mercoledì 14 settembre 2016

FU PUBLIO VIRGILIO MARONE IL VERO PATRONO DELLA CITTA' DI NAPOLI? PER OLTRE UN MILLENNIO SEMBRA PROPRIO DI SI.

IL LEGAME TRA IL POETA ROMANO VIRGILIO E LA CITTA' DI NAPOLI E' TALMENTE STRETTO CHE A DISTANZA DI OLTRE UN MILLENNIO, OVVERO DAL MEDIOEVO PERIODO IN CUI IL SOMMO VATE DIVENTA LEGGENDA, LA SUA FIGURA CONTINUA A IMPLEMENTARE LA CULTURA PARTENOPEA.
di Antonio Tortora

L'interno della tomba di Virgilio a Piedigrotta - Napoli (Foto di Antonio Tortora)

Siccome su Virgilio è stato detto e scritto di tutto, dando origine anche a tesi contrastanti, non desideriamo entrare in questioni di carattere storico-letterario ma ci interessa soprattutto esaminare, in maniera sintetica, i miracoli, i prodigi e le magie compiute dal Virgilio protettore della città per evidenziarne l'aspetto più esoterico e nello stesso tempo più coinvolgente del suo agire; non a caso sul suo epitaffio ancora oggi si legge: "Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua, rura, duces" e l'omaggio alla città di Napoli, da parte del Poeta, è assoluto e incondizionato. Con ogni probabilità Virgilio rappresentò anche la summa di una immensa cultura, essenzialmente neoplatonica, che caratterizzò tutta la Napoli colta dell'epoca angioina e aragonese e che fu trasferita alla posterità da monaci amanuensi che dedicarono gran parte della loro vita alla conservazione e alla protezione della cultura scritta; ed è grazie a loro che il sapere greco alessandrino (a Napoli era insediata una importante colonia proveniente da Alessandria d'Egitto), la filosofia classica in genere, la matematica, l'astronomia (su base astrologica) e le conoscenze dell'alchimia spirituale e sperimentale, resero Neapolis la nuova Alessandria e cuore palpitante di studi e ricerche che ancora reggono il ritmo evolutivo del pensiero contemporaneo. Non va neanche dimenticata la pregevole e notevole raccolta di documenti e opere scritte che erano conservati nel Castrum Lucullanum.


Ingresso del Vergiliano a Piedigrotta (Foto di Antonio Tortora)


Ma questa è un'altra storia e vogliamo attenerci al tema a memento dei napoletani la cui memoria storica non va, generalmente, oltre la figura del più recente martire San Gennaro in qualità di principale protettore cristiano della città. In altri contesti geografici e culturali la figura di Virgilio è ufficialmente riconosciuta come poeta approdato all'ars poetica all'indomani di una crisi esistenziale generata da insuccessi clamorosi nel settore giuridico e oratorio; infatti il suo carattere schivo e riservato gli impedirono di esercitare la professione di advocatus. Nel contesto partenopeo, invece, Virgilio fu visto e considerato come artefice di prodigi, magus, sciamano e veggente, negromante, rabdomante e ancora una imprecisata quantità di altri sostantivi esoterici. Questo perchè intervenne magicamente e forse con l'intervento di entità non umane per sanare un territorio problematico e per beneficiare unicamente i suoi concittadini che per molti secoli lo hanno venerato, nonostante i tentativi della Chiesa di cancellarne la memoria.

