, dei veti incrociati Cicr, Ministero del Tesoro e Bankitalia, i cittadini sempre più vessati, rimangono confusi dalle incertezze alimentate dalle contraddittorie sentenze dei Tribunali. Eppure ci sono voluti tempi biblici per far comprendere al Governo che il sistema anatocistico-usurario ha cagionato danni notevoli agli utenti in generale, alle piccole e medie imprese, alle famiglie e ai consumatori, in altre parole a tutti i cittadini che entrano in contatto, loro malgrado, con gli istituti bancari. Viceversa, con somma soddisfazione, ha prodotto ingiusti e vantaggiosi arricchimenti per le banche, le società finanziarie e, dulcis in fundo, per Equitalia che può emettere un'infinità di cartelle in più.
Di seguito forniamo l'elenco delle banche condannate da vati Tribunali ma per modo di dire visto che a queste viene solo imposto di non continuare ad adottare l'illecito comportamento e null'altro.
Negli ultimi mesi sono state emesse in Italia diverse condanne e ordinanze nei confronti di banche che hanno praticato l’anatocismo. In aprile sono state condannate ING, Banca Popolare di Milano e Deutsche Bank; a giugno Banca Antonveneta e Banca Regionale Europea; a luglio Intesa-San Paolo, Banca SellaFineco e Webank e Unicredit. In altri processi invece è stata data ragione agli istituti bancari, come nei casi di Cariparma e Banca del Piemonte.
Governo e banche, evidentemente, continuano a fare il gioco delle tre carte e da perfetti giocolieri pensano che la gente dorma senza accorgersi di ciò che accade dietro le quinte della politica e della economia ovvero di due facce della stessa medaglia; tuttavia le cose stanno cambiando e già il Movimento dei Consumatori ha chiesto ufficialmente a Bankitalia di obbligare le banche a restituire quanto ottenuto in maniera surrettizia e illegittima.
Come se non bastasse anche l'Unione Europea che, come si sa, si occupa solo di economia e di denaro e se ne frega dei popoli che aderiscono a questa specie di club mal assortito e di sicuro incoerente sta cercando di metterci il naso. Infatti, la scora estate il direttore generale per la stabilità finanziaria della Commissione Europea, Jonathan Faull, ha inviato una lettera al rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione Europea, Stefano Sannino: nella lettera vengono chiesti chiarimenti sul funzionamento del divieto, per valutare se le norme siano in contrasto con il principio di libera circolazione dei capitali previsto dal Trattato di Schengen. Le norme sul divieto potrebbero rappresentare un ostacolo per le banche straniere che volessero offrire i loro servizi in Italia. A noi francamente non ci frega niente delle banche straniere e, semplicemente ricorrendo al buon senso e alla cogenza della legge che viene fatta pesare solo quando sia ritenuto necessario, per esempio contro le parti deboli della società, riteniamo l'anatocismo un vero e proprio crimine bancario che esaspera tutti coloro che ne sono vittima.

mercoledì 14 ottobre 2015

UN PAESE CHE NON ESISTE: L'ITALIA E UN POPOLO CHE NON ESISTE: GLI ITALIANI - UN PARADOSSO EUROPEO FATTO DI UN MELTING POT DI IDIOMI, CONSUETUDINI, COSTUMI E TRADIZIONI.

Per la cronaca e per la storia l'Italia pur non essendo mai stata un vero Nazione e gli italiani pur non essendo mai stati un vero Popolo raprresentano un cencentrato di multietnicità e di multiculturalismo. Per questa ragione ha potuto sopravvivere a sè stessa e a una classe politica inetta e irresponsabile.
Paradossalmente i localismi, i campanilismi e i regionalismi hanno preservato la nostra penisola dall'implosione e l'Unione Europea dei tecnocrati arroganti sta cercando di desertificare i millenni di storia e di cultura che ci caratterizzano e ci differenziano dal resto d'Europa.




