IL RIONE SANITA' E IL BORGO BAROCCO DEI VERGINI NASCONDONO MOLTI TESORI IN ATTESA DI ESSERE SCOPERTI. ACQUAQUIGLIA DEL POZZARO E' UNO DI QUESTI E VINCENZO GALIERO MOSTRA COME RISCOPRIRE, SCOPRIRE E VALORIZZARE UN PATRIMONIO UNICO AL MONDO.
di Antonio Tortora
In una delle nostre innumerevoli camminate cittadine ci siamo ritrovati fortuitamente di fronte a un piccolo cartello che ha suscitato la nostra curiosità antropologica; la meta iniziale era la parte del Rione Sanità che costituisce la base tufacea della collina di Capodimonte e che ospita lo straordinario Cimitero delle Fontanelle, unico al mondo e da noi già visitato (Slide: https://www.youtube.com/watch?v=NmR3Yjohtw4), ma la curiosità di seguire la imprevedibile e strana indicazione ha prevalso sulle originarie intenzioni. Appena entrati ci siamo subito resi conto di esserci imbattuti in Acquaquiglia del Pozzaro ovvero in un caratteristico "vascio", abitazione popolare a fronte strada di cui già riferirono, in alcune opere, il certaldese Boccaccio nel XIV sec., il novellista Masuccio Salernitano nel XV° sec. e lo scrittore barocco Giambattista Basile. E a proposito di Basile possiamo affermare che l'ambiente in cui siamo entrati e dove siamo stati accolti da Vincenzo Galiero, è a dir poco fiabesco e introduce immediatamente in un mondo arcaico animato non solo dallo spirito del nonno di Vencenzo che in questi locali, dopo averlo stoccato in apposite vasche oggi scomparse, vendeva il baccalà agli abitanti del quartiere, ma anche da quella presenza inquietante e tuttavia storicamente accertata del "pozzaro" spesso sornionamente confuso con il Munaciello che le combinava di tutti i colori nelle case in cui riusciva ad accedere attraverso gli innumerevoli pozzi che costellavano la città antica. In un primo ambiente, che Matilde Serao non avrebbe esitato a definire uno "stambugio", dormiva e viveva tutta la famiglia del nonno di Vincenzo e un tavolo con poche sedie e un braciere testimoniano eloquentemente la povera vita che veniva condotta in questi ambienti molto angusti e umidi benchè magistralmente descritti nelle commedie di Eduardo de Filippo.
AcquaQuiglia del Pozzaro all'interno (Foto di Antonio Tortora) |
In tutti gli altri ambienti c'è un pozzo scavato e ripulito, ben cinque, laddove in origine il nonno di Vincenzo aveva attrezzato vasche per il baccalà e che testimoniano l'importanza dell'acqua, in una città come Napoli e in un Rione come la Sanità, che da sempre rappresenta un potente canale esoterico di tramite e colleganza tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Non è un caso se in questa zona della città sono state ritrovate innumerevoli catacombe fra cui quelle di San Gaudioso, di San Gennaro e di San Severo; cimiteri come quello molto noto delle Fontanelle, necropoli preistoriche e ipogei greci. Quasi come se una precisa volontà avesse voluto collocare in tale area un aldilà fisico concreto, percepibile, visitabile e non avulso dalla vita che scorreva e che ancora scorre in quel labirinto urbanistico interrotto, quà e là, da palazzi storici di grande importanza come i Palazzi "dello Spagnolo" con le sue scale ad ali di falco, "Sanfelice" con le Sirene che accolgono il visitatore, "Traetto" che fu sede di un giardino all'italiana di sapore rinascimentale e molti altri ancora. Una sola curiosità, per così dire linguistica, ci pare che tra vasca e vascio ci sia una somiglianza notevole e parimenti ci sembra che l'lelemento acqueo e l'umidità rappresentino l'elemento di collegamento tra le due parole e i due significati. Qui, ad Acquaquiglia del Pozzaro l'umidità c'è eccome e ogni centimetro quadrato di corridoio, di gradino, di antro tufaceo svela un dettaglio, un particolare, uno spezzone di vita semplice ed essenziale, tra riggiole variopinte, attrezzi da lavoro arrugginiti, anfore e vasi, statuette che sembrano votive, piatti e cocci di ceramica, e pentole di stagno e alluminio in prossimità di pozzi che invitano a ricordare quanto l'acqua sia importante per la vita dell'uomo. Vincenzo Galiero è stato geniale nel riproporre un luogo privato a un pubblico che