Tratto da www.romanoimpero.com

Cosa fece per la città e per i napoletani? Proviamo a stilare una lista riepilogativa dei suoi interventi magici tenendo conto degli scritti di Donato in una sua agiografia del II° secolo, della "Cronica di Partenope" a cura di Antonio Altamura, de "Il Segno di Virgilio" opera straordinaria scritta dal Maestro Roberto De Simone, della "Descrittione dei luoghi antiqui di Napoli e del suo amenissimo distretto" di Benedetto Di Falco, di alcuni scritti di Paolo Izzo che pure si è soffermato sugli aspetti magico-esoterici delle azioni virgiliane ed ancora di numerosi altri volumi e documenti la cui lista completa richiederebbe troppo spazio.
Per prima cosa pare abbia realizzato un impianto fognario che in tal caso sarebbe una delle più antiche cloache dell'area europea antica; senza indugio convogliò le acque di numerose sorgenti al fine di far giungere l'acqua a tutte le fontane pubbliche della città, una sorta di opera di ingegneria idraulica essenziale per un sito così densamente popolato. Edificò mura di cinta possenti e inviolabili a tal punto da rendere la città inespugnabile, il che storicamente corrisponde a verità. Si sarebbe servito di conoscenze astrologiche per realizzare una mosca bronzea o forse d'oro per scacciare gli sciami di mosche che appestavano le zone paludose della città alla stessa maniera in cui una sanguisuga d'oro (riferimenti alchimistici) avrebbe sanato i numerosi pozzi dalla pericolosa ed eccessiva proliferazione di tali animali. Per guarire dalle più svariate malattie i cavalli presenti su tutto il territorio cittadino e nelle campagne limitrofe realizzò, sfruttando i segreti dell'arte fusoria, un cavallo di bronzo attorno al quale venivano fatti girare i veri cavalli che, per incanto taumaturgico, guarivano istantaneamente. I territori a quell'epoca erano letteralmente invasi dagli insetti pertanto eliminò il fastidioso e insopportabile canto delle cicale realizzando una cicala di rame sotto particolari influssi astrali; escogitò sistemi magici per conservare la carne sia fresca che salata per molto tempo garantendo ai napoletani un equilibrato e continuo approvvigionamento alimentare. Virgilio operò anche da un punto di vista meteorologico contrastando il Favonio, vento secco e caldo di ponente che i greci chiamavano Zefiro, costruendo una figura antropomorfa bronzea intenta a soffiare in una tromba contrariamente allo spirare del vento; così facendo garantì la stabilità di un clima favorevole alle coltivazioni (orti e vigneti) che insistevano all'interno e in prossimità delle mura cittadine, soprattutto in collina di fronte al Golfo partenopeo. Preoccupato della salute dei suoi concittadini ebbe modo di piantare un orto di erbe medicamentose e magiche per la cura delle più svariate malattie compresa la cecità con la famosa erba lucia (da cui la cristiana Santa Lucia patrona della vista); l'orto, di cui rimase traccia documentale negli archivi del Santuario di Montevergine fino al Medioevo, fu coltivato sul Monte Partenio nell'avellinese il cui nome deriva da Parthenias che significa vergine e non a caso lo stesso Virgilio, la cui radice onomastica parla da sè, era soprannominato per tutta una serie di ragioni "verginello". Oltre alla carne, all'acqua, alla salute e alle erbe provvide anche a un'altra componente essenziale della dieta partenopea ovvera al pesce, gettando in mare lungo la costa cittadina un pesce di pietra incantato che garantiva, in quel luogo, una continua e abbondante pesca. Simbolicamente, e non solo come diremmo noi oggi per arredo urbano, collocò ai lati di una delle porte cittadine, Porta Nolana, due marmoree teste da cui poter trarre previsioni e speranze ogniqualvolta ci si passava vicino; si trattava di una testa maschile dall'espressione contenta e gioiosa e di una testa femminile dalla mimica mesta e malinconica. Si occupò anche dell'ordine pubblico visto e considerato che durante le poco sportive e molto cruenti lotte che venivano periodicamente organizzate presso il sito di Carbonara ci scappava il morto; in tal caso impose l'obbligo di