lunedì 9 novembre 2015

NEL PENSATOIO - LABORATORIO - ATELIER DELLE "VOCI DI DENTRO" A SPACCANAPOLI DUE ARTISTI REINTERPRETANO NAPOLI E I SUOI SIMBOLI


Le "Voci di Dentro" non solo commedia eduardiana ma anche scultura e pittura; a Spaccanapoli nell'atelier di Alessandro Flaminio e Castrese Visone per scoprire l'antica tradizione e le nuove tendenze simboliche di una Napoli che attraverso l'arte si muove, viaggia e si espande con un messaggio perenne di creatività indomabile e bellezza indescrivibile.
di Antonio Tortora

Il Maestro Alessandro Flaminio nel suo Atelier

Nel cuore di via San Biagio dei Librai 111, ovvero nel cuore di Spaccanapoli fra via Benedetto Croce e Forcella, è strategicamente collocato un atelier d'arte, denominato per estremo omaggio all'opera e alla commedia del grande Eduardo De Filippo, "Le voci di dentro". Strategico perchè la sola lettura dell'insegna richiama Eduardo, ricorda la trama della celebre commedia, fa riaffiorare alla mente quella densa ambiguità fra realtà e sogno che obbliga persone sensibili a chiudersi nel silenzio nel tentativo di estraniarsi dalle meschinità del mondo reale. Eppure contraddittoriamente, una volta entrati nell'atelier, le voci di dentro cominciano a parlare, eccome se parlano; diremo che urlano e si affollano nella mente bombardandole di simboli che gli artisti Alessandro Flaminio e Castrese Visone manipolano e ripropongono sapientemente. Il bianco Pulcinella stilizzato con abito da derviscio rotante; il cono vulcanico del Vesuvio con il rosso magma in perenne tracimazione; il molteplice pannello sangennariano teso a raccontare il suo martirio, con qualche sfumatura di rosso, ma anche a riconfermare illimitatamente nel tempo la sua verace e sacra missione di protezione cittadina; il teschio reinterpretato modernamente e impregnato di antichi culti dedicati alle anime del Purgatorio; il cuore bicolore che palpita insistentemente con voce cardiaca e metropolitana; la scultura dell'uomo neoclassico che si avvolge in un movimento rotatorio da cui nasce l'idea del movimento vorticoso della vita; il corno simbolo di antica e perenne regalità, altro che scaramanzia e superstizione infatti la radice sanscrita KR significa "regale". E qui ci fermiamo per non rovinare la sorpresa ad un eventuale visitatore che si recasse in quella strada e in quella bottega-atelier per ascoltare le "voci di dentro" con tutto quello che hanno da dire. 
"Mi diverto a giocare con la materia e a quarant'anni gioco ancora - ci dice a bruciapelo il maestro Alessandro Flaminio - pertanto mi ritengo fortunato; inoltre giocando non prendo sul serio neanche me stesso e ciò allontana da me ogni turbamento e mi pone in condizione di creare raccontando quello che vedo e quello che sento". E' veloce nella descrizione di sè stesso, il tono di voce basso e lo sguardo indagatore, la barba non foltissima ma significativamente filosofica, un piccolo orecchino che lascia rifrangere, potenziandola, la luce artificiale dei faretti. Abbiamo l'impressione che le sue opere riguardino una tradizione culturale rivisitata ma condita con elementi moderni e del tutto contemporanei come i quadri e le sculturE esposti tra mille colori. Predominano il rosso, il bianco, il nero, il blu e il giallo; un ritratto di Pino Daniele ci ricorda alcuni testi di canzoni straordinarie e il San Gennaro stilizzato ci richiama, d'imperio, al rosso purpureo di un sangue che fluisce da migliaia di anni. E poi aggiunge: "so cosa stai pensando ma io sono un napoletano nel mondo, un napoletano globale che è in grado di confermarti che i maggiori nostri clienti non sono partenopei bensì stranieri e del resto d'Italia". Questa precisazione ci inorgoglisce e approviamo il messaggio che il maestro vuole lanciare anche se sa benissimo che Napoli tutto è tranne che "provinciale". 
E poi senza esitazione rimarca ciò che, molti anni fa, gli disse lo scultore Gabriele Zambardino che anche noi a suo tempo avemmo l'onore di conoscere: "l'arte deve entrarti nel sangue"; e come non riconoscere la validità di tale affermazione? Ricordiamo il foulard scuro che portava, quasi sempre al collo. Anzi qualche tratto di Zambardino lo riconosciamo negli atteggiamenti di Alessandro Flaminio e non ce ne meravigliamo visto che al Centro d'Arte "La Spelonca" in via Caracciolo, a due passi dal mare e dalle sabbie vulcaniche e tufacee di Napoli, i giovani artisti potevano esporre senza essere obbligati a osservare particolari condizioni. Flaminio ha imparato molto anche qui, è artista autodidatta e geniale come il direttore del cenacolo "La Spelonca"; ha mutuato l'aria bohemien e sregolata del tutto tipica e anticonformista che caratterizza gli artisti dal forte temperamento.