vuole sapere come si viveva nella Napoli del '900, e a ritroso nella Napoli antica fin nella Neapolis degli Eunostidi, fratria particolarmente importante derivante dal vergine Eunosto che fu accusato ingiustamente di violenza carnale ai danni di Ocna e dai fratelli di questa ucciso; che celebrava i propri culti arcaici proprio in quel grande impluvio-vallata che dalle Fontanelle giungeva fino al Lavinaio. Questa fratria era in stretto contatto, per i riti funerari e i pozzi sacri, per i boschetti sacri e per gli ipogei, con tutte le più importanti fratie che a Neapolis gestivano porzioni di territorio con criteri di armonia quasi cosmica oltrechè umana; ci riferiamo agli Eumelidi legati al leggendario fondatore della città Eumelo Falero, agli Artemisi che officiavano riti a Diana laddove oggi ancora si trova il campanile della Pietrasanta, ai Kumei i primi abitanti di Neapolis che occupavano l'area fra via Mezzocannone e Piazza San Domenico Maggiore e numerose altre. Ad ogni modo il quartiere dedicato al "vergine" Eunosto oggi si chiama ancora "Borgo dei Vergini" e ciò la dice lunga sul paleosuolo antropologico presente in un territorio ricco di testimonianze del passato.
Acquaquiglia del Pozzaro Cunicolo d'ingresso che costeggia uno dei 5 pozzi (Foto di Antonio Tortora) |
Per noi che abbiamo visitato la Napoli underground più volte registriamo come la sensazione che anche i silenziosi e bui ambienti sotterranei di cimmeriana memoria riproducano cardini e decumani, plateiai e stenopoi, quasi esattamente a quel caotico e colorato mondo di superficie dove ci piace vagare alla ricerca di luoghi straordinari. Ma che significa Acquaquiglia? Qual'è la sua origine etimologica? Pare che il significato debba essere ricercato, durante il periodo angioino, in una zona malfamata ricadente in prossimità del Porto, tra il Mandracchio e la Dogana del Sale, laddove c'era la Fontana della Quaquiglia (ci risiamo con l'acqua!) che viene appunto dal francese "coquille" che significa lumaca e che di recente è stata restaurata. Ma c'è pure un'altra versione, ipotizzata dal Galiero che la farebbe derivare dal greco "fontana dell'acqua Aquilia" che in epoca antica sarebbe stata ubicata nei pressi di Portosalvo laddove comunque persiste una fontana della "maruzza" ovvero della lumaca voluta dalla corporazione dei pescatori. Ad ogni modo Vincenzo Galiero è un fabbro dal temperamento forte e tenace e abbiamo motivo di credere che non si stancherà tanto facilmente di accogliere turisti e curiosi come solo lui sa fare e di illustrare le meraviglie di questo pezzetto di sottosuolo che potrebbe, secondo diverse scuole di pensiero, essere collegato al cimitero delle Fontanelle, poco distante e sempre pronto a meravigliare i numerosi visitatori che ivi si recano per lasciarsi affascinare da una Napoli che, per sua natura, non si lascia andare nonostante le numerose classi di amministratori e decisori politici che si sono inutilmente avvicendati senza aver mai voluto mettere mano alla riqualificazione di un Rione che rappresenta un unicum nella storia d'Italia e forse mondiale. Intanto ci aggiriamo fra i pozzi e proviamo a immaginare come poteva e doveva essere la vita in quest'antro pieno di mistero e di presenze ectoplasmatiche e scopriamo i dettagli di una realtà che sopravvive a sè stessa nonostante il baccalà non sia più venduto in questo "vascio" che rappresenta solo l'inizio di una grande avventura e nonostante il profumo del pesce nordico abbia lasciato il posto all'odore di tufo che si sgretola millimetro dopo millimetro. Qui, ne siamo certi, il piccone e la pala riprenderanno a scavare e a portare alla luce tutto ciò che deve essere portato alla luce. Non solo ci torneremo, e di frequente, ma l'intero Rione Sanità e lo stesso Borgo dei Vergini registreranno la nostra presenza abituale e consueta nella speranza che anche il lettore di questo articolo si fidi di ciò che abbiamo scritto e si rechi in questo quartiere incredibile.
Il Munaciello va via e ci lascia alle nostre meditazioni (Foto di Antonio Tortora) |
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