Affermare che un ceppo genetico tricolore non esiste potrà apparire un' espressione forte ed effettivamente dettà così, ex abrupto, suona male e provoca pure un senso di fastidio; tutti siamo stati, d'altra parte, opportunamente istruiti e persuasi della nostra "italianità", in epoca scolastica prima e accademica poi, a tal punto da ritenere che esista una sola etnia, una unica cultura, una lingua comune, un'arte (in tutte le sue forme espressive) del tutto originale, una letteratura e quant'altro. Tuttavia se ci si guarda intorno e si riflette attentamente sul panorama antropologico che ci circonda non dobbiamo meravigliarci se scopriamo una enorme quantità di differenze a tutti i livelli. Non occorre un nobel in genetica per scoprire che un siciliano é molto diverso da un friulano, che un trentino ha caretteristiche molto dissimili da quelle di un calabrese etc. etc. Non solo ma pare che le differenze genetiche fra i vari popoli che abitano la nostra penisola siano addirittura maggiori di quelle osservabili tra popoli di altri e diversi paesi europei. Sono 57 le popolazioni locali che abitano il suolo italico per cui le differenze genetiche sono davvero uniche e straordinarie; ciò significa, con buona pace degli storici ottocenteschi e nazionalisti, che l'utopia risorgimentale, anche se imposta con una lunga e sanguinosa  guerra di aggressione e annessione nei confronti del Mezzogiorno, non è mai stata raggiunta se non dal punto di vista normativo, fiscale e amministrativo; questo quando il sistema funziona cioè molto poco e molto male. E' sotto gli occhi di tutti che l'insofferenza dei vari popoli presenti sul nostro territorio, estremamente vari e male assortiti, aumenta piuttosto che diminuire ingenerando tensioni interne pericolose da un punto di vista politico e rischiose da un punto di vista della stabilità sociale. Per tacere poi di una immigrazione folle e quasi prepotente, pianificata a tavolino dai potenti della terra per vincere la loro partita a scacchi con le identità nazionali e con i vecchi equilibri di potere.
Le frequenti e alternate dominazioni straniere di ogni tempo hanno favorito la frammentazione del Paese alla stessa maniera  dell'isolamento di alcune enclave etniche molto chiuse come il popolo sardo, ma é la massiccia emigrazione interna e quella verso l'esterno che sono state imposte dall'Unità d'Italia e tutt'ora in corso che, pur stravolgendo i territori occupati del Sud e i territori afflitti da carestie e miseria del nord all'epoca ancora prevalentemente rurale, non ha provocato l'indebolimento dei localismi e delle culture particolari che caratterizzano a macchia di leopardo tutto il territorio italiano. Se non possiamo trovarci di fronte a un'etnia condivisa è anche vero che neppure la "lingua italiana" può rappresentare un patrimonio condiviso visto e considerato che si tratta di una lngua essenzialmente artificiale, in quanto usata solo nel fiorentino letterario del trecento, imposta con l'Unità d'Italia, ma non dalla Costituzione che non ne reca traccia, bensì attraverso un paio di articoli del codice di procedura penale e di quello civile.

 

 
Mappa aggiornata dei dialetti italiani



Stando così le cose "tutte le politiche di nation-building, come afferma su Limes Andrea Usai (http://temi.repubblica.it/limes/litalia-non-esiste?h=0), fallirono miseramente" e ciò nonostante l'impegno profuso dalla classe dirigente post-unitaria prima e da quella fascista  poi, infatti entrambe fallirono miseramente. D'altra parte, osservando attentamente non solo il mantenimento costante dei localismi e anche e soprattutto la loro crescita esponenziale, degli antichi campanilismi e dei più moderni regionalismi non si capisce per quale ragione un qualunque cittadino della penisola debba abbandonare l'idioma dei padri, gli usi antichi, le consuetudini stratificate, nonchè le molteplici tradizioni che da sempre caratterizzano il tessuto sociale e culturale di ogni centro italiano, dalla più piccola e isolata comunità alpina o costiera alla più grande città o metropoli capoluogo di regione. Forse dovrebbe abbandonare il suo passato, resettare il suo presente e sacrificare il suo futuro in nome di un'Europa artificiale perchè costruita a tavolino? tecnocratica perchè gestita da fanatici della specializzazione in ogni settore e per questo non capaci di comprendere le esigenze dei popoli che dell'Europa fanno parte? monetaria perchè solo l'economia é riconosciuta come valore assoluto ed esclusivo? autoritaria e autoreferenziale perchè non intende arretrare, nemmeno di un passo, rispetto agli errori spaventosi che continua a compiere sulla pelle delle nazioni ridotte ormai a vuoti simulacri e dei cittadini comunitari ormai ridotti a sudditi peggio che in un lontano passato? infine dispotica perchè impone norme inaccettabili e incongruenti abusando perfino del suo potere sanzionatorio?
Ci rendiamo conto che volendo seguire il discorso appena fatto l'Italia non esiste come entità unitaria, visto che è di per sè l'ultimo stato multietnico del continente europeo; ma non esiste neanche l'Europa che, nella sua follia livellatrice e massificante, non ci pensa nemmeno a rispettare le diversità un pò come è avvenuto nella storia risorgimentale del nostro paese. Ed ecco che la storia si ripete e gli errori fatti a livello nazionale si ripetono secondo un format immutabile a livello internazionale  e finanche continentale. Per questa ragione ci pare di capire che la solenne allocuzione ciceroniana "historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis" ovvero "la storia in verità è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità" risulta essere decisamente utopistica, falsa oppure non comprensibile per le menti di coloro che assurgono al grado di "decisori" dei destini di interi popoli cadendo però, miseramente, nella rete di quel male che definiamo delirio d'onnipotenza che come si sa é un disturbo psichico che assume caratteri epidemiologici soprattutto fra le caste della politica e le elites del potere.
Quale soluzione al problema? Non tocca a noi proporre vie d'uscita a meno che non ci venga richiesto e purtuttavia ci stiamo lavorando.