Il Maestro Alessandro Flaminio al lavoro nel suo laboratorio


Quando leggiamo su: www.branditaliamagazine.com il magazine dell' American Chamber of Commerce in Italy: "Part of such Mediterranean artistic avant-garde are family tradition follower and innovative artist Alessandro Flaminio and young craftsman Castrese Visone. Their lively workshop, “The Inner Voices”, celebrates the very human vocation to regeneration" con un testo redatto dal collega Danilo Capone, ci rendiamo conto dell'importanza che un'arte antica reinterpretata in chiave moderna non solo ma del tutto originale può rivestire, in paesi dove l'arte nasce contemporanea, e per certi versi, ultramoderna senza avere quel retroterra culturale e quel substrato storico che costituisce il basamento su cui la napoletanità si è andata costruendo nel corso dei millenni. 

Esposizione all'interno dell'Atelier "Le Voci di Dentro"


Abbiamo osservato attentamente il lavoro dei due artisti, chi ci conosce sa che amiamo fare osservazioni antropologiche, e ciò che abbiamo potuto vedere è stata una sequela di azioni apparentemente semplici, naturali, sapientemente calibrate ma che rispondono a stili personali, a sapienze accumulate nel tempo, all'esperienza di chi ha vissuto per strada metabolizzando i segni della vita, i simboli degli archetipi partenopei, le abilità creative geneticamente selezionate e soprattutto i messaggi, chiari e forti, di chi non è abituato a parlare ma ad agire.  Il maestro Flaminio ci ha confidato: "da decenni lavoro sui sentimenti che esprimo con forme estetiche semplici e ricercate e, nello stesso tempo, coltivo l'intento di realizzare una ricerca che vuole essere quanto più espressiva possibile, senza risparmio di energia". Inoltre aggiunge, con la modestia di chi sa di attingere a fonti superiori e interiori dello spirito, "quando lavoro mi estraneo e rimango in silenzio ascoltando le voci di dentro". Ebbene nel frastuono generale e in una strada, come Spaccanapoli immane ferita nel cuore della città ma anche fiume impetuoso di vita umana e metafisica, rimaniamo esterrefatti e meravigliati da come quelle "voci di dentro" possano essere intercettate e comprese.

Alessandro Flaminio e Antonio Tortora nell'atelier
Antonio Tortora nel pensatoio-atelier ascolta "Le Voci di Dentro"
Ora Alessandro Flaminio e Castrese Visone pensano, in tempi brevi, di aprire un atelier-galleria nella zona delle botteghe antiquarie e della movida notturna, ovvero Chiaia, per poter offrire il pensiero artistico, distillato dall'ascolto delle "Voci di Dentro" e le forme eleganti fuoriuscite, come per incanto, dalle mani di coloro che sono amici e artisti da sempre, da napoletani capaci di lanciare messaggi universali rispetto ai quali un ringraziamento sincero va indirizzato da tutti coloro che credono nella creatività partenopea e nella sua capacità innata e indomabile di produrre emozioni.

martedì 3 novembre 2015

IL RAZZISMO ANTIMERIDIONALE E ANTIPARTENOPEO ESISTE, RIEMERGE CON TENACIA COME UN FIUME CARSICO E, INSPIEGABILMENTE, NON VIENE SANZIONATO COME SE APPARTENESSE ALL'ORDINE NATURALE DELLE COSE.