indossare corazze ed elmi riducendo sensibilmente il danno fisico. All'ingresso di Forcella, zona notoriamente infestata da vermi e serpenti anche di ragguardevoli dimensioni, fece lastricare l'intera strada con pietre mischiate a uno specifico sigillo magico; da quel momento non ci fu più alcuna paura di percorrere la strada completamente disinfestata. Ricorrere alla classe medica, già all'epoca, era piuttosto caro pertanto i più poveri e bisognosi non potevano permettersi quello che era considerato un lusso e morivano di continuo. Virgilio, non dimentichiamolo mai sciamano e taumaturgo, fece costruire bagni termali in tutta la zona flegrea, in particolare tra Baia e Pozzuoli, indicandone le innumerevoli proprietà terapeutiche. A tal proposito ci piace ricordare l'opera dell'autore medievale Pietro da Eboli che riportò analiticamente tali proprietà in un'opera dedicata allo Stupor Mundi, ovvero all'imperatore Federico II° di Svevia, "De balneis puteolanis". Purtroppo e inopinatamente i medici aderenti alla scuola medica salernitana non videro di buon occhio tale operazione e si affrettarono ad abbattere tutte le indicazioni stradali, le lapidi con le ralative prescrizioni e anche molte tracce delle sorgenti e delle vasche; ma furono puniti dagli dei che provocarono un nubifragio per cui tutti i medici perirono tra i flutti in prossimità della Punta della Campanella, tranne uno che ebbe il triste compito di testimoniare l'ira degli dei che, in quel caso e senza dubbio, parteggiavano per Virgilio e per l'intero popolo napoletano. Ma il nostro protettore non fu contento fino a quando non realizzò, in tempi brevissimi forse in una sola notte e con l'aiuto di migliaia di creaure extraterrene, che la Chiesa in un secondo momento bollò come demoni, la Grotta di Posillipo, chiamata anche Crypta Neapolitana, al fine di favorire il raggiungimento, da parte dei bisognosi di cure termali, di quei bagni salutari ed essenziali le cui qualità sono ancora oggi riconosciute pure dalla medicina dogmatica e ufficiale. A questa magnifica opera di ingegneria si aggiunsero poi le altre due vie sotterranee di Seiano e la Crypta Romana ad opera dell'architetto Cocceio Nerva. Nel caso della Crypta Neapolitana sono molti i riferimenti di carattere astronomico e astrologico e di sicuro in questo luogo venivano officiati riti del mitraismo e altri culti misterici e solari; non a caso una stele dedicata a Mitra fu rinvenuta giusto in posizione equidistante dai due ingressi, ovvero dal lato di Napoli e dalla parte di Pozzuoli. Infine, ma di sicuro in letteratura sono reperibili altre operazioni magiche virgiliane, come si narra nel trentunesimo paragrafo della "Cronaca di Partenope" l'uovo magico (palladio) fu consacrato al Castel dell'Ovo da cui tutta la storia della nobile e antica Napoli prende l'avvio. Qui è mirabilmente scritto: "Era in del tempo de lo ditto Virgilio un castello edificato dentro mare, sovra uno scoglio, come perfi' mo' è, il quale se chiamava lo Castello Marino overo di mare, in dell'opera del quale castello Virgilio, delettandose con soe arte, consacrò un ovo, il primo che fe' una gallina: lo quale ovo puose dentro una caraffa, la quale caraffa et ovo fe' ponere dentro una gabia di ferro suttilissimamente lavorata. E la detta gabia, la quale contineva la caraffa e l'ovo, fè ligare o appendere o chiovare con alcune lamine di ferro sotto uno trave di cerqua che stava appoggiato per traverso a le mura d'una cammarella fatta studiosamente per questa accasione con doe fossice, per le quali intrava il lume; e con grande diligenzia e solennità la fe' guardare in de la detta cammarella in luogo segreto e fatto siguro da bone porte e chiavature di ferro, imperochè da quell'ovo, da lo quale lo Castello pigliò il nome, pendevano tutti li fatti del Castello. Li antiqui nostri tennero che dall'ovo pendevano li fatti e la fortuna del castello Marino: zoè lo Castello dovìa durare tanto quanto l'ovo si conservava cossi' guardato".

Panorama sulla città dal Parco Vergiliano (Foto di Antonio Tortora)




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