martedì 6 ottobre 2015

PENSIAMO CHE RAIMONDO DE' SANGRO PRINCIPE DI SANSEVERO SIA IL PROTOTIPO ARCHETIPALE DELL'HOMO PARTHENOPEUS PERTANTO CI PIACE RIPRENDERE QUESTO INTERESSANTE SCRITTO DI SIGFRIDO HOBEL, PROFONDO CONOSCITORE DELLA FILOSOFIA, DELL'ARTE E DEL PENSIERO DESANGRIANO

VIR MIRUS, AD OMNIA NATUS, QUAECUMQUE AUDERET (Ammiro l’uomo vocato a tutte le cose e che osa qualunque cosa).


IL PENSIERO ESOTERICO DEL PRINCIPE DI SANSEVERO
HARAVEC

di Sigfrido E. F. Höbel
tratto da  
Don Raimondo De' Sangro e la Napoli Esoterica
Convegno di Studi 
(Torremaggiore, 26 gennaio 2002)


Don Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, ben noto per la sua misteriosa Cappella e per essere stato, nel 1751, il primo Gran Maestro della Libera Muratoria in Italia, lungo tutto il corso della sua esistenza, si dedicò con passione ad esperimenti fisici e chimici (e soprattutto alchemici, come evidenziamo altrove), alla costruzione di congegni meccanici ed all'invenzione di nuovi procedimenti e tecniche.
Raimondo di Sangro Le invenzioni del Principe enumerate nella Lettera Apologetica, nel testo dell'Origlia e nella Breve Nota  sono numerosissime ed investono i più svariati campi di applicazione: è inoltre evidente che il Principe andava particolarmente fiero di questa sua attività di Inventore, cosa che del resto non manca di sottolineare, parlando di sè in terza persona, quando, nella Lettera Apologetica, si autodefinisce HARAVEC, che nel linguaggio degli Inca significherebbe inventore, e precisa che coglierà il "piacere di confondere le straniere novelle di molte stupende cose, che si dicono altrove inventate, quando di esse quì fra di Noi fu egli il Ritrovatore primiero".
Questa sottolineatura quasi puntigliosa con la quale il Principe rivendicava a sè il primato di numerose scoperte, la ritroviamo del resto nell'opera dell'Origlia, che sostenuto ed ispirato dal Principe, aveva ripetutamente segnalati, nella sua trattazione sull'Università e la vita culturale napoletana, i primati che spettavano alla città ed al Regno di Napoli ed ai suoi ingegni, allo stesso modo il Principe aveva tenuto ad affermare il suo ruolo di Ritrovator primiero, precisando con fierezza ed orgoglio nazionale: "quì fra di Noi" !

Ma se le scoperte e le realizzazioni del Principe destarono sicuramente il più delle volte la stupita ammirazione dei suoi contemporanei, vuoi per la loro singolarità, vuoi per il prestigio e la personalità del loro inventore, dobbiamo chiederci oggi quale sia realmente la loro portata. Nello scorso secolo, in pieno clima positivista, Luigi Settembrini riportava il severo anche se pacato giudizio di Luigi Palmieri, professore di Fisica dell'Ateneo napoletano: "Il Principe di Sansevero fu senza dubbio per rispetto ai suoi tempi un uomo colto ed ingegnoso. Egli non ha lasciato un nome nella storia del sapere, ma ha dato luogo a leggende più o meno meravigliose, perché facea un segreto dei suoi ritrovati, amando destar la sorpresa dei suoi coetanei... Mancando adunque di opere pubblicate, resta la tradizione, dalla quale sceverando il maraviglioso e l'esagerato, si deve dire che il Principe fece molte cose per farsi ammirare dai coevi, ma curò poco il giudizio dei posteri". 