DALLA PSEUDOUNITA' D' ITALIA AD OGGI I POPOLI MERIDIONALI, E I NAPOLETANI IN PARTICOLARE, SI TROVANO SOTTO ATTACCO COSTANTE DA PARTE DEI MEDIA SOBILLATORI, DEI POLITICI DEMAGOGHI DEL NORD E DEL SUD, DEGLI ACCADEMICI "POLITICALLY CORRECT" NELLA FORMA MA MOLTO "INCORRECT" NELLA SOSTANZA, DEGLI STORICI  AFFILIATI ALLO STATUS QUO ANTE OVVERO OTTOCENTESCO.
di Antonio Tortora
Ricordate questo cartello? Disonore dell'Italia razzista
Abbiamo saputo della bagarre scatenatasi, un paio di sere fa, nel corso di un programma inguardabile e inascoltabile "L'Arena", andato in onda su Rai 1 e non ci siamo certamente meravigliati di quanto abbiano affermato, con veemenza e iracondia, il conduttore della trasmissione Massimo Giletti e il legaiolo di infimo livello Matteo Salvini. Il copione, ben studiato e riproposto di continuo, è sempre lo stesso e l'gnobile repertorio antipartenopeo, stantio e nauseabondo, è sempre conforme a un pensiero dominante dai contenuti segregazionisti e intolleranti. Ma di questi tempi tira un'aria nuova e le offese non vengono più tollerate anche se, presenti alla trasmissione Rita dalla Chiesa nativa di Casoria, Alessia Rotta deputata del PD nata in uno sperduto e sconosciuto paesino veneto, Carlo Iannello consigliere comunale napoletano di Ricostruzione Democratica, non hanno speso una parola per tentare di bloccare la macchina del fango ormai lanciata a pieno regime.
C'è stata una vera e propria sommosa  estesa a tutto il web e i social brulicano di giuste e sacrosante critiche  contro l'ennesimo festival del luogo comune a tal punto da obbligare alcuni media a trattare l'argomento. Pare sia stata qualche osservazione del consigliere comunale socialista Antonio Crocetta a mandare su tutte le furie il Giletti che, da buon torinese e ritenendosi di schiatta superiore e di discendenza nobile, ha cominciato a sfoderare un armamentario antistorico e inconsistente. Gli argomenti trattati non li vogliamo neanche accennare perchè il cittadino medio già li conosce molto bene: immondizia, sporcizia, camorra e quant'altro. Ma con gli scandali romani di Mafia Capitale, gli scandali milanesi delle truffe all'Expo e all'ospedale San Raffaele, le mazzette del Mose (opera grandiosa di ingegneria idraulica) a Venezia, gli esami truccati all'Università di Padova e un'infinità di altri episodi criminosi disseminati in maniera calibrata e uniforme su tutto il territorio nazionale, proprio non capiamo perchè, gira e rigira, sempre contro Napoli si deve inveire. A chi fa paura la nostra città?
Il torinese Giletti poi per argomentare che la Rai fa un lavoro "straordinario" cita i film e le fiction dedicati dall'elefantiaco ente ai "problemi della camorra" dimenticando che si tratta di televisione spazzatura dove l'esagerazione, l'amplificazione e la superfetazione di determinati fenomeni contribuisce solo a condannare un intero popolo dalla cultura e dalla storia plurimillenaria piuttosto che alla risoluzione di problemi che, peraltro, nascono e si consolidano con l'Unità d'Italia.

Massimo Giletti in una dlele sue sfuriate antimeridionali
Appare naturale, e per questo non è strettamente necessario avere conoscenze giuridiche approfondite, che tutta una serie di opinioni espresse contro il Sud, il Mezzogiorno d'Italia e i napoletani abbiano un contenuto razzista e fortemente discriminatorio vietato esplicitamente dal dettato costituzionale. Infatti l'articolo 3 della Costituzione recita al primo capoverso: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali". Certo, contrariamente a quanto disposto dal secondo capoverso la Repubblica non ha minimamente rimosso gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l'eguaglianza dei cittadini favorendo, di fatto, una sorta di discriminazione "interna" ma questa è un'altra storia, certamente da rivedere, fino a quando la Costituzione rimarrà l'unica e principale fonte del diritto dello Stato italiano. 
Proprio non si capisce per quale ragione chi ha un atteggiamento xenofobo viene duramente sanzionato pertanto i media, ma anche i privati, si guardano bene dall'assumere tale atteggiamento mentre chi si scatena indegnamente contro i napoletani e la illustrissima città da essi abitata da migliaia di anni, non incorre in alcuna pena. Proprio non si capisce anche se, in questo caso, Roberto Fico, presidente della commissione parlamentare di vigilanza Rai, sta valutando di portare all'attenzione del direttore di Rai 1 un'interrogazione che possa fare chiarezza sull'accaduto.
”Giletti non è nuovo a queste modalità di conduzione: se non è d’accordo su un tema perde il lume della ragione e sbraita contro tutto e tutti". - ha detto Roberto Fico - "A me non sembra un segnale di dignità per la televisione pubblica. È almeno la terza volta che sul tavolo della commissione arriva questa lamentela. Quanto a Napoli, ha anche centinaia di lati positivi e io voglio che vengano giustamente valorizzati”. Ma per noi questo non è sufficiente, occorre qualcosa di più. Anche Matteo Salvini si è prodigato, da legaiolo è comprensibile ma non giustificabile, a elargire perle di luoghi comuni: a Napoli ci sarebbe l'emergenza rifiuti, ci sarebbero le case occupate dalla camorra, non si pagherebbero le multe automobilistiche, sarebbe la capitale europea delle truffe sui falsi incidenti d'auto. Forse lui dimentica, ma sa benissimo, che l'emergenza rifiuti non esiste più, cosa verificata da me personalmente che sono un assiduo camminatore e percorro la città in lungo e in largo e non vedo cumuli di monnezza da anni. Forse lui dimentica che le case occupate ci sono in tutta Italia e a Milano e in altre città del nord costituiscono un grave problema di ordine pubblico. Forse lui dimentica che le multe vengono tutte pagate perchè i sistemi di rilevamento elettronico sono infallibili ma anche truccati (e dunque ingiusti e si manifestano come un intollerabile abuso rastrellasoldi) e le centrali della frode telematica sono tutte collocabili nel nord Italia come i periodici scandali dimostrano, soprattutto nel Veneto. Forse lui dimentica che le truffe sui falsi incidenti d'auto sono quasi del tutto scomparse e quando c'erano furono scoperte e vennero decapitati tutti gli ispettorati sinistri delle maggiori assicurazioni che, guarda caso, avevano ed hanno i loro uffici principali al nord e che dunque gran parte dell'illecito profitto raggiungeva le città dove il suo partito domina.




