venerdì 29 luglio 2016

PER QUALE RAGIONE L' ATTIVITA' DI PREVISIONE, PREVENZIONE E LOTTA ATTIVA CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI NON VIENE MINIMAMENTE ATTUATA PER LA COLLINA DEI CAMALDOLI E PER IL PARCO METROPOLITANO COLLINARE DI NAPOLI? QUALI INTERESSI SI CELANO DIETRO LA STRATEGIA DEGLI INCENDI DOLOSI IN QUELLO CHE E' IL POLMONE VERDE PIU' GRANDE DELLA CITTA' E DELL' INTERO TERRITORIO METROPOLITANO?

NONOSTANTE I PIANI TRIENNALI REGIONALI E I PROGETTI DI PREVENZIONE E SPEGNIMENTO BOSCHIVI NEL TERRITORIO DELLA CITTA' METROPOLITANA DI NAPOLI LA COLLINA DEI CAMALDOLI VA PUNTUALMENTE IN FUMO QUASI A SCADENZA PERIODICA. EVIDENTEMENTE C'E' DOLO CONCLAMATO A PARERE DI TUTTI GLI ORGANISMI INVESTIGATIVI, DI TUTTI I TECNICI INTERPELLATI E DI NUMEROSI MAGISTRATI CHE HANNO PROMOSSO INCHIESTE GIUDIZIARIE.
di Antonio Tortora
 
Foto di Luca Di Febbraro

POCO MENO DI UNA SETTIMANA FA DECINE DI ETTARI DEL BOSCO CAMALDOLESE SONO ANDATI IN FUMO E NON RIUSCIAMO A CAPIRE PER QUALE RAGIONE L' ATTIVITA' DI PREVISIONE, PREVENZIONE E LOTTA ATTIVA CONTRO GLI INCENDI BOSCHIVI NON VENGA MINIMAMENTE ATTUATA SOPRATTUTTO TENENDO PRESENTE CHE SI TRATTA DI UN PARCO CHE SI TROVA IN POSIZIONE BARICENTRICA ALL' INTERNO DI UNA DENSA AREA METROPOLITANA. CONFINA INFATTI CON IL PARCO REGIONALE DEI CAMPI FLEGREI E AGNANO, (CRATERE DEGLI ASTRONI), E' LIMITROFO AI COMUNI DI POZZUOLI, QUARTO E MARANO ED INOLTRE COMPRENDE PARTE DELLE CIRCOSCRIZIONI DI PIANURA, SOCCAVO, ARENELLA, CHIAIANO, PISCINOLA, MARIANELLA, MIANO, SAN CARLO ALL' ARENA E VOMERO, TUTTE ZONE DENSAMENTE ABITATE.