Nondimeno i posteri hanno mostrato anche in tempi recenti, un notevole interesse per le ricerche del Principe, dal momento che esse, oltre a dimostrare la molteplicità dei suoi interessi e la varietà dei campi in cui il suo ingegno si era applicato, fanno ancora intravedere risultati "maravigliosi", confortando spesso l'immaginazione di chi vuoi vedere nel Principe di Sansevero un personaggio "straordinario" al di là di una già straordinaria realtà, precursore di scoperte scientifiche, realizzatore di prodigi e inventore di procedimenti rimasti tuttora ignoti.
Evitando di lasciarci andare a considerazioni che possano apparire troppo fantasiose, resta comunque innegabile che l'intenso interesse nutrito dal Principe per la Conoscenza in tutte le sue forme e per la sperimentazione chimica, fisica e meccanica in particolare, lo portò a cimentarsi con audacia e spregiudicatezza nell'impiego delle più varie tecniche e dei più bizzarri procedimenti.


Carrozza marittima
L'epoca in cui il Principe è vissuto era caratterizzata da un singolare intreccio di razionalismo e di gusto per le antiche tradizioni misteriche: da un lato, una profonda spinta di rinnovamento determinava un approccio sempre più razionale alla speculazione teorica ed alla ricerca scientifica, mostrando una crescente volontà di liberarsi dai vincoli delle concezioni dogmatiche e delle antiche superstizioni; dall'altro lato però, la ricerca scientifica era ancora spesso strettamente connessa alla speculazione filosofica, nè erano state rigettate antiche vie di Conoscenza quali la Filosofia ermetica e la speculazione alchemica. Fra' Lorenzo Ganganelli, il futuro Papa Clemente XIV, spirito illuminato e profondo, non trascurava infatti di ricordare affettuosamente al Principe di Sansevero che i Testi Sacri dovevano costituire per lui un'insostituibile guida nelle sue ricerche naturalistiche.
Ritroviamo nella persona del Principe di Sansevero un simile affascinante miscuglio di razionalismo progressista, speculazione filosofica e teologica e gusto per il mistero, il tutto saldamente ancorato ad un'intensa volontà speculativa e di ricerca volta allo "scoprimento de' Segreti, che altrove con somma gelosia si custodiscono".


E' tuttavia ben verosimile che non tutto quanto il Principe ha raccontato o fatto raccontare in merito alle sue ricerche ed ai suoi esperimenti, debba essere preso "alla lettera", ed egli stesso, rivolgendosi alla Dama destinataria della Lettera Apologetica, precisava che "la maggior parte delle cose ci si trova in tal gergo conceputa, che appena può essere a Voi intellegibile, cui i miei sentimenti sono stati sempre aperti".
La letteratura dell'epoca, come quella dei secoli precedenti, è quanto mai ricca di testi che dicono una cosa volendone significare un'altra e di autori che, non potendo o non volendo parlar chiaramente, esprimono le loro concezioni ed i loro messaggi in forma di favole e romanzi più o meno fantastici. Il Conte di Gabalì di Montfaucon de Villars, lo strano ed enigmatico romanzo che il Principe volle pubblicare nella sua stamperia, ed in cui si disquisisce sulla tradizione rosacrociana e sui rapporti fra gli uomini e gli Spiriti Elementari, è un classico esempio di tale letteratura fantasiosa e permeata di quell'ironia di cui il Principe stesso era maestro.
Tuttavia lo scopo di queste ironiche narrazioni era solo in parte, o solo apparentemente, quello di mettere alla berlina le credenze superstiziose o le "insulse dissertazioni in materia di antichità"; in realtà, in opere come la Città del Sole di Campanella o la Nuova Atlantide di Bacone, la descrizione di visioni utopiche e di irreali civiltà, aveva il senso di un messaggio di rinnovamento morale, sociale e culturale, in cui la Prisca Theologia, ovvero la sapienza misterica ed iniziatica del Mondo antico si saldava alla moderna lotta contro l'assolutismo ed il dogmatismo dei poteri costituiti, in particolare della Monarchia Spagnola e della Chiesa Cattolica.
Un unico filone di pensiero, un'unica eroica volontà di emancipazione dell'intelletto umano e della coscienza, sembra attraversare la cultura europea dal Neoplatonismo alle Accademie rinascimentali e seicentesche, da Giordano Bruno e Tommaso Campanella a Traiano Boccalini ed al misterioso movimento dei Rosa+Croce, dall'opera dei Filosofi Ermetici a quella dei fondatori della Royal Society inglese, fino a giungere, all'inizio del XVIII secolo, a permeare il fervido clima di libero pensiero in cui nascerà la moderna Massoneria ed in cui si svilupperà la cultura dell'Illuminismo. In romanzi come Les adventures de Télemaque del Fénelon o Les vovages de Cvrus del Ramsay, sotto la veste di romanzi pedagogici, si delineano dei percorsi iniziatici intesi come viaggi verso una Conoscenza legata alla comprensione del tradizionale linguaggio dei simboli, di cui solo i saggi possono possedere le chiavi.