Questo era il razzismo scientifico positivista ed eugenetico antimeridionale italiano nell'800 - Questi erano, sono e saranno i nostri fratelli?
 Il razzismo antimeridionale ha radici storiche lontane e merita di essere studiato perchè altrimenti non risulta possibile comprendere adegauatamente l'estensione e la profondità del fenomeno che i nostri governi, da sempre, tollerano e in alcuni casi sponsorizzano in maniera talvolta palese e talvolta surrettizzia. Dalle infami pubblicazioni del criminologo ottocentesco veronese Cesare Lombroso che associò determinate caratteristiche fisiche dei meridionali all'indole criminale alle teorie dell'emiliano Luigi Pigorini e del messinese Giuseppe Sergi; dal siciliano Alfredo Niceforo che osò scrivere rinnegando le sue stesse origini: "La razza maledetta, che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiorno d'Italia dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco - dannata alla morte come le razze inferiori dell'Africa, dell'Australia, ecc." al mantovano Enrico Ferri che vide origini celtiche dove non sono mai esistite; dallo storico porticese Guglielmo Ferrero al politico e geografo cremonese Arcangelo Ghisleri. Inoltre nel 1876 le tesi razziste furono pienamente riconosciute dalla commissione parlamentare d'inchiesta sulla Sicilia che concluse "la Sicilia s'avvicina forse più che qualunque altra parte d'Europa alle infuocate arene della Nubia; inSicilia v'è sangue caldo, volontà imperiosa, commozione d'animo rapida e violenta".

Questo è il sostrato culturale su cui nasce l'Italia (abbinato al colonialismo sabaudo fonte di tutti i mali italiani) ed è per tale ragione che in altri nostri articoli abbiamo sostenuto che l'Italia e gli italiani non esistono nè come nazione nè come popolo. Questa è la vera radice del pensiero antimeridionale nato, allevato e incrementato, come in un big bang razzistico ideologico, su tutto il nostro territorio nazionale e non deve meravigliare se molti studiosi citati sono meridionali; infatti essi furono talmente presi dalle novità post-unitarie, dal sistema di teorie del razzismo scientifico internazionale, dal positivismo acritico e dogmatico dilagante, che non poterono fare a meno dal costituire la quinta colonna "culturale" dell'ideale unitario. Inoltre è bene dire che furono tutti premiati dalla nuovo che avanzava (purtroppo per noi) con ricche prebende, diventarono professori universitari se non lo erano già, senatori e deputati  del Regno, ottennero ottime pensioni e onorificenze molto rare a quei tempi. Insomma furono ben pagati per l'opera prestata. Oggi alcuni di questi loschi e perversi personaggi ancora sono letti e studiati. In un'epoca in cui non si fa altro che parlare di lotta al razzismo i principi razzisti ottocenteschi ancora sono innervati stabilmente nella mente delle persone meno consapevoli e si nascondono in una sequela infinita di maledetti pregiudizi e assurdi luoghi comuni ripetuti da gente che non ha la più pallida idea di quello che dice.

 
Calchi esposti nel Museo Cesare Lombroso: E' vera scienza o razzismo positivistico?