Foto di Luca Di Febbraro


Anche questa volta è stata sfiorata la tragedia con lo sgombero di alcune palazzine sul versante di Soccavo e nonostante l'impiego massivo di mezzi antincendio, fra cui elicotteri con enormi benne ricolme di acqua e liquido ritardante, aerei anfibi Bombardier 415 Superscooper (meglio conosciuti come Canadair CL-415) con capacità di oltre seimila litri, e personale e mezzi dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile, l'intero patrimonio boschivo collinare ha nuovamente subito danni incalcolabili.
Sull'efficienza di uomini e mezzi, nel momento in cui scatta l'allarme e si entra in fase operativa, nulla da dire ma è sulla PREVENZIONE che c'è da rimanere perplessi perchè circa un quinto dell'intero territorio comunale, pari a circa 2.200 ettari e suddiviso in area di riserva integrale, area di protezione generale e area di riqualificazione dei centri abitati nonchè di protezione e sviluppo economico e sociale, risulta pressocchè abbandonato a sè stesso e ai Piromani. Si perchè che si tratti di incendi dolosi, dovuti alla mano dell'uomo, è ampiamente documentato dalle perizie e dagli studi realizzati dai nuclei investigativi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e della Polizia, dai tecnici della Protezione Civile nonchè dalle numerose inchieste promosse dalle autorità giudiziarie.
Sono molte le specie botaniche che si possono osservare sulla collina dei Camaldoli, in particolare la ginestra, il ranuncolo, il ciclamino, la pervinca, il castagno e tutte sono in pericolo a causa dei frequenti e periodici incendi. Sembra che esista UNA STRATEGIA BEN PRECISA per la distruzione sistematica dei circa 135 ettari di superficie esclusivamente boschiva che, non essendo stati distrutti a suo tempo dalla speculazione adilizia che aggrediva irrefrenabilmente le pendici della collina, andrebbero comunque distrutti dalla criminale mano dell'uomo. E' un'ipotesi di lavoro ma la frequenza e la sistematicità con cui il fenomeno si ripropone induce a pensare proprio che ci sia una strategia.
Con i suoi 457 metri sul livello del mare la collina presenta un versante tufaceo geologicamente databile 35.000 anni fa, quello a sud, fortemente scosceso e che rappresenta uno straordinario fattore di RISCHIO IDROGEOLOGICO aggravato proprio dalla frequenza degli incendi dolosi. E' appena suficiente ricordare la tragedia di Sarno avvenuta nel 1998 laddove molte abitazioni furono rase al suolo e i morti furono 137; qualcosa di simile potrebbe verificarsi, in uno scenario probabile di alto rischio, anche nel caso della collina dei Camaldoli tenendo presente che già numerosi casi di eventi franosi, caratterizzati da una sia pur lieve entità, sono già capitati in passato.
Ci piacerebbe continuare ad ammirare la nostra collina verdeggiante, con il suo splendido Eremo la cui antica denominazione era di San Salvatore "a Prospetto" e quella più recente è di Santa Maria Scala Coeli, senza il lugubre pennacchio di acre fumo e senza la classica corona di fiamme che lambisce il centro abitato; e ciò sia dal quartiere di Fuorigrotta, sia da Soccavo, sia da Pianura. Già nel 2009, stesso identico periodo, scrivemmo un articolo sull'ncendo dei Camaldoli sulla testata online NAPOLI.COM dedicato allo stesso argomento: http://www.napoli.com/viewarticolo.php?articolo=29646. Ci sembra quasi una dolorosa ricorrenza; vorremmo non parlarne più.


Versante di Soccavo Parco dei Camaldoli Foto tratta dal Comune di Napoli

mercoledì 20 luglio 2016

IL MISTERO DELLE MATRES MATUTAE AL MUSEO CAMPANO DI CAPUA DOVE E' CONSERVATA LA PIU' INDECIFRABILE COLLEZIONE DELLA CAMPANIA FELIX



Da domani, in occasione della mostra "Frammenti" del fotografo e artista emergente Pasquale Barra, sarà esposta l'installazione dell'artista normanno-aversana Laura Niola "Maternità consumata". Una suggestione da non perdere per i significati simbolici che l'iniziativa del Museo Campano e dell'Associazione di promozione sociale Artemia intende sottolineare.