Raimondo di Sangro Il rapporto col misterioso linguaggio dei simboli è ancor più evidente nella grande fioritura di opere alchemiche che, facendo riferimento all'antica e prestigiosa tradizione simboleggiata dal mitico Ermete, invitano il lettore e l'adepto ad indagare i segreti della natura: ma la letteratura alchemica è anch'essa una continua allegoria e la grande Opera è una Via di Conoscenza, la cui meta, la Pietra Filosofale, altro non è se non la conquista di quella perfetta Libertà, derivante dal definitivo superamento dei vincoli psichici e coporei, dalla conoscenza e dal controllo delle forze naturali. Ed è proprio quando i testi ermetici, solitamente oscuri, sembrano parlar chiaro e fornire precise indicazioni operative e ricette, che bisogna maggiormente dubitare di essi ed evitare di interpretarli alla lettera.

Con ciò non intendiamo sostenere che il Principe abbia parlato delle sue "invenzioni" solo in termini allegorici, nè tantomeno negare l'effettiva realtà delle sue sperimentazioni, così come del resto non saremo certo noi a contestare l'aspetto reale ed operativo della stessa Alchimia. Riteniamo piuttosto che il Principe di Sansevero, "celeberrimo nello scrutare i reconditi arcani della natura", nel descrivere le sue sperimentazioni, abbia anche voluto lanciare dei segnali relativi all'aspetto più profondo e segreto delle sue ricerche.

Consideriamo ora il suo Progetto d'una Multiplice Difesa Interna: il Principe afferma che "questo ammirabile trattato è la cosa, che con più gelosa cura custodisce l'Autore, uso per altra parte a disprezzare il rimanente di tutte le sue nuove produzioni" nel rilevare la particolare importanza attribuita dal Principe a questo suo Progetto, ci sembra di poter scorgere, nella Molteplice Difesa Interna, non solo un modello di fortificazione militare, ma anche l'allusione al tradizionale schema grafico composto da tre quadrati concentrici, che Guenon definisce triplice cinta ed in cui si può riconoscere un simbolo dell'insegnamento iniziatico coi suoi tre gradi visti come barriere da superare per penetrare nel punto centrale, cuore del mistero e fonte dell'insegnamento; in tal senso, il concetto di barriera, cinta, difesa, può essere anche riferito al carattere introspettivo di tale percorso ed alla necessità di difendere il Segreto iniziatico verso l'esterno.
Non ci sembra pertanto eccessivamente azzardato ipotizzare che la data del 1741, attribuita a tale Progetto, possa essere considerata come un'allusione alla vera data dell'iniziazione massonica del Principe.
Ci sembra inoltre di scorgere la conferma di tale ipotesi nei due passi che precedono il brano in questione e che possono ben riferirsi, anche se in forma velata, all'ingresso del Principe nella Libera Muratorìa: nel primo passo, parlando della sua Dissertazione intorno agli errori di Benedetto Spinosa, il Principe dice che in essa "si discopre la rea sorgente, dond'egli (Spinoza) trasse del suo Sistema le prime infelicissime idee; e dimostra in essa, e incontestabilmente il dimostra, sia pur con buona pace di quanti ne han finora scritto e ragionato, che sin dalla più remota antichità propagandosi con gli Uomini, e nell'età più vicina, e forse ancor nella nostra rinnovandosi con gli anni, da un certo ordine di Persone si è professato sempre".




Albero genealogioco dei  Famiglia Di Sangro
Albero genealogico della Famiglia Di Sangro


Soffermiamoci ora su questo riferimento a idee risalenti alla più remota antichità, che sono sempre state professate, ed ancor oggi lo sono, da un certo ordine di persone: la disapprovazione manifestata dal Principe nel definire rea la sorgente di tali idee, ed errori le concezioni di Spinoza, non deve fuorviarci, in quanto dalla lettura delle sue opere, risulta evidente che l'orientamento culturale del Principe non era affatto lontano dal razionalismo e dalla libertà di pensiero professata dallo Spinoza; pertanto, nella antichità delle idee possiamo piuttosto vedere l'allusione all'antica tradizione sapienziale, mentre nel certo ordine di persone che professano tali idee, possiamo riconoscere un velato riferimento alla ininterrotta catena di coloro che da sempre hanno coltivata tale libertà del pensiero e che, nel presente, si sono ritrovati nella Libera Muratoria.
Nel brano successivo, infatti, il Principe cita un'altra sua opera, il "nuovo pensamento da lui promosso intorno alla vera cagione produttrice della luce": forse si tratta di una coincidenza, ma vedere o ricevere la Luce è proprio ciò che il neofita chiede all'atto della sua iniziazione, e non possiamo non ricordare, in proposito, la frase con cui lo stesso Principe aveva salutato alcuni Apprendisti in occasione del loro ingresso nella sua Loggia: "Ammessi nella nostra rispettabile Società, per un vostro intimo desiderio e per un voto che le vostre personali qualità assicurano, dopo aver sfidato i pregiudizi del secolo e le opinioni dei profani, dopo aver superato con risoluta fermezza le varie prove che vi hanno condotto nell'augusto santuario della Massoneria, è giusto, infine, che vi renda partecipi della Luce che avete cercato con tanta cura...".


Stemma araldico dei Di Sangro
Stemma araldico dei Di Sangro
 Poi, dopo essersi soffermato sui suoi studi sull'Arte della Guerra e sull'invenzione di un cannone di sole 30 libbre ed aver ricordato il palco mobile che aveva realizzato, "ancor giovanetto, e nel fiore de' suoi anni" nel Seminario Romano per la celebrazione dei Voti per la prole Cesarea, il Principe passa a descrivere una serie di Invenzioni, collegandole agli Elementi: inizia con una Macchina Idraulica "da lui alla debita perfezione condotta"; quindi, "dall'acqua al fuoco passando", parla dei Teatri Pirotecnici "da lui novellamente ritrovati", sottolineando di essere riuscito a produrre fuochi d'artificio colorati con le diverse gradazioni di verde (verde mare, verde smeraldo, verde prato) ed altri colori "che fin-se in oggi ancora conosciuti non sono"; e infine, "per passar dal fuoco all'aria" cita il suo Archibugio caricato a polvere e a vento e molte altre "macchinette Pneumatiche". L'esplicito riferimento all'Acqua, al Fuoco ed all'Aria ci conferma ulteriormente nella nostra idea che in tutto questo brano il Principe voglia alludere all'esperienza iniziatica: infatti nel corso della cerimonia iniziatica, l'aspirante, prima di essere ammesso a vedere la Luce, deve superare le prove dell'Acqua, dell'Aria e del Fuoco, in modo da compiere i suoi quattro Viaggi attraverso gli Elementi; accortamente, nella successione degli Elementi, il Principe omette la Terra, dal momento che il Primo Viaggio, quello all'interno della Terra viene compiuto nel Gabinetto di Riflessione, prima dell'ingresso nel Tempio.

Nell'accennare quindi a "qualche altra Fisica sperienza a lui riuscita", il Principe afferma che "gli straordinari suoi effetti arrivano a parer soprannaturali, non che stupendi, alla più culta gente; nè potrebbe poi, se non tali assolutamente reputargli la meno illuminata" e, a proposito di portenti, cita alcuni casi in cui è riuscito a "richiamare a vita novella i già vicini a trapassare, che volgarmente dicesi risuscitare i Defunti". Con questa immagine dei defunti risuscitati, è ben probabile che il Principe abbia voluto alludere al mito conclusivo della Massoneria Azzurra, quando il Libero Muratore acquisisce il Grado di Maestro, rivivendo ritualmente la morte e la simbolica resurrezione di Hiram, l'Architetto del Tempio di Gerusalemme.