di Antonio Tortora


Tratto da http://www.provincia.caserta.it/museocampano


Senza scendere nei dettagli delle numerose collezioni presenti nelle oltre trenta sale espositive e nei circa venti depositi, divisi tra reparti archeologici e medievali, riteniamo che le cinque sale contenenti le "MADRI" di Capua ovvero le MATRES MATUTAE, siano le più interessanti in quanto racchiudono un mistero che ancora, nonostante i molteplici studi, non è stato ancora svelato. Infatti sulle circa 600 statue raffiguranti madri con uno o più bimbi in braccio simmetricamente distribuiti, del tipo definito alla greca "kourotrophos", e su altre 150 statue di tufo grigio tifatino, riproducenti donne sedute coperte da una tunica che ne avvolge anche il capo oltre che lo stesso sedile a forma di trono, non è stata ancora scritta l'ultima parola. Dal momento in cui furono rinvenute casualmente durante lavori agricoli in località Petrara lungo la via Appia nel 1845, diverse scuole di pensiero si sono manifestate trasformando Capua e le sue Madri in un unicum fondamentale per comprendere l' intera storia della piana campana. Tutte ritrovate in uno spazio sacro che circondava il tempio gravitano simbolicamente attorno a una statua di dimensioni più generose in cui la MATER MATUTA, rigorosamente seduta, stringe in una mano la melagrana e in un'altra la colomba entrambe capaci di evocare l'idea di maternità e di generazione. In origine ricoperte da stucco bianco e e da colore rosso, esse, rozzamente immobili, essenziali e scarne e nello stesso tempo possenti e autorevoli promanano una straordinaria corrente energetica che attrae e magnetizza, affascina e seduce, facendo nascere più di un interrogativo nella mente dell'osservatore e dello studioso. 


 
Tratto da http://www.capuanova.it/adottaunamadre/le-madri-del-museo-campano-di-capua/



Sì è vero, nell'antica Roma si venerava la dea dell'Aurora e la dea che svolgeva la preziosa funzione di proteggere partorienti, fanciulli e messi proprio con la qualifica di Mater e con l'epiteto di Matuta, tuttavia tale abbondanza di reperti fa pensare anche a qualcosa d'altro; a culti più antichi e anche precedenti al IV° sec. avanti Cristo. Comunque sia a noi, che siamo solo antropologi amateur, guardando tali sculture inneggianti alla femminilità arcaica, viene istintivamente alla memoria l'egizia Iside o Aset, la romana Cerere in osco Kerres, la frigia Cibele, la scura Virgo Paritura, le Madonne Nere medievali e templari ma anche, più geograficamente distante, la peruviana Orejona. Inoltre un intero mondo archetipico si schiude dinanzi a noi  e si snoda attraverso le innumerevoli divinità femminili scrupolosamente catalogate e studiate dall'archeologa lituana Maria Gimbutas in molteplici opere fra cui "The Myth of the Mother Goddess",  un viaggio incredibile nel neolitico e nell'età del bronzo dell'Europa Antica. Domani presso il Museo Campano di Capua c' è una nuova Mater che, momentaneamente, si aggiunge alle altre MATRES MATUTAE, sotto forma di installazione ricoperta di stracci (mappine in napoletano) che prende il nome di MATERNITA' CONSUMATA realizzata nel 2006 dall'artista normanno aversana LAURA NIOLA. In tal caso l'opera potrebbe apparire una sorta di rivisitazione malinconica delle Matres ma non lo è; sebbene la sua parvenza di consumazione, di decolorazione, di povertà dolorante ci riporta, idealmente, ad una Madonna col bambino. C'è un indubbio contrasto concettuale che rende l'esposizione molto suggestiva e che fa ben comprendere il segno dei tempi con il mesto ripiegamento su sè stessa che contraddice l'autorevolezza  delle Matres; con lo sguardo concentrato sul bambino che contrasta con lo sguardo fisso nello spazio aperto su tutte le infinite variabili della vita; con il mare di stracci su cui pare galleggiare la scultura che nega decisamente la solidità dei troni su cui insistono le Matres. Insomma, alla fine della mostra fotografica dedicata ai "FRAMMENTI" del fotografo e artista emergente PASQUALE BARRA, ci si trova di fronte alla installazione di LAURA NIOLA che pare suggerire altri scenari, altre interpretazioni, altre storie antiche e contemporanee. Il fascino espositivo di "FRAGMENTA", sapientemente gestito dall' Associazione di Promozione sociale Artemia, è di certo assicurato nella stessa misura in cui maggiore è il desiderio di svelare il mistero delle MATRES MATUTAE.

Tratto da http://www.lauraniola.it/

 Per saperne di più: https://plus.google.com/+AntonioTortoraGiornalista/posts/e1yEPCW13jY