Da questo punto in poi, e siamo a poco più della metà del brano autobiografico della Lettera Apologetica, ciò che il Principe scrive non è più interpretabile alla luce della simbologia massonica dei primi tre Gradi. Ma anche questa seconda parte ci riserva delle sorprese!

"Cristo Velato" di Giuseppe Sanmartino
Il Principe passa infatti a descrivere il grande Oriuolo da lui progettato per essere collocato nel cortile del suo palazzo e sul quale, oltre a leggersi le ore e i minuti, si sarebbero potuti vedere i giorni della settimana e del mese e le fasi lunari; ogni ora avrebbe suonato un minuett, mentre a mezzogiorno sarebbero potute avanzare quattro figure rappresentanti le Stagioni dell'anno, mentre la testa di un dragone, posta sulla sommità della macchina avrebbe assolto alla funzione di pendolo. Questo orologio, minuziosamente descritto, ma mai installato, altro non è se non un'allegoria del Tempo, di quel vecchio Saturno che nei testi alchemici simboleggia il Soggetto iniziale della Grande Opera di cui il Dragone araldico è il segno geroglifico, indicato nei testi come il Drago nero e squamoso, mentre le quattro Stagioni, alludendo ai tempi dell'Opera, rappresentano i quattro Gradi di calore.



Dunque, una chiave di lettura alchemica: e ci risulta evidente che si tratti della principale chiave di lettura per poter comprendere l'Opera del Principe di Sansevero, sia per quanto riguarda alcuni suoi scritti, sia, soprattutto, per quanto concerne il linguaggio simbolico adoperato nella Cappella. Anche i passi da noi precedentemente interpretati in chiave massonica, possono essere infatti riletti riferendosi ai princìpi dell'Opera alchemica; ma ci interessa maggiormente ripartire da dove siamo arrivati e possiamo anche assegnare una data al momento in cui il Principe intraprende questa nuova fase della sua ricerca: è in quel 1747 in cui, ritiratosi dai passatempi mondani prese ad applicarsi di giorno agli studi meccanici e di notte alle scienze: "e solito a sempre riflettere, e meditare, avea fatto acquisto di un abito dalle minime cose, e da quelle eziandio, che dagli altri sono stimate per lo più passatempi de' putti, e trattenimento delle vecchie, ritraerne, e scovrirne dell'invenzioni di sommo rilievo per la società".
Lavoro di donne e gioco di bambini! L'Origlia non avrebbe potuto essere più esplicito nel segnalare che a partire dal 1747 il Principe, compiute le Fatiche d'Ercole della prima preparazione della Pietra dei Filosofi, si era dedicato a quello che gli Alchimisti hanno definito il loro Regime, unico e lineare, che consiste nel cuocere e nel far digerire la materia preparata: operazione delle più segrete, perchè, quando la si conosce "non è altro che un lavoro di donne, un gioco di bambini". Con questa duplice immagine i Filosofi ermetici indicavano le fasi della Sublimazione (o della Soluzione) e della Coagulazione che si alternano durante la cottura dell'Uovo Filosofico, ovvero del vaso contenente la materia preparata, all'interno del forno alchemico o Athanòr.

Segue, puntuale e precisa, l'enumerazione dei colori che si sviluppano nel Vaso filosofale durante la Cottura. Quattro sono i colori principali dell'Opera, come ci insegna Basilio Valentino che li simboleggia con altrettanti emblematici animali: il Corvo, simbolo del Nero, primo colore che si deve manifestare nel Vaso; il pavone, anzi la Cauda Pavonis, con cui viene indicata l'apparizione di molteplici colori che precede la manifestazione del colore Bianco, simboleggiato, quest'ultimo da un candido cigno, ma anche dalla bianca Dea lunare Diana; infine la Fenice, il mitico uccello che risorge dalle sue ceneri, simbolo della rigenerazione della Pietra nell'Opera al Rosso. Similmente, il Philalete: "se hai lavorato sul Sole volgare, abbi cura di realizzare l'unione di Diana e di Venere all'inizio delle nozze del tuo Mercurio; mettili nel nido e vedrai, sotto l'azione del fuoco, apparire i colori della Grande Opera, cioè il nero, la coda di pavone, il bianco, il citrino e il rosso".
Dopo aver accennato alla felicità provata negli "Scoprimenti de' Segreti che altrove con somma gelosia si custodiscono", il Principe parla dei procedimenti da lui trovati per ristagnare il rame e fabbricare la latta: Cuivre et Laiton, oli Leton, ci ricorda Dom Pernety, sono termini che designano la "Materia al Nero, che occorre sbiancare", come ci ricorda anche l'iscrizione incisa in basso sullo stipite sinistro della Porta Magica di Roma "AZOT ET IGNIS - DEALBANDO - LATONAM VENIET - SINE VESTE DIANAM".

 
Il Principe si sofferma quindi sulla "maniera da Lui ritrovata d'imprimere ad una sola tirata di Torchio qualsivoglia figura, siasi umana, o di fiori, o d'ogni altra cosa, variamente colorata" e di produrre "ad una sola pressione del torchio e ad un medesimo tempo delle pagine stampate con caratteri di più colori", indicando con ciò i colori variopinti che appaiono dopo l'Opera al nero e che preludono alla fase dell' Albedo in cui si manifesta il colore Bianco.
E con una coerenza che difficilmente potremmo ritenere casuale, subito dopo, il Principe passa ad elencare alcune invenzioni in campo tessile, prima fra tutte quella del drappo dipinto che definisce Pekin Partenopeo, in cui è riuscito ad ottenere, su fondi scuri come il verde ed il turchino, un "Bianco senza corpo alcuno...la cui bianchezza è tale, che sovrasta ogni altra candidezza". L'apparizione di tale Bianco perfetto, indica, in termini alchemici, che la Materia ha raggiunto un grado di perfezione e di fissità tale da non poter più essere distrutta dal fuoco; da questo punto in poi occorre solo continuare l'azione del fuoco per perfezionare il Magistero al Rosso. Ma il Principe interrompe qui la sua successione di colori, con questo drappo di seta che "ridusse all'ultima perfezione" nell'anno 1749, segno che ormai ha raggiunto, nei suoi studi e nelle sue ricerche, la necessaria chiarezza.
E l'Opera al Rosso? Nelle pagine che seguono il Principe non ne fa parola. Ma la Fenice, simbolo dello Zolfo dei Filosofi e del Magistero condotto alla perfezione nell'Opera al Rosso, farà la sua apparizione diverso tempo dopo, in un altro testo fatto pubblicare dal Principe: nella Breve Nota si legge infatti che le due Macchine Anatomiche fatte realizzare dal Principe, si trovavano nel suo Palazzo, "in una stanza di un altro Appartamentino, che chiamano della Fenice, il quale sta tutto in fabbrica, per renderlo meglio diviso e comodo"; ci chiederemo allora se esista un rapporto fra il sistema circolatorio "pietrificato" che i due scheletri esibiscono e la loro collocazione nell'appartamento dedicato al mitico uccello, simbolo della rigenerazione. Per il momento ci limiteremo a segnalare che il "sangue coagulato" della materia vivente è detto anche Adamo o Adamas perchè rappresenta la Terra Rossa con cui è stato creato il primo padre degli uomini e che racchiude in sè lo Zolfo filosofico del Magistero al Rosso.
Dei passi che seguono e che concludono la lunga digressione autobiografica della Lettera Apologetica, il primo sembra voler segnalare che quanto è stato fin qui esposto, è stato espresso in forma simbolica, cioè velata (il Principe parla infatti di un panno di lana tessuto con "una divota Immagine di nostra Donna, nella sua maggior parte ricoperta da un sottilissimo velo"), mentre i due successivi sembrano alludere piuttosto di un'opportuna discrezione, descrivendo dei panni impermeabili (che coprono e non fanno passare l'acqua) ed una mensa meccanica che si imbandisce e si sparecchia da sola, evitando la presenza dei servitori, "dappoichè il più delle volte con gli Amici commensali delle più riservate cose avvien, che debba ragionarsi".
Alla luce di quanto abbiamo fin qui esposto, la definizione VIR MIRUS, AD OMNIA NATUS, QUAECUMQUE ATDERET che il Principe dà di se stesso e con cui chiude questa digressione, sembra assumere un nuovo, più profondo significato, sottolineando il carattere straordinario del Principe e l'aspetto eroico della sua audace ricerca, "e si comprenderà da tutti senza alcuna ombra di dubbio, che egli sia un di quei Eroi, che la natura di tanto in tanto si compiace di produrre per far pompa di sua grandezza".

 

Link: http://www.darapri.it/immagini/nuove_mie/apprsecoli/raimondodisangro01.htm#inizio
Nostro articolo su Napoli.com: http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=36754